La diocesi era posta sul versante meridionale della penisola sorrentina, lungo la costiera amalfitana, e comprendeva il solo abitato di Ravello e il territorio circostante. La diocesi era molto piccola, così come le altre due diocesi nelle vicinanze di Ravello, ossia Scala e Minori. «Sembra altronde incredibile - scrive Matteo Camera - come abbiansi potuto erigere contemporaneamente tre vescovadi alla distanza di circa un miglio, come furono Scala, Ravello e Minori».[1]
Patrono della diocesi era san Pantaleone di Nicomedia, che ancora oggi è il patrono della città. L'ampolla, che si dice custodisca il sangue del santo, presenta il fenomeno dell'annuale liquefazione del sangue, che avviene nel mese di luglio o in occasione di miracoli ottenuti dal santo. È conservata nella cappella dedicata al santo, realizzata nel 1643, a sinistra dell'altare maggiore del duomo, dal vescovo Bernardino Panicola, che ne fece la traslazione con una solenne processione per la città.
Sul finire dell'XI secolo fu edificato il duomo di Ravello, cattedrale della diocesi, dedicato a Santa Maria Assunta. La cripta ospita oggi il "museo del Duomo", istituito il 3 luglio 1983, a cui si deve aggiungere l'adiacente chiesa del Corpo di Cristo, adibita a pinacoteca.[5] Nel territorio esistevano anche due antichi monasteri: l'abbazia maschile di San Trifone, risalente al X secolo, il cui abate Pietro ricevette nel 1096 uno speciale privilegio dalla popolazione ravellese; e l'abbazia femminile della Santissima Trinità, attestata dal 944.[6] Antiche chiese sono quelle di Sant'Eustachio e di Sant'Angelo, documentate rispettivamente nel 1020 e nel 1039.
Nei primi secoli, i vescovi furono tutti di origine ravellese, appartenenti a famiglie del patriziato urbano. Ciò evidenzia il carattere molto municipalizzato della Chiesa. Inizialmente la cattedrale non aveva un capitolo, ma solo un sodalizio di 12 sacerdoti semplici; fu il vescovo Tolomeo (1286-1290) che istituì il collegio dei canonici, composto da tre dignità (arcidiacono, arciprete e primicerio) e 18 canonici.[7]
Sulle rendite patrimoniali di cui godevano i vescovi di Ravello, così scrive Matteo Camera[8]: «Oltre le rendite patrimoniali che percepiva in Barletta, Giovinazzo, Bitonto ed in altri luoghi, riscuoteva poi il vescovo di Ravello de' diritti pecuniari sul macello degli animali (jus macelli), sulle fornaci da calce (jus calcariae), sulla tintura e cilindratura de' panni, la decima sulla pescagione, ecc.»
Alla diocesi di Ravello il 30 luglio 1603 fu unita aeque principaliter la diocesi di Scala. Il vescovo Francesco Bennio, già vescovo di Scala dal 1598, divenne vescovo di Ravello, conservando il titolo di entrambe le Chiese, cosa che fecero anche i suoi successori. Nella bolla di unione viene tuttavia confermata a Ravello l'immediata soggezione alla Santa Sede, per cui i vescovi erano soggetti a Roma come vescovi di Ravello, ma erano suffraganei di Amalfi se agivano come vescovi di Scala.
Nell'ambito della riorganizzazione delle circoscrizioni ecclesiastiche del regno napoletano sancita dal concordato tra papa Pio VII e Ferdinando I, il 27 giugno 1818 le diocesi di Ravello e Scala furono soppresse in forza della bollaDe utiliori di Pio VII ed il loro territorio aggregato a quello dell'arcidiocesi di Amalfi.
L'archivio dell'antica diocesi, costituito dall'archivio della curia vescovile, da quello del capitolo e da altri fondi minori, è oggi conservato presso le sale della confraternita del Santissimo Nome di Gesù a Ravello, ed è formato da un fondo pergamenaceo (dal 998 al 1874) e da un fondo cartaceo (secoli XIV-XX).[9]
^Eubel, Hierarchia catholica…, VI, p. 353, nota 1.
^L'anno è indicato da Ughelli (Italia sacra) e da tutti gli autori che ne dipendono. Anche: Errico Cuozzo, La nascita della diocesi di Ravello (a. 1086): un episodio della ristrutturazione diocesana nel Mezzogiorno dell'XI secolo, in "Atti della Giornata di studio per il IX centenario della fondazione della diocesi di Ravello, Ravello 1986", Ravello 1987.
^Le rispettive bolle sono riportate da Ughelli, Italia sacra, I, coll. 1183 e seguenti.
^Kamp distingue due vescovi: Pietro, documentato dal 5 febbraio 1231 al 31 agosto 1269; e Pietro da Durazzo, O.S.B., dal 30 aprile 1275 al 15 gennaio 1284.
^Kamp (Kirche und Monarchie…, IV, p. 1268) documenta come Francesco Castaldo fu eletto nel 1321, nove anni dopo la morte di Giovanni Allegri.
^Vescovo documentato da Gams, ma assente in Eubel.