Nel 1939 prestò servizio dapprima in Puglia, poi in Ungheria, dove in qualità di istruttore collaborò all'addestramento alla caccia di 60 piloti militari dell'aviazione ungherese. Per il servizio prestato in terra magiara gli furono conferiti i prestigiosi riconoscimenti dell'Aquila di Santo Stefano (brevetto nazionale di pilota) e della Croce di Cavaliere dell'Ordine reale di Santo Stefano. Nel febbraio 1940 ottiene la promozione a sergente maggiore, andando in forza al 54º Stormo Caccia Terrestre.
Nell'agosto 1943 fu di stanza a Campoformido, in seno al 1º Stormo Caccia Terrestri. Si trovava su tale aeroporto si trovava quando a Cassibile fu firmato l'armistizio dell'8 settembre 1943 con gli angloamericani. Dopo la proclamazione dell'armistizio, in risposta all'appello lanciato dal tenente colonnelloErnesto Botto, decise di aderire alla Repubblica Sociale Italiana, entrando nella neocostituita Aeronautica Nazionale Repubblicana.[1] Assegnato alla 2ª Squadriglia "Diavoli Rossi" del 2º Gruppo caccia "Gigi Tre Osei", dotata di caccia Fiat G.55 Centauro, combatte nel Veneto orientale. Il 31 ottobre 1944 abbatté un Republic P-47 Thunderbolt, ma nel mese di dicembre, dopo uno scontro con dei caccia Supermarine Spitfire, deve atterrare in emergenza a Thiene. Nel marzo successivo abbatté un bombardiere North American B-25 Mitchell del 310° Bomber Group di base in Corsica. Nell'aprile del 1945 volò ad Aviano, a bordo di un caccia Me.109 biposto, per addestrare i piloti appena assegnati alla Squadriglia "Diavoli Rossi". Partecipò all'ultimo combattimento sostenuto dall'A.N.R. sul basso Garda nel quale perde la vita il sergente Renato Patton, l'ultimo caduto dell'Aviazione Repubblicana. Impegnato in un combattimento con i North American P-51 Mustang del 317º Fighter Squadron del 325º Fighter Group (soprannominato "Checkertail Clan") volò in coppia con l'aereo del sergente Antonio Tampieri. Attaccato e mitragliato dai caccia avversari, il suo aereo subì danni al serbatoio del glicol, mentre nel suo abitacolo si verificò un'esplosione. Stava per abbandonare l'aereo, ma poco prima di saltare scorse l'attacco alle spalle che stava per essere inferto al velivolo di Tampieri. Rientrò nell'abitacolo per avvertirlo con la radio, e quindi si lanciò ma rimase impigliato nell'antenna radio dell'aereo. Riuscì a liberarsi in extremis, appena in tempo per aprire il paracadute e salvarsi. Tampieri, avvertito del pericolo, evitò l'attacco e rientrò alla base.
La vita nel dopoguerra
Il 27 gennaio 1945 si sposò ed ebbe ben sette figli. Divenuto istruttore civile per guadagnarsi da vivere, si dedicò al volo sportivo. Formò una prima pattuglia acrobatica sportiva a 3, presso l'aeroporto di Boscomantico di Verona, denominata "Frecce Rosse".
Nel 1961 acquistò un velivolo Falco dalla ditta Aeromere di Gardolo, Trento. Già dai primi collaudi l'elica a passo variabile dell'aereo presentò qualche problema e fu sostituita con un'elica a passo fisso. Il 24-25 giugno dello stesso anno, con il Falco appena acquistato, partecipò al Giro del Golfo, al termine del quale l'aereo tornò a Gardolo per sostituire nuovamente l'elica. Gli fu applicata una nuova Aeromatic a passo variabile, l'unica disponibile in magazzino. Il 28 giugno partì per Catania e il 30 si trasferì a Palermo. Sabato 1º luglio aereo e pilota presero il via nel prestigioso Giro di Sicilia, completando la prima tappa, la Palermo-Catania.
Domenica 2 luglio ebbe inizio la seconda tappa, Catania-Palermo. Mentre si trovava sopra la spiaggia di Mare Grosso, nei pressi di Messina, l'elica non resse e si staccò una pala. In piena emergenza il pilota cercò di atterrare sulla spiaggia sottostante gremita di bagnanti e di scolaresche, sbracciandosi come poteva, ma i suoi gesti disperati furono scambiati per saluti. Decise allora di ammarare, una manovra più che abbordabile per un pilota della sua esperienza e abilità. Nell'impatto con l'acqua egli sbatte la testa contro la struttura metallica della radio, perdendo i sensi. Il velivolo sprofondò, ed il pilota perì per trauma cranico all'interno dell'abitacolo. L'aereo sarà recuperato solamente tre giorni dopo, a causa delle forti correnti presenti in zona.
Il suo gesto eroico sarà onorato dalla Fondazione Carnegie che gli assegnò la Medaglia d'argento al valore civile:
«Il consiglio di amministrazione nell'adunanza Del 30 maggio 1963 ha accordato la medaglia di secondo grado alla memoria di Covre Tullio, pilota, per il seguente atto di eroismo da lui compiuto il 2 luglio 1961 in Messina: Mentre partecipava al giro aereo della Sicilia, trovandosi in difficoltà per avaria al motore, tentava un atterraggio di fortuna sulla spiaggia tentando di far allontanare i numerosi bagnanti, tra i quali molti bambini di una colonia; ma i suoi segni venivano interpretati come un saluto affettuoso e nessuno si allontanava. Per evitare una sicura strage riusciva a dirottare verso il mare, inabissandosi con l'apparecchio: fulgido esempio del più nobile altruismo.»
«Pilota da caccia di grande perizia e ardimento nella battaglia della Marmarica, in aspri e violenti combattimenti, sosteneva valorosamente l'urto delle superiori forze nemiche e contribuiva all'abbattimento di numerosi velivoli avversari. Cielo della Marmarica, novembre-dicembre 1941.» — Regio Decreto 17 agosto 1942.
«Pilota di grande ardire ed entusiasmo, portava nel combattimento di Sidi El Barrani la fede e lo slancio dei cacciatori d'Italia. Cooperava all’abbattimento di 12 apparecchi, 50 mezzi meccanizzati, attendamenti e baracche, portando la distruzione in campo avversario. In un successivo combattimento cooperava all'abbattimento di 14 aerei nemici. Cielo di Sidi El Barrani, 3 settembre 1941.»
Gianni Rocca, I disperati - La tragedia dell'aeronautica italiana nella seconda guerra mondiale, Milano, 1993, ISBN88-04-44940-3.
Periodici
Enrico Leproni, Fiat G.50 sull'Inghilterra, in Storia Militare, N.180, Roma, Associazione Arma Aeronautica, settembre 2008, pp. 4-15.
Daniele Lembo, A.N.R. - Un'aviazione da caccia, in Aerei nella storia, supplemento ad Aerei nella storia nº 75, dicembre 2010-gennaio 2011, ISSN 1591-1071.
Giovanni Massimello, Ancora sugli assi italiani, in Storia Militare, n. 28, Parma, Ermanno Albertelli Editore, gennaio 1996, pp. 15-19.