Dopo l'unità d'Italia, Ricciotti andò a vivere assieme al padre sull'isola di Caprera. Qui conobbe Bakunin, che fu ospite di Garibaldi per quattro giorni a Caprera nel 1863.[1] Dal 1865 si stabilì a Napoli, iniziando a propagandare idee repubblicane e libertarie. Nel marzo 1864, assieme al fratello Menotti, il giovane Ricciotti accompagnò il padre nel suo viaggio in Inghilterra, di circa due mesi, nella sua prima comparsa pubblica.
Nel 1867 Ricciotti, con Raffaele Piccoli, Giuseppe Foglia e Antonio Miceli[3], aderì ad un movimento filo-repubblicano guidato in Calabria da un vecchio garibaldino, l'avvocato Giuseppe Giampà, che aveva dato nascita al foglio politico "La luce calabra", propugnante fortemente l'ideale repubblicano. Il movimento sostenne, tra il 6 e 7 maggio 1870, il tentativo di fondare la repubblica libertaria, di ispirazione bakunista, di Filadelfia, nei territori compresi fra Filadelfia, Maida e Curinga[4], che, tuttavia, venne stroncato incruentemente dall'arrivo delle truppe del Regio Esercito, con l'arresto dei principali capi, dopo pochi giorni.[5] Ricciotti, sfuggito all'arresto, tentò un'ultima difesa, occupando temporaneamente Monterosso Calabro, prima che il movimento venisse definitivamente disperso a seguito di uno scontro a Cortale; quindi si nascose a Cortale presso il massone e liberale Antonio Cefaly[6], che lo convinse a desistere dal proseguire la lotta.
Sebbene l'attività del piccolo movimento repubblicano si fosse esaurita presto, l'episodio ebbe echi giudiziari e parlamentari rilevanti.[7]
Nell'ottobre 1870, seguendo il padre, partecipò alla guerra franco-prussiana, combattendo nei Vosgi, dove occupò Châtillon-sur-Seine comandando la 4ª brigata di volontari garibaldini e conquistò a Pouilly, durante la battaglia di Digione, la bandiera del 61º reggimento tedesco Pomerania, l'unica bandiera prussiana presa durante la guerra, terminata con la sconfitta francese. Alla firma dell'armistizio franco prussiano, la municipalità di Lione gli offrì il grado di generale e il comando della guardia nazionale cittadina, incarico che rifiutò su suggerimento del padre, memore delle incomprensioni avute a Montevideo comandando come straniero truppe patriottiche; si spostò poi a Parigi per osservare lo svolgersi delle vicende della Comune di Parigi (1871)[8].
Il suo impegno rivoluzionario proseguì quando Giuseppe Garibaldi ruppe definitivamente con Mazzini, prendendo posizione favorevole verso la Prima Internazionale dei lavoratori; nel novembre 1871 Ricciotti era a Londra, dove visitò Karl Marx e nella sua casa incontrò anche Friedrich Engels.[9] La sua popolarità fra i circoli operai e anarchici aumentava e, dopo la morte di Giuseppe Mazzini, assieme a qualche mazziniano ed a qualche garibaldino fondò, nell'agosto 1872, riunendo 300 persone al teatro Argentina, l'associazione dei Franchi cafoni o "associazione dei Liberi Cafoni", denominazione con richiami contadini, e probabilmente di ispirazione bakuniana,[10] con cui avrebbe voluto riunire i democratici italiani per organizzare la "democrazia pura"[11]. Il nome dell'organo di stampa del movimento, "Spartacus", è indicativo dei propositi rivoluzionari dell'associazione, che tra i suoi obiettivi poneva quello del suffragio universale[12]. L'associazione ben presto assunse i caratteri di associazione di ideali socialisti, finendo in poco tempo per essere disciolta dalla questura romana[13].
Nel 1874 si sposò con l'inglese Constance Hopcraft, trasferendosi per sette anni in Australia, dove nel 1879 nacque il primo figlio, Peppino. Dopo essersi candidato invano nel 1883, nel 1887 fu eletto deputato alla Camera nella XVI legislatura, nel collegio di Roma I, ma si dimise nel 1890.
Successivamente, nel 1919, manifestò il suo appoggio all'Impresa di Fiume di D'Annunzio, offrendosi per supportare con i suoi uomini l'estensione al Montenegro delle vocazioni espansionistiche dei legionari fiumani.
Aderì al fascismo[senza fonte], e ricevette personalmente Benito Mussolini, conosciuto durante il periodo irredentista, in occasione di una sua visita a Caprera il 10 giugno 1923.[14]
^Cfr. pag. 96 di: Zeffiro Ciuffoletti, Arturo Colombo, Annita Garibaldi Jallet,I Garibaldi dopo Garibaldi: la tradizione famigliare e l'eredità politica, P. Lacaita, 2005
^Nello Rosselli in Mazzini e Bakunin, Liberliber, riporta le parole di Engels:
«Ho veduto stamattina, da Marx, Ricciotti Garibaldi; è un giovanotto assai intelligente, molto tranquillo, ma più un soldato che un pensatore. Può però diventare assai utile. Proprio come il vecchio [Giuseppe Garibaldi] egli mostra nelle sue teorie più buona volontà che chiarezza, e non pertanto la sua ultima lettera a Petroni è per noi d'un valore infinito... Ci può ella procurare un indirizzo sicuro a Genova? Si tratta di fare avere con sicurezza le nostre cose a Caprera, e Ricciotti dice che molto viene intercettato»
(Engels)
^Cfr. pag. 97 di: Zeffiro Ciuffoletti, Arturo Colombo, Annita Garibaldi Jallet, I Garibaldi dopo Garibaldi: la tradizione famigliare e l'eredità politica, P. Lacaita, 2005
^vedi Cesare Cantù, Storia universale, Volume 2; Volume 12, Unione Tipografico-Editrice, 1886
^vedi pag.83 Gaspare Nicotri, Franco Nicotri Freedom for Italy! Italian American press, 1942
^vedi pag. 226 Émile de Laveleye, The socialism of today,Field and Tuer, 1885