AntislamismoL'antislamismo è l'opposizione e critica all'islamismo, cioè all'Islam politico, un insieme di ideologie che ritengono che l'Islam debba guidare la vita sociale e politica così come la vita personale. L'antislamismo non va confuso con l'islamofobia, che indica pregiudizio e discriminazione verso l'Islam come religione e verso i musulmani come credenti.[1] La critica all'Islam politico nella storiaLa critica all'organizzazione delle società islamiche prende corpo dopo la Rivoluzione francese e la codificazione della distinzione tra Chiesa e Stato in occidente. Tale dottrina (secolarismo) viene utilizzata come metro di giudizio rispetto alle società extra-europee tradizionali, incluse quelle in cui il diritto e le istituzioni politiche sono basate sulle norme religiose. Secondo Alexis de Tocqueville, "Maometto ha inserito nel Corano non solo un corpo di dottrine religiose, ma anche massime politiche, norme civili e penali e teorie scientifiche. Il vangelo, al contrario, parla solo di relazioni generali fra uomo e Dio e fra uomo e uomo, oltre alle quali non inculca e impone alcun obbligo. "[senza fonte] Mustafa Kemal Atatürk, fondatore della Turchia moderna, abolì la religione di Stato nel suo paese. Viene a volte a lui attribuita la seguente affermazione, relativa all'Islam: «Per quasi cinquecento anni, queste regole e teorie di un vecchio arabo e le interpretazioni di generazioni di religiosi pigri e buoni a nulla hanno deciso il diritto civile e penale della Turchia. Loro hanno deciso quale forma dovesse avere la Costituzione, i dettagli della vita di ciascun turco, cosa dovesse mangiare, l’ora della sveglia e del riposo, la forma dei suoi vestiti, la routine della moglie che ha partorito i suoi figli, cosa ha imparato a scuola, i suoi costumi, i suoi pensieri e anche le sue abitudini più intime. L’Islam, questa teologia di un arabo immorale, è una cosa morta. Forse poteva andare bene alle tribù del deserto, ma non è adatto a uno Stato moderno e progressista. La rivelazione di Dio! Non c’è alcun Dio! Ci sono solo le catene con cui preti e cattivi governanti inchiodano al suolo le persone. Un governante che abbisogna della religione è un debole. E nessun debole dovrebbe mai governare.[senza fonte]» L'anticlericalismo turco verrà imitato in seguito dallo scià iraniano Mohammad Reza Pahlavi negli anni Sessanta, con alterni risultati fino alla sua deposizione e all'avvento della repubblica islamica nel 1979. L'Islam politico ha guadagnato particolare attenzione dal 1979, quando si affermò in Iran la Repubblica Islamica propugnata dall'Ayatollah Khomeini come modello politico contemporaneo di Stato e società guidata dai principi islamici, interpretati dai giurisperiti (velayat e faqih), in particolare a riguardo della mancanza di democrazia e diritti umani in tale paese (si veda la questione della Fatwā contro Salman Rushdie e della pena di morte in Iran). Il dibattito sull'Islam politico ha ripreso vigore dopo l'attentato al WTC, fino a sfociare nell'antislamismo e nell'islamofobia. Il modello sociopolitico del fondamentalismo salafita-wahhabita è stato oggetto di critiche di molteplici commentatori occidentali, che l'hanno variamente indicato come "nuovo totalitarismo". Tra questi il politologo francese Alexandre Del Valle nel libro Il totalitarismo islamista all'assalto delle democrazie[2], o l'appello "Insieme contro il nuovo totalitarismo" dopo le violente manifestazioni scoppiate all'indomani della pubblicazione delle caricature di Maometto sul Jyllands-Posten.[3] In Italia tali tesi sono state portate avanti dalla scrittrice fiorentina Oriana Fallaci, rifacendosi anche alle tesi di Bat Ye'or sull'Eurabia, oltre che dal giornalista italo-egiziano Magdi Allam.