Aderente sin dalla giovinezza alla Democrazia Cristiana, della quale in seguito fu considerato uno tra i principali esponenti, fu ripetutamente eletto deputato e nominato ministro; raggiunse l'apice del potere politico negli anni 1980,[1] quando fu segretario (1982-1989) e poi presidente (1989-1992) della DC, oltreché Presidente del Consiglio (a capo del governo De Mita, 1988-1989).
Con la fine della DC nel 1994, De Mita fece parte del Partito Popolare Italiano (1994-2002) e della Margherita (2002-2007) e fu di nuovo deputato (1996-2008) ed eurodeputato (1999-2004, 2009-2014); nel 2007-2008 partecipò anche alla fondazione del Partito Democratico, ma se ne allontanò a seguito della sua mancata ricandidatura alle elezioni politiche del 2008, derivante dallo statuto del PD, e aderì pertanto all'Unione di Centro (2008-2017). Dal 2014 alla sua morte fu anche sindaco del suo comune natale, Nusco.
Soprannominato il padrino della DC e l'uomo del doppio incarico (ovvero segretario della DC e Presidente del Consiglio), fu tra i principali esponenti della cosiddetta Prima Repubblica ed ebbe indirettamente una forte influenza anche sulla vita politica degli anni successivi (Seconda Repubblica). A De Mita si deve la nomina di Romano Prodi prima come suo consigliere economico e poi come presidente dell'IRI;[2] sempre a De Mita si deve l'impegno in politica di Sergio Mattarella nelle file della sinistra democristiana.
A seguito della fine del mandato del doroteoFlaminio Piccoli, nel maggio 1982 De Mita venne eletto segretario nazionale della DC con la concertazione degli Andreottiani, dei Basisti e della corrente "Nuove Cronache" di Fanfani, in contrapposizione all'ex fanfanianoArnaldo Forlani, il quale si alleò con i dorotei di Antonio Gava formando la corrente Grande Centro. Il partito subì un grave calo nelle elezioni politiche del 1983; nonostante ciò De Mita restò in carica per sette anni e fu ripetutamente confermato sino al Congresso nazionale del 1989; la sua segreteria fu la più lunga della storia della DC, superando anche quella di Alcide De Gasperi.
In questo periodo Gianni Agnelli, il quale non apprezzava il temperamento politico del leader democristiano, in una puntata di Mixer asserì che De Mita era un tipico intellettuale della Magna Grecia. A questa asserzione gli replicò Indro Montanelli, proprietario de "Il Giornale", dicendo: "Dicono che De Mita sia un intellettuale della Magna Grecia. Io però non capisco cosa c'entri la Grecia".[5]
De Mita fu considerato un rivale di Bettino Craxi,[6] segretario del Partito Socialista Italiano che negli anni ottanta aveva occupato la carica di Presidente del Consiglio per ben quattro anni (dal 4 agosto 1983 al 17 aprile 1987). Nel 1983 Craxi e De Mita stipularono un'alleanza, in seguito ribattezzata "Patto della Staffetta", secondo cui la X legislatura si sarebbe dovuta concludere con un avvicendamento ad un Presidente del Consiglio afferente alla DC che avrebbe sostituito Craxi; dopo aver taciuto per mesi, avallandone implicitamente l'esistenza, Craxi disattese tale alleanza in una celebre intervista di Giovanni Minoli a Mixer.
In questi anni fu sempre De Mita a spingere all'impegno politico Sergio Mattarella, fratello di Piersanti Mattarella ed esponente dell'ala Morotea del partito, incaricandolo di ripulire le liste siciliane della DC, rimuovendo persone vicine a Vito Ciancimino, personaggio discusso per via di presunte contiguità con Cosa nostra. Nel 1984 De Mita azzerò i dirigenti e i vertici palermitani della DC nominando Sergio Mattarella commissario straordinario.
