Famiglia di origine normanna, giunta nel 1045 in Italia, nel Principato di Salerno, al seguito di Roberto d'Altavilla, detto il Guiscardo, con il cavaliere Riccardo di Arnes, figlio di Ruggero, detto Tichel, a sua volta figlio di Crispino, signore di Arnes, appartenente alla stessa famiglia di Rollone, duca di Normandia, e parente stretto del ducaRoberto I[2]. Figli di Ruggero "Tichel" di Arnes e fratelli di Riccardo furono Turgisio, Silvano e un altro fratello, il cui nome è ignoto, dai quali discesero rispettivamente le famiglie Sanseverino, Gravina e Sambiase[3]. Riccardo di Arnes partecipò nel 1096 alla prima crociata in Terrasanta sotto il comando di Goffredo di Buglione, col quale era imparentato, che, per l'occasione, lo creò falangiero, ossia capitano delle falangi, da cui il soprannome "Angerio", col quale fu poi identificato e che sostituì definitivamente la dicitura "di Arnes" che seguiva il suo nome[4]. Nel 1099, a seguito della vittoria nell'assedio di Gerusalemme che lo portò a diventare Difensore del Santo Sepolcro, Goffredo volle cambiare nel suo stemma la croce rossa in campo d'argento, concessale da papa Urbano II, con la croce d'oro di Gerusalemme, e lo stesso fece Riccardo, sostituendo la sua con una croce azzurra, il cui colore, lo stesso del cielo, voleva dimostrare come lui avesse partecipato a tale impresa solo in onore e gloria di Dio[5]. Riccardo di Arnes, ossia Riccardo "Angerio", spesso denominato semplicemente Angerio, fu quindi creato conte e signore di Candida, Lapio, Nocera dei Pagani, Pietrastornina e Sant'Adiutore, e sposò Urania, sorella del cavaliere normanno Lamberto[5]. Morì poco prima del novembre del 1104, venendo sepolto nell'abbazia territoriale della Santissima Trinità di Cava de' Tirreni[6]. I suoi discendenti furono detti "filii Angerii", cioè "figli di Angerio", e tale dicitura divenne poi il loro cognome e, con i mutamenti della lingua avvenuti nel corso degli anni, assunse infine la forma definitiva di "Filangieri"[7]. Riccardo "Angerio" è quindi considerato il capostipite della famiglia Filangieri[7]. Si vuole che le famiglie Egidio, Molise e Senerchia abbiano avuto origine da un ramo collaterale della famiglia Filangieri[8].
Riccardo "Angerio" aveva avuto da sua moglie Urania quattro figli, Roberto, Guglielmo, Ruggero (così denominato in onore di suo padre Ruggero di Arnes) e Tancredi, al primogenito dei quali aveva lasciato la signoria di Sant'Audiore, mentre al secondogenito anche quelle di Candida, Cortimpiano, Lapio, Nocera dei Pagani e Pietrastornina[9]. Da quest'ultimo proseguì la discendenza di Angerio: suo figlio Giordano generò Guglielmo, che ebbe due figli, Giordano e Guidone[9]. Questi ebbe – tra gli altri – Riccardo Filangieri, uno dei più celebri membri della famiglia Filangieri.
Col passare degli anni la famiglia arrivò a ricoprire le più alte cariche politiche e militari del Regno di Sicilia prima e del Regno di Napoli poi, arrivando infine a possedere un totale di 6 principati, 8 ducati, 2 marchesati, 16 contee e oltre 120 baronie[10]. Fu inoltre insignita del Grandato di Spagna, dell'Ordine del Toson d'oro e di altri illustri Ordini Cavallereschi e nel 1444 fu ricevuta nell'Ordine di Malta[2]. Tra le altre, ha goduto di nobiltà a Benevento, Messina, Napoli nei Seggi di Capuana e Nido, Palermo e Trani nel Seggio di Campo[3]. La famiglia arrivò infine a ramificarsi nelle seguenti linee: principi di Arianello, principi di Satriano, conti di Avellino, signori di Lapio e signori di Vietri nel Regno di Napoli, principi di Cutò, principi di Mirto, principi di Santa Flavia e duchi di Pino nel Regno di Sicilia, e Candida Gonzaga[11]. Anche il suo stemma si diversificò sempre più: i Filangieri aggregati al Seggio di Nilo vi aggiunsero un lambello rosso a tre pendenti per concessione del re Carlo I d'Angiò; i Filangieri di Sicilia usarono nove campane d'oro o d'azzurro rispettivamente in una croce d'azzurro in campo d'argento o in una croce d'argento in campo rosso per essere stati incaricati di suonare, durante i Vespri siciliani, le campane come segnale di allarme in caso di rivolta; i Candida Gonzaga usarono prima una sirena di carnagione coronata d'oro e dalla doppia coda, nuotante in un mare verde, in campo d'argento e poi inquartato con lo stesso identico carico e campo nel 1º e nel 4º quarto e con una croce d'argento in campo d'azzurro nel 2º e nel 3º quarto[12]. Usarono come ornamenti esterni una sirena o un cigno che ciba i suoi piccoli come cimiero, e un'aquila bicipite imperiale d'Asburgo d'Austria racchiudente lo stemma e cimata dalla corona imperiale, aggiunta nel 1720 per concessione dell'imperatore Carlo VI d'Asburgo[13]. La casata è fiorente ed annovera tra i suoi ultimi esponenti l'attrice Christiane Filangieri.
