Si formò sotto la guida dell'umanista Rodolfo Iracinto, prima di trasferirsi a Firenze per completare i suoi studi sugli scritti antichi assieme a Benedetto Varchi.
Nel 1557 ebbe un'aspra polemica con Lodovico Castelvetro, che aveva criticato la sua canzone Venite all'ombra de' gran gigli d'oro; Caro per un po' fece finta di non accorgersene ma, dopo esser stato sfidato in tutti i modi, mandò a stampa una mordace apologia. Castelvetro voleva a tal punto la rissa che si era offerto al Varchi di pagarne le spese di stampa. I dotti sono divisi sul merito della questione: il Varchi era tutto dalla parte di Caro, così come il Bonsi; mentre Muratori si sbraccia a dimostrare quanto Castelvetro fosse erudito e le sue critiche dessero nel giusto; ma Castelvetro era suo conterraneo. Antonfederigo Seghezzi cerca di mantenere una certa equidistanza tra le due posizioni. Eco di questa polemica in senso allegorico e stilistico giungerà in alcuni sonetti del giovane Leopardi.
Il suo esordio fu segnato da una canzone scritta in onore della Casa di Valois, intitolata Venite all'ombra de' gran gigli d'oro, seguita dai sonettiI Mattacchi e La Corona.
Fu autore di un libro di Rime di stampo petrarchista.
Fu anche un bravo commediografo: la sua commedia Gli Straccioni è un importante esempio di teatro erudito rinascimentale che fornisce uno spaccato di Roma nel Cinquecento.
Le Lettere famigliari, costituite da circa ottocento lettere fornirono non solo un archivio documentaristico di prim'ordine, ma anche un'importante fonte di informazioni sulla cultura rinascimentale. Nelle lettere vengono trattati tematiche letterarie e religiose, di costume e avvenimenti politici e militari.
Dopo la sua morte venne pubblicata un'opera musicale a lui dedicata: la Corona della Morte (il cui titolo completo era La Corona della Morte dell'illustre Signore, il Sig. Comendator Anibal Caro) che uscì a Venezia per i tipi di Girolamo Scotto nel 1568, venne curata da Giulio Bonagiunta da San Ginesio e fu dedicata al nobile maceratese Giovanni Ferri[1][2].
«Ed intanto che eglino così mugolavano, Dafni, e la Cloe condotti a letto, si coricarono ed abbracciandosi e baciandosi insieme seguirono tutta la notte…»
(Gli amori pastorali di Dafni e Cloe, Prato, Giachetti, 1855, p. 155)
(titolo presunto, non accertabile - carteggio perduto)
Riconoscimenti
Il premio letterario "Annibal Caro" che si tiene a Civitanova Marche si propone di valorizzare in chiave contemporanea il grande lavoro di mediazione culturale svolto dal letterato civitanovese, andando a premiare non tanto l'autore quanto la figura e il ruolo del traduttore.[3]
Aristotele, La rettorica d'Aristotile fatta in lingua toscana dal commendatore Annibal Caro. Libri Tre. - Edizione riveduta e corretta sui migliori esemplari cui s'aggiunge l'introduzione allo studio della medesima di Giason De Nores. - Milano: coi tipi di Felice Rusconi contrada di S. Paolo, n. 1177, 1826. - CIV, 334, [2] p.; 160
^ Lucia Fava, Corona della morte di Annibale Caro, su 500annibalcaro, 2001. URL consultato il 31 marzo 2021 (archiviato dall'url originale il 9 agosto 2013).
^Premio Annibal Caro, su Premio Annibal Caro. URL consultato il 6 febbraio 2023.
Bibliografia
Ettore Bonora, I grandi traduttori; Annibal Caro; La traduzione dell'Eneide; Storia della Letteratura Italiana, Vol. IV, Milano, Garzanti, pagg. 569-576; 1966.
Ettore Bonora, Consensi e dissensi intorno all'Eneide del Caro, Milano, Rizzoli, 1970, pagg. 197-209.
Mario Sterzi, Studi sulla vita e sulle opere di Annibal Caro, in Atti e memorie della Deputazione di storia patria per le Marche, n. s., V (1908); VI (1909-10); IX (1913).