La nomina di De Mita a Presidente del Consiglio (la prima di un segretario della DC in carica dai tempi di Amintore Fanfani nel 1959) fu però funestata alcuni giorni dopo dall'assassinio, da parte di Stefano Minguzzi e Franco Grilli, appartenenti alle Brigate Rosse - Partito Comunista Combattente (PCC), di Roberto Ruffilli, senatore della DC e consulente di De Mita per le riforme istituzionali; Ruffilli aveva contribuito a determinare le pregiudiziali affinché si potesse varare proprio il governo De Mita, che stava entrando in carica in quel momento. Nel volantino di rivendicazione gli attentatori definirono Roberto Ruffilli come "l'uomo chiave del rinnovamento, vero e proprio cervello politico del progetto demitiano".[8]
Il 22 febbraio 1989 Arnaldo Forlani, a capo con Antonio Gava della corrente "Grande Centro" o "Azione Popolare", venne eletto dal congresso nazionale nuovo segretario della DC, determinando in tale maniera l'epilogo del cosiddetto "doppioincarico" di De Mita, durato dal 13 aprile del 1988 al 22 febbraio del 1989, biasimato dal Partito Socialista Italiano e dai settori centristi della Democrazia Cristiana. Il mese successivo, nel marzo 1989, il Consiglio nazionale della DC riunito a Roma nominò De Mita Presidente del Consiglio stesso. La segreteria di Forlani, durata fino all'ottobre 1992, fu caratterizzata dalla stretta collaborazione con Bettino Craxi e il Partito Socialista Italiano.
Nel 1989 De Mita fu sostituito alla segreteria della DC da Forlani, assumendo la presidenza del partito negli anni dominati dalla stretta alleanza tra Craxi, Andreotti e Forlani, battezzata dagli organi di stampa CAF (dalle rispettive iniziali).
De Mita fu presidente nazionale della DC fino al 27 ottobre 1992, quando gli succedette Rosa Russo Iervolino con l'elezione di Mino Martinazzoli a segretario politico, nella fase critica a seguito di Tangentopoli.
Fu inserito tra i testimoni richiesti dalla difesa di Giulio Andreotti nel processo che vide quest'ultimo assolto con formula piena in maniera definitiva dalla Corte di Cassazione nel novembre del 2004 per i fatti successivi al 1980, mentre per quelli precedenti fu dichiarato il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione.
In seguito De Mita si schierò con la corrente di sinistra del PPI, che faceva riferimento a Gerardo Bianco, contro il segretario politico Rocco Buttiglione che, difformemente alle decisioni assunte nel congresso, aveva ribadito di allearsi con il Polo delle Libertà, la coalizione di centro-destra. A causa di questa divergenza Buttiglione uscì dal Partito Popolare Italiano formando il partito dei Cristiani Democratici Uniti.
Al secondo congresso della Margherita, nella sua relazione De Mita comunicò la sua adesione al nuovo Partito Democratico, raccogliendo moltissimi applausi dalla platea diellina. Durante l'assemblea costituente del PD fu nominato membro della commissione statutaria del nuovo partito, anche se questa decisione suscitò qualche contestazione da parte della platea.[14] In quanto ex presidente del Consiglio iscritto al partito, fu nominato componente di diritto del coordinamento nazionale del Partito Democratico.
Il 20 febbraio 2008 annunciò il suo ritiro dal PD, in polemica con lo statuto del partito che prevedeva un tetto massimo di tre legislature complete, in base al quale sarebbe stato escluso dalle candidature alle elezioni politiche del 13 e 14 aprile 2008.[15] Il giorno prima Tino Iannuzzi, segretario regionale campano del PD, aveva sostenuto la candidatura di De Mita nelle liste presentate dalla formazione politica democratica in Campania.[16] Fondò quindi i "Popolari per la Costituente di Centro" che portò a unirsi alla componente campana dell'UDEUR di Clemente Mastella per dar vita al Coordinamento Popolari - Margherita per la Costituente di Centro, movimento con cui entrò poi nella Costituente di Centro di Pier Ferdinando Casini.
Alle elezioni europee del 2009 si ricandida al Parlamento europeo, tra le liste dell'UdC nella medesima circoscrizione, venendo eletto con 56.575 preferenze[18]. Secondo VoteWatch a fine marzo 2011, a circa due anni dalle europee, De Mita con il 67,37% di presenze in seduta plenaria risultava al 708º posto su 733 nella classifica complessiva delle presenze di tutti gli europarlamentari.[19]
De Mita continuò a esercitare una certa influenza sulla politica locale della Campania, e di riflesso sulla politica nazionale, grazie alla sua capacità di attrarre voti.[20]
Sindaco di Nusco e sostegno a Vincenzo De Luca
Nel 2014 De Mita, a 86 anni, partecipò alle amministrative candidandosi a sindaco del suo comune natìo, Nusco: fu eletto sindaco nella lista dell'Unione di Centro con 2 156 voti (77,35%) battendo Rosanna Secchiano, presentatasi con la Lista Civica Nusco Futura che ottenne 631 voti, e succedendo al nipote Giuseppe De Mita (omonimo dell'altro nipote). I votanti furono 2 903 su un totale di 5 917 elettori.
