Il territorio si estende su 1.552 km² ed è suddiviso in 76 parrocchie, raggruppate in 6 vicarie: Faleritana, Teverina, Cassia, Lago, Flaminia e Soratte.[2]
La diocesi di Civita Castellana, città che all'epoca della diffusione del cristianesimo non era ancora stata edificata[3], trae la sua origine dall'antica diocesi di Faleri: i resti di Faleri Novi si trovano oggi a pochi chilometri a nord di Civita Castellana. Contestualmente a Faleri, sorsero nelle vicinanze altre diocesi: Acquaviva, Baccano, Forum Clodii, Manturanum, Nepi, Orte, Sutri e, più tardi, Gallese.
La tradizione agiografica collega a Faleri Novi il martirio dei santi Gratiliano e Felicissima nel III secolo, mentre a Rignano Flaminio si colloca la deposizione dei martiri Abbondio, Abbondanzio, Marciano e Giovanni nel IV secolo.[4]
La diocesi di Faleri è attestata nella seconda metà del V secolo. A causa delle diverse varianti presenti nei manoscritti, è incerta l'attribuzione di Giusto, che partecipò al un concilio romano del 465, alla sede laziale o a quella di Faenza. Apparteneva invece alla diocesi faleritana il vescovo Felice, che nel sinodo romano indetto nel 499 da papa Simmaco si firma come episcopus ecclesiae Faliscae et Nepesinae, indizio che all'epoca le due diocesi erano unite.[5] Lo stesso Felice è presente agli altri concili simmachiani del 501 e 502.
La cronotassi episcopale di Faleri del primo millennio è molto lacunosa e i soli vescovi noti sono quelli che presero parte ai sinodi celebrati dai papi a Roma e ne firmarono gli atti.
La città di Faleri, per la mancanza di difese naturali, fu pian piano abbandonata e la popolazione si trasferì a Civita Castellana (VII-VIII secolo). Anche i vescovi abbandonarono la loro sede per trasferirsi nella nuova città, pur continuando a mantenere per un certo periodo l'antico titolo ecclesiastico. Il titolo civitatis Castellanae compare per la prima volta con il vescovo Crescenzio (o Crescenziano) sul finire del X secolo, quando a Civita Castellana furono trasferite da Rignano le reliquie dei santi Marciano e Giovanni; mentre l'ultima volta che appare nei documenti il titolo di episcopus ecclesiae Falaritanae è con il vescovo Benedetto nel 1037 e nel 1050.
La primitiva cattedrale della diocesi era dedicata ai santi Marciano e Giovanni, divenuti patroni della diocesi dopo il trasferimento delle loro reliquie. Distrutta dai Normanni nel 1063, fu ricostruita nelle forme attuali a partire dal 1185 e consacrata dal vescovo Romano nel 1210.
Il Medioevo vede la fioritura di numerosi monasteri, fra cui quelli del monte Soratte di origine carolingia, l'abbazia territoriale di Sant'Andrea in Flumine, ai quali si aggiungeranno i monasteri cistercensi a partire dal XII secolo. Il XIII secolo vide queste diocesi percorse da movimenti ereticali, come quelli dei patari e dei fraticelli. In questo clima la diocesi fu però terreno fertile anche per fondazioni francescane: per mano dello stesso santo di Assisi sorsero i conventi di Orte e di Civita Castellana. Anche i cistercensi fondarono un loro monastero nell'antica cattedrale di Faleri Novi.
A partire dal XIII secolo le antiche diocesi della regione si incamminarono verso un processo di aggregazione, dettato dalla scarsezza delle rendite. Verso il 1285 Gallese fu soppressa ed assorbita dalla diocesi di Civita Castellana, a cui fu unita, il 5 ottobre 1437, la diocesi di Orte: da questo momento i vescovi porteranno il doppio titolo di vescovi di Civita Castellana e Orte, restando le due diocesi indipendenti per giurisdizione, curie e residenze episcopali.
Quest'aggregazione gioverà alle diocesi, le cui cattedre erano ambite per la vicinanza a Roma, che grazie ai ripetuti trasferimenti di vescovi diverranno tutte omogenee fra loro nell'impostazione pastorale e amministrativa, già prima che il Concilio di Trento desse uniformità alle diverse tradizioni diocesane. Il Concilio invece ebbe notevoli conseguenze imponendo ai vescovi l'obbligo della residenza.
