Paradiso - Canto quattordicesimoIl canto quattordicesimo del Paradiso di Dante Alighieri si svolge nel cielo del Sole e nel cielo di Marte, ove risiedono rispettivamente gli spiriti sapienti e gli spiriti combattenti per la fede; siamo alla sera del 13 aprile 1300, o secondo altri commentatori del 30 marzo 1300. Incipit«Canto XIV, nel quale Salamone solve alcuna cosa dubitata; e montasi ne la stella di Marte. La quinta parte comincia qui.» Temi e contenutiNuovo dubbio di Dante e festa dei beati - versi 1-33Beatrice, leggendo nella mente di Dante, esprime il dubbio che in lui è sorto, ovvero se anche dopo il Giudizio Universale, quando il corpo sarà ricongiunto all'anima, rimarrà la luce intensa che ora avvolge ogni anima, e se questa luce non disturberà la vista dei beati. Le 24 anime dei due cerchi manifestano la loro accresciuta letizia nel canto e nella danza; Dante-poeta osserva che chi sulla terra si lamenta di dover morire non comprende la gioia che deriva dalla grazia divina. Discorso di Salomone: la luce dei beati - vv. 34-60Con voce soave, l'anima più splendente del primo cerchio spiega: eternamente l'ardore di carità continuerà ad esprimersi con l'irradiazione luminosa, tanto più intensa quanto maggiore è la grazia donata da Dio in aggiunta al merito di ogni anima. Quando il corpo sarà ricongiunto all'anima, la persona completa risulterà ancora più gradita a Dio. Crescerà di conseguenza la grazia illuminante, per cui aumenteranno la visione di Dio, la carità ardente, e infine la luce che ne deriva. La luce emanata dal corpo supererà quella dell'anima, e potrà essere sopportata solo in quanto tutto il corpo, quindi anche gli occhi, saranno resi più forti dalla condizione di beatitudine. Nuova festa delle anime - vv. 61-81La prontezza con cui i beati dei due cerchi rispondono in coro "Amen" mostra il desiderio che essi hanno di ritrovare i loro corpi, non soltanto per sé, ma anche "per le mamme, i padri" e le altre persone care. Cielo di Marte: visione della Croce - vv. 82-139Contemplando Beatrice, Dante viene trasportato al cielo successivo. Se ne rende conto per lo splendore rosseggiante del pianeta (Marte), e ne prova piena gratitudine, offrendo tutto se stesso a Dio. La sua preghiera di offerta è bene accetta, e gli appaiono anime fulgenti di luce rossa distribuite lungo "due raggi", ovvero due fasci di luce disposti a croce greca. Nella croce appare lampeggiando il volto di Cristo, in modo che Dante non sa descrivere; solo il vero cristiano potrà comprendere. AnalisiIl canto offre uno sviluppo dottrinale e teologico di quanto toccato nei tre canti precedenti, riproponendo nel contempo in modo nitido l'immagine guida (i cerchi di anime) e l'associazione tematica luce-musica. In particolare, il tema della luce riceve un deciso sviluppo quando, dal v.85 in poi, si descrive il cielo di Marte. La prima impressione è cromatica: una diffusa luminosità tendente al rossastro, come è proprio del pianeta osservato dalla Terra). Poi si delineano su tale sfondo immagini via via più precise, sempre costruite dalla luce: due raggi in forma di croce, il misterioso lampeggiare del volto di Cristo, il muoversi rapido e scintillante di tanti punti luminosi lungo i bracci della croce. Questa croce greca richiama quella, ben nota a Dante, del catino absidale di Sant'Apollinare in Classe a Ravenna.[1] Alla ricchezza di elementi visivi si aggiunge a questo punto il tema della musica, dato che da quei "lumi" (le anime) si leva un inno che, dice Dante-poeta, "mi rapiva" anche se sono comprensibili solo due parole-chiave legate al trionfo di Cristo sulla morte. Note
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