Ricandidatosi alla guida del comune di Nusco[23], fu rieletto sindaco per un secondo mandato il 26 maggio 2019 all'età di 91, anni con il 60% dei voti in contrapposizione al candidato del PD, l'avvocato Francesco Biancaniello.[24][25]
Ciriaco De Mita muore il 26 maggio 2022, tre mesi dopo aver compiuto 94 anni, per una ischemia cerebrale, nella casa di cura Villa dei Pini ad Avellino dove era ricoverato dal 5 aprile a seguito di una frattura del femore.[27][28]
Nel dicembre 2022 il comune di Nusco gli ha intitolato una via (dopo aver ottenuto dalla locale prefettura l'approvazione dell'apposita deroga alla legge vigente, che prevede che vie e piazze possano essere intitolate solo a persone morte da almeno dieci anni salvo casi eccezionali di benemeriti della nazione).[30]
La ricostruzione dell'Irpinia dopo il tragico terremoto del 1980 fu caratterizzata da un'eccezionale mobilitazione, anche finanziaria (60 000 miliardi di lire). La destinazione dei fondi stanziati per la ricostruzione è stata oggetto di innumerevoli inchieste; essendo l'Irpinia la terra di origine di De Mita, in cui egli godette sempre di grande influenza, il nome del politico democristiano ricorse spesso in queste inchieste.
Nel 1987 i giornali rivelarono che la Banca popolare dell'Irpinia aveva visto aumentare considerevolmente di valore le sue azioni grazie al flusso di fondi per la ricostruzione. Tra i soci che beneficiavano della situazione c'era la famiglia di De Mita, con Ciriaco proprietario di un cospicuo pacchetto di azioni, altri titoli erano posseduti anche da parenti. Il 3 dicembre 1988 il quotidiano del Partito Comunista Italiano, l'Unità, allora diretto da Massimo D'Alema, pubblicò un articolo in prima pagina dal titolo: «De Mita si è arricchito con il terremoto». De Mita rispose con una querela che però non ebbe seguito, poiché venne accettata la spiegazione di D'Alema che sostenne la mancanza del previsto punto di domanda finale alla frase a causa di un errore tipografico[31]. Nel 2008 De Mita dichiarò che D'Alema si era scusato con lui ammettendo che i suoi sospetti erano sbagliati.[32]
Sulle presunte speculazioni di De Mita sul terremoto nel 1989 Goffredo Locatelli pubblicò un libro, Irpiniagate. Ciriaco De Mita da Nusco a palazzo Chigi.[33]
Nel 1993 vicende giudiziarie legate allo scandalo dei finanziamenti della ricostruzione post-sismica in Irpinia coinvolsero il fratello Michele, provocando le dimissioni di De Mita dalla presidenza della Commissione bicamerale per le riforme elettorali. Michele De Mita venne in seguito prosciolto con formula piena con sentenza passata in giudicato.[34]
Tangentopoli
Quando scoppiò lo scandalo di tangentopoli, con l'inchiesta "Mani pulite", De Mita fu accusato dei finanziamenti illeciti confessati da Severino Citaristi, tesoriere di partito della DC. Grazie all'amnistia del 1990, avendo lasciato la segreteria DC nel 1989, De Mita non subì le conseguenze penali del processo e fu tra i pochi politici italiani di spicco a uscire dall'inchiesta senza condanne a suo carico. A essere condannati, nel correlato processo Enimont,[35] furono invece Forlani e Citaristi per il periodo non più coperto dall'amnistia.
