In quanto direttore generale, Dini è collocato al secondo posto nella gerarchia del direttorio della Banca d'Italia. Tuttavia la circostanza di rappresentare una nomina proveniente dall'esterno ha fatto sì che nel corso del quindicennio trascorso a via Nazionale Dini abbia un ruolo defilato, occupandosi soprattutto del personale, dell'organizzazione interna e dei rapporti inernazionali.
Nell'aprile 1993, quando il governatore Ciampi è nominato Presidente del Consiglio dei ministri, il nome di Dini figura tra i suoi probabili successori. Ma il neo-presidente del consiglio propone a Dini la nomina a ministro del commercio estero, che tuttavia questi rifiuta[1]. Il candidato di Ciampi per la carica di governatore, infatti, è il vice direttore generale Tommaso Padoa-Schioppa. Anche a seguito di pressioni della Democrazia Cristiana, e con l'adesione del Presidente della RepubblicaOscar Luigi Scalfaro, è infine nominato governatore il secondo vice direttore Antonio Fazio, appartenente all'ala cattolica.
Dopo le dimissioni di Berlusconi, a seguito della sfiducia , il 17 gennaio 1995 Dini, incaricato dal presidenteScalfaro di formare un nuovo governo, costituisce un esecutivo composto esclusivamente da ministri e sottosegretari tecnici e non parlamentari (lo stesso Dini non ha mandati elettivi). È sostenuto da PDS, Lega Nord e Partito popolare. Dini mantiene anche ad interim la carica di ministro del tesoro.
La finalità del governo è soprattutto quella di traghettare il Paese fino alle elezioni politiche anticipate, che infatti si terranno nell'aprile 1996. Dall'ottobre 1995 al febbraio 1996 tiene anche l'interim del delicato dicastero della giustizia.
Il governo resterà in carica fino al 17 maggio 1996 godendo di maggioranze variabili, ma con un graduale attestarsi su una maggioranza di centro-sinistra estesa alla Lega e ad alcuni esponenti del centro moderato.
Con la ricerca del consenso fra i partiti del centro-sinistra e i sindacati, il governo Dini riuscirà nel difficile compito di emanare una riforma delle pensioni. La riforma Dini ha trasformato il sistema pensionistico italiano da un sistema di tipo retributivo a un sistema che applica uno schema pensionistico con la formula della rendita predefinita sulla contribuzione e sulla crescita ma senza patrimonio di previdenza, con il metodo di calcolo contributivo a capitalizzazione simulata sulla crescita, avviando la transizione dal modello previdenziale corporativo fascista al modello previdenziale universale.
Il 23 maggio 2007 viene inserito tra i 45 membri del Comitato nazionale per il Partito Democratico ma, nella fase costituente del nuovo partito, il 18 settembre, Dini annuncia il suo distacco dal progetto del PD e la costituzione di un soggetto liberaldemocratico che dia spazio a queste ultime istanze.
In occasione del voto sulla legge finanziaria del 2008 Dini, pur votando la manovra di bilancio, annuncia il suo distacco dalla maggioranza di centro-sinistra, auspicando il superamento del governo Prodi II.[3]
Il 24 gennaio 2008, in occasione di un importante passaggio parlamentare di fiducia al Governo Prodi, il senatore Dini, eletto nelle file del centro-sinistra, insieme ai Popolari UDEUR di Clemente Mastella, annuncia di votare contro, contribuendo in maniera determinante alla caduta del governo.
L'8 febbraio 2008 annuncia l'adesione dei Liberal Democratici al nuovo partito di Silvio Berlusconi: Il Popolo della Libertà, cambiando ancora una volta coalizione (dal centro-sinistra al centro-destra).
Il 10 marzo 2008 viene ufficializzata la sua candidatura al Senato della Repubblica e al seguito dei risultati delle elezioni politiche del 13 e 14 aprile 2008 è eletto nuovamente senatore, ma nelle file del PdL per la circoscrizione Lazio. Matteo Renzi, Presidente della Provincia di Firenze dell'epoca, lo aveva in precedenza invitato a non ripresentare la sua candidatura in Toscana, dove era già stato eletto parlamentare per tre legislature con i voti del centrosinistra[4].
Effetti economici dell'imposizione sulle società, rassegna bibliografica a cura di, Roma, Tip. Failli, 1957.
Strategia e organizzazione nelle aziende di credito: una metodologia per l'autodiagnosi. Presentazione del volume, Milano, Associazione per lo sviluppo degli studi di banca e borsa, 1983.
Presentazione del rapporto Economia e finanza delle imprese italiane nel decennio 1982-1991, Roma, Banca d'Italia, 1993.
Scritti e conferenze di Lamberto Dini, 7 voll., Roma, Banca d'Italia, 1994.
Interventi, dichiarazioni, interviste del presidente del Consiglio dei ministri, Roma, Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per l'informazione e l'editoria, 1995.
Fra Casa bianca e Botteghe oscure. Fatti e retroscena di una stagione alla Farnesina, Milano, Guerini, 2001. ISBN 88-8335-185-1.
Il Senato alla Convenzione. luglio 2003, con Filadelfio Basile, Roma, Senato della Repubblica, 2003.