Plurale delle parole in -ioNella grammatica italiana non sono generalmente problematici, ma possono generare dubbi, i plurali maschili delle parole (sostantivi e aggettivi) terminanti in -io. La norma grammaticale prescrive che:
Le limitazioni alle grafie alternative, utilizzate per lo più per fugare dubbi legati ad eventuali omografie, sono legate sia a questioni di stile (l'accento circonflesso è tipico dell'ambito specialistico in cui occorre evitare ambiguità terminologiche), sia a motivazioni di ordine etimologico, diacritico e fonologico. Limitazioni delle grafie alternativeLa giustificazione della grafia con la doppia I (e conseguentemente anche alla sua contrazione con l'accento circonflesso), in un plurale che mantiene comunque una pronuncia breve, è di origine storico-etimologica. Nell'italiano antico, le parole di origine dotta, finenti con -io atono, venivano volte al plurale seguendo l'esempio dei plurali dei rispettivi etimi latini (VARIUS → VARII); e se inizialmente tale prassi era limitata a quei termini che sostanzialmente potevano giustificare la doppia I, considerando la prima come facente parte del tema sin dalla base latina e la seconda puramente desinenziale, col tempo venne applicata anche a parole di tradizione popolare (EXEMPLUM > esempio → esempii). Oggi la grafia nettamente prevalente per questo genere di plurali è quella con una i semplice, -i, in linea con la tendenza dell'italiano ad avere una grafia quasi fonetica - "quasi" perché comunque presentante notevoli approssimazioni, ma ben codificate dalle rigide regole ortografiche - che di fatto permette di distinguere il plurale di strìdo da quello di stridìo riportando graficamente (stridi - stridii) una differenza che è anzitutto fonetica (/ˈstridi/ - /striˈdii/). Tuttavia non mancano occasioni in cui è possibile ricorrere alle grafie alternative con -ii o -î per ragioni stilistiche (ricerca di una grafia volutamente arcaicizzata) o pratiche (possibili ambiguità legate a omografie); grafie che però non possono mai essere applicate in maniera generalizzata su tutte le parole finenti con -io atono, ma secondo vari criteri che possono essere così riepilogati:
Casi di omografia al pluraleTralasciando gli usi a puri fini stilistici o negli ambiti specialistici, le grafie alternative -ii e -î possono tornare utili anche nella scrittura quotidiana, quando il loro utilizzo permette di disambiguare immediatamente plurali omografi. È bene ricordare, però, che generalmente il testo e il contesto sono sempre in grado di fugare le possibili ambiguità, e che in alternativa è possibile anche segnare l'accento qualora le parole siano distinguibili per una diversa accentazione o per un differente grado d'apertura della e e della o (accento acuto e accento grave). Di seguito la lista non esaustiva di parole omografe declinate al plurale. Omografi indistinguibili per mezzo dell'accento
Omografi che possono essere distinti per posizione dell'accento
Omografi che possono essere distinti per il grado di apertura della o o della e
Impiego del circonflesso îOggigiorno il circonflesso può indicare solamente la contrazione delle due -ii (purché nessuna delle due sia tonica -ìi) tipiche del plurale delle parole terminanti in -io (es. serio → serî - dalla contrazione della doppia i del plurale latineggiante serii, oggi non più pronunciato - al posto del più comune seri) o, uso veramente eccezionale e antiquato, di alcuni verbi in -iare alla 2ª persona dell'indicativo presente (es. odiare → [tu] odî - contrazione della doppia i del latineggiante [tu] odii - al posto del comune odi, eventualmente confondibile con l'omologa del verbo udire → [tu] odi). È invece impensabile il circonflesso sui plurali femminili atoni in -ee (es. fulminea → fulminee e non *fulminê), e sui plurali tonici di qualunque genere (es. calpestio → calpestii e non *calpestî; ninfea → ninfee e non *ninfê). L'applicazione del circonflesso non sottostà a regole ben precise, ma ci si dovrebbe rifare all'etimo o alla tradizione letteraria, tuttavia è possibile seguire le seguenti regole empiriche[3]: Terminazione -io preceduta da una consonante1) Il circonflesso può essere segnato se la terminazione -io è preceduta da una singola consonante:
Se però questa consonante è una, gl, sc, c dolce o g dolce (ossia [ʎ], [ʃ], [ʧ] e [ʤ]), il circonflesso non deve essere utilizzato in quanto, nel singolare, la ⟨i⟩ che segue queste consonanti ha un valore puramente ortografico (indica rispettivamente la pronuncia palatale o dolce).
Terminazione -io preceduta da più consonanti2) Il circonflesso non va segnato se la terminazione -io è preceduta da più consonanti, uguali o diverse:
Fanno eccezione il plurale di ovvio (anche ovvî, dal latino obvius), di spèrmio (spermî, per non confonderla con sperma), di grèmbio (grembî, per non confonderla con grembo) e delle parole terminanti in -ennio (biennio → biennî, dal latino -ennium) Può essere invece utilizzato in presenza dell'unione tra una consonante liquida (l, r) e una occlusiva (t, d, p, b, c dura, g dura):
Terminazione -io preceduta da vocaleIn questo caso il circonflesso non è ammesso.
Non omografi al pluraleCi sono coppie di parole che, diversamente dalle precedenti, sono invece omografe al singolare ma non al plurale perché, presentando le une -io atono e le altre -ìo tonico, formano, secondo la regola, il plurale in maniera diversa, e cioè rispettivamente: -i e -ìi. La seguente lista è tratta dal DOP. La maggior parte delle coppie indicano il medesimo fenomeno con la differenza che la forma in -ìo pone maggiormente l'accento sull'aspetto durativo; la non presenza di una coppia di termini in questa lista non comporta la loro non esistenza, essendo il suffisso -ìo ancora produttivo.
Note
Bibliografia
Voci correlateInformation related to Plurale delle parole in -io |