Caso Parmalat e accusa di corruzione
De Mita fu accusato di corruzione in un filone laterale dello scandalo Parmalat: De Mita, insieme con Calisto Tanzi, al presidente della LiguriaClaudio Burlando, e all'ex presidente delle Ferrovie dello Stato Lorenzo Necci, è accusato per un presunto giro di tangenti pagate a politici dal gruppo di Collecchio per un progetto finalizzato alla costituzione di una joint venture fra la "Cit Viaggi" delle FS e la "Parmatour". L'ipotesi degli investigatori è che si sia tentato di scaricare sul partner pubblico i debiti del gruppo turistico della Parmalat. De Mita, che si proclama innocente, fu chiamato in causa da Calisto Tanzi, a cui lo lega una stretta amicizia.[36][37]
Appartamento a Roma
Alla fine degli anni '90 De Mita venne rinviato a giudizio dal Tribunale dei ministri con l'accusa di avere utilizzato fondi neri del Sisde per ristrutturare l'appartamento in cui viveva, in un palazzo settecentesco in via in Arcione a Roma, con vista sul giardino del Quirinale, ottenuto a equo canone dall'INPDAI quando era segretario della DC e Presidente del Consiglio.
A luglio 2010 nacque una polemica relativa all'acquisto da parte di De Mita, assieme alla moglie e ai figli Giuseppe e Antonia, dell'appartamento in via in Arcione a un prezzo molto inferiore a quello di mercato. De Mita acquistò il superattico su due piani di circa 550 metri quadrati, più 200 metri quadrati di terrazzo, per 3 415 700 euro dall'Inps, proprietaria dell'immobile in cui De Mita viveva in affitto dagli anni '80. Il Giornale stimò che in quella zona il prezzo al metro quadro delle abitazioni fosse di circa 15 000 euro, per cui l'ex presidente del Consiglio avrebbe pagato l'appartamento un terzo del suo reale valore.[38][39][40][41][42]
Controversie
Questa sezione contiene controversie da riorganizzare.
Da più voci fu accusato di aver applicato con disinvoltura la pratica delle raccomandazioni e del clientelismo[43][44][45] politico, favorendo l'ingresso in aziende pubbliche di amici e clienti.
Su stessa ammissione di Clemente Mastella, la sua assunzione alla Rai fu agevolata da una raccomandazione di De Mita. La redazione locale ove Mastella prese servizio proclamò tre giorni di sciopero contro l'ingresso in ruolo di un giornalista assunto senza regolare concorso e per nomina politica diretta.[46][47]
Sempre su segnalazione di De Mita entrò in Rai nel 1983Francesco Pionati,[33] parlamentare tra il 2006 e il 2013. Nel maggio 2011 Antonia De Mita, figlia di Ciriaco, racconta sulla sua pagina Facebook a proposito del deputato Francesco Pionati:
«Entrò in Rai con una pedata nel sedere atomica di mio padre, dal quale era sempre in coda a chiedere favori[48]»
Sempre su segnalazione di De Mita entrò in Rai anche Gigi Marzullo.[33] Quando nel 1988Pippo Baudo restò fuori dalla tv, dopo la rescissione consensuale del suo contratto con la Fininvest, fu De Mita, legato al conduttore da amicizia, ad assicurargli il ritorno in Rai nonostante la contrarietà dell'allora direttore Biagio Agnes.[49] Come dichiarò lo stesso De Mita, fu lui a chiedere a Biagio Agnes che Beppe Grillo rimanesse in Rai dopo il controverso pezzo che il comico genovese aveva portato al Festival di Sanremo contro i vertici del Partito Socialista Italiano.[50]
Secondo la testimonianza del pentito della 'ndrangheta Francesco Fonti, De Mita fu coinvolto, insieme ad esponenti della Democrazia Cristiana, nello smaltimento illecito di rifiuti tossici e radioattivi provenienti da aziende italiane e trasportati in Somalia.[54]
^Filippo Ceccarelli, Invano: Il potere in Italia da De Gasperi a questi qua, Feltrinelli.
«Infine il "Clan degli avellinesi", come lo battezzò poco amichevolmente Marco Pannella dopo l'ascesa di Ciriaco De Mita alla guida di piazza del Gesù.»
^M. Suttora, "L'Irpinia e De Mita", L'Europeo, 23 dicembre 1988
^Ad ammetterlo è stato lo stesso Mastella: "A farmi entrare alla Rai fu De Mita. Tre giorni di sciopero contro la mia assunzione. Ai colleghi replicai soltanto: e voi invece siete entrati per concorso!" (citato in Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, La casta, ISBN 978-88-17-01714-5, Rizzoli, 2007, pagina 112).
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