Nel XVI secolo, per breve tempo, fu ristabilita la diocesi di Gallese; Girolamo Garimberti ne fu eletto vescovo il 17 marzo 1563 da papa Pio IV, ma il suo successore Gabriele de Alexandris rinunciò alla diocesi il 16 settembre 1569 e papa Pio V soppresse nuovamente la diocesi incorporandone il territorio nella diocesi di Civita Castellana.
Solo nel Seicento furono celebrati i primi sinodi per l'applicazione dei decreti di riforma del concilio di Trento, a partire da quello celebrato nel 1627 dal vescovo Angelo Gozzadini. La vera riforma della diocesi si attuò con i sinodi del Settecento dei vescovi Blasi (†1718), Vari (†1748) e Lanucci (†1765), che incentrarono la vita della diocesi sulle confraternite, a cui erano affidati ampi compiti assistenziali e caritativi, e sugli ordini religiosi, fra i quali si confermò importante la presenza dei francescani. Ma fu soprattutto con Giovanni Francesco Tenderini (1717-1739), beatificato nel 1794, che si realizzò l'intensa opera di rinnovamento diocesano: «Tenderini ripristinò la disciplina ecclesiastica, favorì l'istruzione religiosa dei fedeli, visitò a più riprese la diocesi con un’attenzione particolare alla cura pastorale».[4] Questo rinnovamento porterà anche all'apertura del seminario diocesano nel 1746, mentre si andavano diffondendo anche scuole per l'educazione femminile. Fu verso la fine del secolo che sorse il più importante santuario mariano dell'odierna diocesi, quello di Santa Maria ad Rupes.
Durante il periodo napoleonico il vescovo di Civita Castellana Lorenzo De Dominicis accettò di sottoscrivere il giuramento. Questo atto permise la sopravvivenza della diocesi, mentre le vicine diocesi di Nepi e di Sutri, per l'atteggiamento antinapoleonico del loro vescovo, finirono per essere soppresse dal regime francese ed accorpate a Civita Castellana.
Il 20 dicembre 1805 la collegiata di Gallese riebbe il titolo di cattedrale e i vescovi di Civita Castellana, oltre al titolo di Orte, aggiunsero anche quello di Gallese.
Nell'Ottocento si distinse in particolare il vescovo Mattia Agostino Mengacci (1851-1872): «partecipò al Vaticano I; celebrò un sinodo (1859) grazie al quale venne riformata la curia e riorganizzato l'archivio; nel 1857 accolse Pio IX in viaggio nello Stato.»[4]
Il 10 aprile 1976Marcello Rosina, vescovo di Nepi e Sutri, fu nominato anche vescovo delle sedi unite di Civita Castellana, Orte e Gallese, unendo così in persona episcopi le cinque sedi, primo passo per la definitiva unione di tutte queste diocesi.
L'11 febbraio 1986[7] le diocesi di Nepi, di Sutri, di Orte e di Gallese sono state soppresse in via definitiva ed estintiva e il territorio delle cinque diocesi ha dato origine alla nuova diocesi di Civita Castellana. Contestualmente le quattro antiche cattedrali hanno assunto il titolo di concattedrale.[8] La memoria delle illustre diocesi di Nepi, di Sutri, di Orte e di Gallese è tramandata ai posteri in quanto esse sono diventate "sedi titolari".
Il primo vescovo della nuova diocesi di Civita Castellana, Marcello Rosina, ha affidato la Comunità originata dalla fusione delle cinque diocesi di Nepi, di Sutri, di Orte e di Gallese alla protezione della Madonna ad Rupes, elevandola a celeste patrona della nuova Chiesa diocesana.
Nel 2002 è stato inaugurato il nuovo archivio storico diocesano negli ambienti dell'ex palazzo episcopale di Nepi.[10]
Nel 2007 l'Istituto di Scienze Religiose "Alberto Trocchi", fondato nel 1980, è stato elevato a Istituto Superiore di Scienze Religiose della Pontificia Università Lateranense, permanendo nella sede storica dell'antico Seminario Vescovile di Nepi.[11]
Cronotassi dei vescovi
Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.
^La primitiva città di Faleri, corrispondente all'odierna Civita Castellana, fu distrutta dai Romani, che obbligarono la popolazione ad abbandonare l'antico abitato per edificare un nuovo centro a pochi chilometri di distanza. La nuova città assunse il nome di Faleri Novi per distinguerla dalla precedente, il cui sito assunse il nome di Faleri Veteres. Nell'alto medioevo Faleri Veteres cominciò a ripopolarsi con il nuovo nome di Civita Castellana.
