Ritratto di devota
Ritratto di devota è un'opera olio su tela datata tra il 1530 e il 1535 di Giovanni Busi detto Cariani conservata alla Pinacoteca del Castello Sforzesco di Milano.[1] StoriaIl dipinto è parte di un lavoro più grande realizzato dal pittore bergamasco, molto probabilmente parte di una Sacra conversazione o di una Crocifissione di cui si sono perse le tracce, se non in una ulteriore tela che raffigura un donatore conservata presso la galleria di palazzo Barberini.[2][3] L'opera viene individuata nel 1901 la prima volta come opera del Cariani dal Morelli e inserita tra le opere realizzate negli anni in cui l'artista si trovava a Bergamo. Un successivo studio daterebbe il lavoro negli anni in cui l'artista tornato a Venezia, eseguiva un numero sempre minore di opere che avevano anche maggior ruvida intensità.[4] Se è certa l'esecuzione da parte dell'artista bergamasco, non è certa la sua originaria collocazione. Secondo il critico Eduard A. Safarik doveva essere parte di una pala eseguita per la chiesa parrocchiale di Lonno dove risulta che vi fossero raffigurati i due coniugi offerenti, ma di questo non vi è documentazione certa. Il dipinto presenta assonanze con la Crocifissione di Cristo presente nelle sale della pinacoteca di Brera e la Madonna col Bambino e donatore in Accademia Carrara di Bergamo, dove sono raffigurazioni sacre entrambe con i due donati che per corporatura e per raffigurazione e taglio con profilo a tre quarti presentano assonanze.[5] DescrizioneIl dipinto porterebbe a considerare che sia parte di sacra conversazione ambientata in interno. La corposità del personaggio e il cromatismo riprendono opere, nel loro linguaggio figurativo, di Palma il Vecchio le cui opere l'artista ben conosceva e che maggiormente si rafforzarono nel suo periodo più maturo con il ritorno a Venezia nel 1523.[6] La posa porterebbe a pensare che il personaggio sia stato dipinto in ginocchio. Lo sfondo della tela corrispondente e conservata a palazzo Barberini ha uno sfondo molto più movimentato con un tendaggio che delimita la scena. Da questo si deduce che l'artista aveva raffigurato un ambiente interno.[7] I due personaggi presentano una struttura quasi monumentale, caratteristica che avvicina l'opera ai lavori del Tiziano e di Palma il Vecchio, ma molto più personale con invito borghese come molte delle opere dell'artista. Note
Bibliografia
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