Museo diocesano sorrentino-stabiese
Il Museo diocesano sorrentino-stabiese è un museo archeologico, ubicato a Castellammare di Stabia. StoriaDurante i lavori di costruzione della cappella del patrono, san Catello, prevista nell'ampliamento della cattedrale di Castellammare di Stabia, tra il 1875 e il 1879, venne rinvenuta una necropoli romana con resti di tombe, strade, case e botteghe, la quale insisteva lungo l'antica via che collegava Nuceria Alfaterna con Sorrentum: quest'area fu chiamata Area Christianorum[1]. I reperti vennero ospitati per volere del vescovo Vincenzo Maria Sarnelli, con l'aiuto dell'archeologo Giuseppe Cosenza, nella sala capitolare della cattedrale dove restarono fino al 1964 quando furono trasferiti all'Antiquarium stabiano[2], museo creato da Libero D'Orsi per custodire i resti provienienti dagli scavi dell'antica Stabia sulla collina di Varano. I reperti restarono all'Antiquarium stabiano fino al 2007[3], nonostante questo fosse chiuso già dalla fine degli anni '90 del XX secolo, quando furono trasferiti nella sede del museo diocesano, inaugurato l'anno successivo dal vescovo Felice Cece e ubicato all'interno della chiesa dell'Oratorio[4]. DescrizioneOltre a resti di colonne, lucerne, lapidi e capielli, il museo ospita un cippo miliare che venne posto sulla strada che collegava Nuceria Alfaterna a Sorrentum dopo la sua riapertura a seguito dell'eruzione del Vesuvio del 79[3], testimonianza della ripresa della vita nella zona dopo l'evento, diversi sarcofagi come quello di Caio Longinio Prisco, sul quale sono scolpite le figure di Apollo, Minerva e le Muse e quello di Bettia Felicita[3] e il coperchio del sarcofago di Cornelia Ferocia[5], mentre il resto è stato riutilizzato come altare nella cappella di San Catello[6]. Inoltre è custodita una fibula in osso[7], la Concordia Apostolorum, raffigurante l'abbraccio tra gli apostoli Pietro e Paolo[8], i resti di una statua in terracotta raffigurante San Biagio, proveniente dall'omonima grotta[1] e una tegola del IV secolo con il monogramma di Cristo[9]. Note
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