^Questa data è riportata dall'Annuario Pontificio e dall'Annuario diocesano 2015, benché altre fonti abbiano la data del 15 febbraio (Nota della Conferenza episcopale italiana circa l'unione delle sedi).
^Per espressa disposizione di papa Giovanni Paolo II, nell'Annuario Pontificio è fatta esplicita menzione dell'unione delle sedi soppresse con quella di Civita Castellana.
^Secondo Lanzoni, per la corruzione dei manoscritti, Giusto, oltre che vescovo faberinus o faverinus (per Faleri), potrebbe anche essere vescovo faventinus (ossia di Faenza). Tuttavia, la lezione faberinus è quella più probabile. Dello stesso parere Pietri.
^Un vescovo Felice, senza indicazione della sede di appartenenza, prese parte anche al concilio indetto da papa Gelasio I nel 495; ed inoltre il suo nome, senza la sede di appartenenza, appare anche in una lettera dello stesso papa. Charles Pietri, Luce Pietri (ed.), Prosopographie chrétienne du Bas-Empire. 2. Prosopographie de l'Italie chrétienne (313-604), École française de Rome, vol. I, Roma 1999, pp. 783-784.
^Giovanni è probabilmente da identificare con l'omonimo vescovo a cui Gregorio Magno affida nel 592 l'amministrazione temporanea della sede di Nepi, il cui vescovo è impegnato in una difficile missione a Napoli. Spurio invece è il concilio del 601 a cui avrebbe partecipato Giovanni. Pietri, Prosopographie de l'Italie chrétienne, I, pp. 1120-1121.
^Monumenta Germaniae Historica, Concilia aevi Karolini (742-842), prima parte (742-817), a cura di Albert Werminghoff, Hannover e Lipsia 1906, pp. 70, 75 e 80. Al concilio del 761 prese parte Leone episcopus Falaritanae, che Gams (p. 919) attribuisce alla sede di Salerno. Al concilio del 769, le fonti riportano la presenza di Leone episcopus civitate Castello che gli editori tedeschi attribuiscono a Civita Castellana, in forza delle argomentazioni di Duchesne (Liber Pontificalis, vol. I, p. 483, nota 39). Altri autori invece attribuiscono il Leone del 769 alla diocesi di Città di Castello.
^Il nome di Leone appare in una lapide della cattedrale di Civita Castellana (Cappelletti, pp. 13-14).
^Giovanni prese parte ai concili romani di novembre/dicembre 963, febbraio 964 e maggio 969; gli atti del 963 non menzionano il nome del vescovo, ma gli editori delle Monumenta Germaniae Historica ritengono si tratti probabilmente dello stesso vescovo (Die Konzilien Deutschlands und Reichsitaliens 916-1001, seconda parte (962–1001), a cura di Ernst-Dieter Hehl, Hannover 2007, pp. 232,7 - 245,7 - 312,11). Le varianti dei manoscritti riportano anche la lezione Salernitanae; in questo stesso periodo tuttavia la sede campana era occupata dal vescovo Pietro (958-974). Dopo Pietro, gli storici attribuiscono alla sede salernitana il vescovo Giovanni documentato dal 977 al 982. Secondo gli editori tedeschi si tratta invece della stessa persona, vescovo di Faleri dal 963 al 982, mentre un vescovo salernitano di nome Giovanni non è mai esistito (Die Konzilien Deutschlands und Reichsitaliens 916-1001, p. 175,22 e soprattutto nota 26).
^abcdSchwartz, Die besetzung der bistümer Reichsitaliens unter den sächsischen und saliche kaisern, p. 257.
^Dopo Benedetto, Cappelletti inserisce un vescovo Giovanni, il cui nome appare in una relazione sui miracoli avvenuti sulla tomba di papa Clemente II. In realtà, come riporta Schwartz, Cappelletti ha confuso il papa Clemente II con l'antipapa Clemente III (1080-1100), morto a Civita Castellana; il vescovo Giovanni dunque visse all'epoca dell'antipapa (1101).
^Tra Monaldo e Goffredo, Cappelletti e Gams inseriscono il vescovo Ramberto, documentato nel 1304, ignoto a Ughelli e Eubel. Secondo le bolle pontificie riportate da Eubel, Goffredo fu nominato alla sede di Civita Castellana per la morte di Monaldo.
^Secondo Eubel, Sante non fu vescovo di Civita Castellana, ma della sede Civitatensis in Hispania, ossia della diocesi di Ciudad Rodrigo.