Il primo ad essere investito del principato di Cutò fu Alessandro Filangieri, marchese di Lucca Sicula, che sposò nel 1706 Giulia Platamone, erede del feudo. Tra i principi di Cutò si annovera un altro Alessandro, capitano e giustiziere di Palermo nel 1726 e un Girolamo, anch'egli capitano e giustiziere nel 1743 e gentiluomo di camera del re Carlo III di Spagna. Il ramo vantò vari viceré e luogotenenti, tra cui Alessandro Filangieri (1803-1806) e il figlio Niccolò (1816-1817 e 1812-1824). Le loro principali dimore furono il Palazzo Cutò sito a Bagheria in Via Maqueda, opera di Giacomo Amato, con uno scalone realizzato dall'architetto Giovanni Del Frago, e il Palazzo Cutò di Corso Vittorio Emanuele, di fronte alla Cattedrale, il cui prospetto si deve all'architetto Emmanuele Palazzotto nel 1836. Appartennero a questo ramo Teresa Mastrogiovanni Tasca Filangieri di Cutò, madre del poeta Lucio Piccolo, barone di Calanovella, figlio di Giuseppe, e sua sorella Beatrice, madre dello scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
D'argento, alla croce rossa. (stemma originario dei Filangieri)
D'argento, alla croce azzurra e al lambello rosso di tre pendenti in capo.(Stemma dei Filangieri del Seggio di Nilo)
D'argento, alla croce d'azzurro, lo scudo accollato all'aquila austriaca coronata del diadema imperiale e racchiuso il tutto in altro scudo d'oro cimato da corona reale. (stemma dei Filangieri a partire dal 1720 per concessione dell'imperatore Carlo VI d'Asburgo)
D'argento alla croce azzurra caricata da nove campane d'oro. (1º stemma dei Filangieri di Sicilia)
Di rosso alla croce d'argento caricata da nove campane di nero. (2º stemma dei Filangieri di Sicilia)
Inquartato, nel 1º e 4º d'argento alla sirena di carnagione coronata d'oro nuotante sopra un mare verde; nel 2º e 3º d'azzurro alla croce d'argento (Candida) e D'argento alla croce patente di rosso accantonata da quattro aquile di nero dal volo abbassato, imbeccate e membrate di rosso, rivolte alla destra araldica; sul tutto, uno scudo inquartato: nel primo e nel quarto di rosso al leone dalla coda doppia d'argento, armato e lampassato d'oro, coronato e collarinato dello stesso; nel secondo e nel terzo fasciato d'oro e di nero (Gonzaga). (stemma unificato dei Candida Gonzaga)
Chiesa Immacolata e Sant'Antonio alla Cercola, eretta nel 1755 dal principe di Arianiello Cesare Filangieri, fino al 1877 ricadente nella frazione Ponte della Cercola del comune di San Sebastiano al Vesuvio e fu succursale del Santuario di San Sebastiano Martire[16];
Palazzo Filangieri d'Arianiello di San Sebastiano al Vesuvio (casa natale del giurista e illuminista Gaetano Filangieri). Dal 1877 la dimora rientrò nel territorio del comune di Massa di Somma che cambiò, nello stesso anno, la denominazione in Cercola. Il palazzo fu demolito negli anni ottanta del secolo scorso[16];
^Fu contessa di Marsico e Satriano. Si sposò con Jacopo di Brussone.
^Fu signora di Miglionico, Picerno e San Valentino Torio. Si sposò prima con Giovanni di Gianvilla, detto "di Rivello", e poi con Guglielmo di Ricuperanza.
^Fu signore di Abriola, Candida, Serino e Solofra, viceré e giustiziere della Terra di Bari, maestro razionale del Regno di Sicilia e cavaliere. Si sposò con Giordana Sanseverino. Da lui discesero i rami dei Candida Gonzaga e conti di Avellino.
^Fu signore di Abriola e Lapio, cavaliere e ciambellano. Si sposò con Colia Ruffo. Da lui discesero i rami dei principi di Arianello, principi di Satriano e signori di Lapio.
Berardo Candida Gonzaga, Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d'Italia, vol. 1, 2 e 6, Bologna, Arnaldo Forni Editore, 1875, ISBN non esistente.
Luigi Contarino, La nobiltà di Napoli in dialogo, Napoli, Giuseppe Cacchi, 1569, ISBN non esistente.
Bernardo Cozzolino, San Sebastiano al Vesuvio: un itinerario storico artistico e un ricordo di Gaetano Filangieri, prefazione di Leonardo Di Mauro, Napoli, Poseidon, 2006, ISBN88-902407-0-9.
Carlo Padiglione, Tavole storico-genealogiche della casa Candida già Filangieri, Napoli, Gennaro De Angelis e figlio, 1877, ISBN non esistente.
Approfondimenti
Ulisse Diligenti, Storia delle famiglie illustri italiane, vol. 5, Firenze, Ulisse Diligenti, 1890, ISBN non esistente.
Filadelfo Mugnos, Teatro genologico delle famiglie nobili titolate fevdatarie ed antiche nobili del fidelissimo Regno di Sicilia viventi ed estinte, vol. 1, Palermo, Pietro Coppola, 1647, ISBN non esistente.
Erasmo Ricca, Disegni, tavole e stemmi di appendice al Discorso genealogico della famiglia Filangieri, Napoli, Agostino De Pascale, 1863, ISBN non esistente.