Figlio del rinomato scultore Odoardo Fantacchiotti e di Paolina Galli, si formò alla bottega del padre, senza frequentare l'Accademia di Belle Arti. Le sue prime opere sono improntate al gusto purista e classicista del padre e contano, oltre ad alcune prove perdute ma ricordate in fonti e cataloghi, un'Orfanella per un brefotrofio di Cincinnati, acquistata da un vescovo protestante statunitense in visita a Firenze assieme a due Angeli del padre, e i busti del padre (scomparso nel 1877) e della madre, destinati alla tomba di famiglia alle Porte Sante, ma poi rimossi[1].
Maturità
Ereditò dunque l'avviato atelier paterno in via Panicale[2] a Firenze avviandosi, nel corso di quel decennio, a uno stile più verista, incoraggiato anche dalle frequentazioni con il gruppo dei Macchiaioli, in particolare Telemaco Signorini, Adriano Cecioni e Diego Martelli. Numerose opere di quel periodo sono in collezioni private o, nelle versioni preparatorie in gesso, presso gli eredi. Una prima opera pubblica fu il Monumento a Giuseppe Giusti per la città natale del poeta, Monsummano Terme, avviato nel 1875, inaugurato il 20 luglio 1879 e ancora in situ[1].
Negli anni successivi lavorò con successo per una ricca committenza pubblica e privata, anche straniera, grazie alla sua conoscenza della lingua inglese a grazie alla frequentazione di rinomati salotti fiorentini, come quello di Marcellin Desboutin alla villa dell'Ombrellino a Bellosguardo. Gli venivano sovente richiesti busti ritratto, come quelli di Carlo Fenzi (per la direzione delle Ferrovie a Roma, 1881-82), di Antonio Civelli (per lo stabilimento tipografico di cui era proprietario a Milano, 1881-82), di Giuseppe Mantellini (Firenze, cimitero delle Porte Sante), di Silvestro Lega (cimitero di Modigliana, 1895), di Diego Martelli (Firenze, Galleria d'arte moderna, 1899); molti quelli di stranieri di passaggio a Firenze oggi sparsi all'estero. Importante fu la famiglia degli Spence, già committenti del padre, con W. C. Spence che divenne suo mercante d'arte a Londra e per il quale fece il busto e l'angelo per la tomba della sorella Teresina (al cimitero degli Allori)[1].
Tra le commissioni pubbliche, ci fu quella di alcuni busti di Vittorio Emanuele II per vari municipi italiani, un busto di Garibaldi a Vada (1886), il San Bartolomeo, il Dante Alighieri e il Leonardo da Vinci per la decorazione della facciata del Duomo di Firenze, cinque statue per il campanile della chiesa anglicana fiorentina (oggi chiesa Valdese: santi Giovanni Battista, David re di Scozia, Albano, Agostino vescovo di Canterbury e Stefano). Partecipò ai consorsi per altri monumenti pubblici, senza vincerli, ma riscosse tuttavia particolare successo la sua scultura di Molière (1873-1884), acquistata dalla Galleria nazionale d'arte moderna di Roma (poi all'ex-sede del ministero della marina mercantile, oggi Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto) e più volte replicata, così come una statuetta del Savonarola[1].
Partecipò a numerose esposizioni d'arte, e dal 1875 Accademico e poi presidente della classe di scultura dell'Accademia delle Arti del Disegno (1908-1913)[3].
Nel 2024 viene pubblicato un volume dedicato a Cesare Fantacchiotti che raccoglie molti saggi riguardanti l'opera dell'artista. Il libro, ricco di immagini, vede le introduzioni di Cristina Acidini e Carlo Sisi, presidenti dell'Accademia delle arti del disegno e dell'Accademia di belle arti di Firenze.[5]
Eredità
Il suo allievo prediletto fu Donatello Gabbrielli, a cui lasciò lo studio, i modelli in gesso e le statue invendute. Per questo l'archivio e le sculture di padre e figlio Fantacchiotti si trovano oggi presso gli eredi Gabbrielli[1].