[4] Altri famosi esponenti del movimento antislamista negli Stati Uniti includono i giornalisti e saggisti Claire Berlinski, George Weigel, Tony Blankley, Bruce Bawer, Christopher Hitchens, Daniel Pipes e Mark Steyn. Critiche all'Islam politicoL'antislamismo si oppone all'idea che uno Stato sia regolato sui precetti dell'Islam per due principali motivi, uno teorico ed uno empirico. In primo luogo l'antislamismo, richiamandosi anche all'anti-religiosità degli illuministi e alla laicità dello Stato, si oppone all'idea, propugnata dall'Islam politico, che lo Stato debba essere guidato dai principi religiosi.[5] Infatti una teocrazia o anche uno Stato fondato su una qualsivoglia religione, si basa su leggi divine non soggette a critica o discussione. In secondo luogo l'antislamismo si basa sull'analisi delle conseguenze sulla società dell'applicazione della sharīʿa, che valuta decisamente negative. [senza fonte] Forma di StatoUna critica all'islamismo deriva dal rifiuto da parte del mondo occidentale del modello "integralistico" islamico che è accusato di voler estendere i propri principi etico-religiosi anche al campo della politica, la critica nei confronti dell'islamismo ripropone il sempre vivace confronto tra ideali laici e ideali religiosi. Il fatto che, nell'ultimo secolo, il mondo islamico sia stato caratterizzato da un gran numero di guerre, di violenti rivolgimenti sociali e politici, da una diffusa intolleranza verso le minoranze culturali - etniche e religiose che siano - e dall'ostilità nei confronti dei processi emancipazionistici femminili[senza fonte], ha fatto bollare il mondo islamico come arretrato e "medievale". Quest'ultimo reagisce ricordando che[senza fonte] colonialismo, stalinismo, fascismo, nazismo o franchismo, con le loro numerose decine di milioni di morti, sono stati fenomeni tipicamente occidentali. Inoltre, agli occhi dei paesi musulmani, il mondo nato dopo la seconda guerra mondiale appare sempre più preda di egoismi e di irreversibile decadenza morale. Il mondo islamico giudica spesso, per i motivi sopra riportati, l'Occidente più prepotente che potente, non in condizione di ergersi a giudice dell'altrui moralità e illiberalità, preda com'è di un crescente "relativismo etico" che è giudicato del tutto carente di valori di fondo. L'Occidente, a sua volta, qualifica questo atteggiamento come marca di tolleranza e di libertà di pensiero[senza fonte].[senza fonte] Diritti umani e civiliGli antislamisti accusano gli stati musulmani di non rispettare i diritti umani e quelli civili. Una forte critica è inoltre espressa verso la mancata sottoscrizione della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo che "stabilisce una intesa comune fra i popoli del mondo riguardo ai diritti inalienabili ed inviolabili di tutti i membri della famiglia umana e costituisce un obbligo per i membri della comunità internazionale" (Secondo comma della Proclamazione di Teheran)[6] da parte degli Stati islamici che hanno preferito formulare una propria Dichiarazione islamica dei diritti dell'uomo che sancisce differenze di diritti e di doveri tra uomo e donna, musulmano e non musulmano secondo i dettami coranici. Libertà religiosaSebbene il Corano reciti «Non c'è costrizione nella religione» per cui vi è esplicitamente riconosciuto il diritto alla libertà di fede, in vari stati a maggioranza musulmana, i non musulmani sono soggetti a forti discriminazioni anche in ossequio a quest'altro dettame coranico: «Combattete coloro che non credono in Allah e nell'Ultimo Giorno, che non vietano quello che Allah e il Suo Messaggero hanno vietato, e quelli, tra la gente della Scrittura, che non scelgono la religione della verità, finché non versino umilmente il tributo, e siano soggiogati.» Nonostante secondo la tradizione musulmana questo versetto fu rivelato per autorizzare la guerra contro i bizantini, dopo che questi ultimi, dopo aver occupato Tabuk, minacciavano la stessa Medina, (non autorizzava quindi la guerra indiscriminata contro tutti i non musulmani[7]), dopo la morte di Maometto i musulmani lo utilizzarono come pretesto per avviare l'espansione islamica e conquistare vaste aree dell'impero bizantino e persiano. I popoli conquistati che non si convertivano all'islam prendevano lo status di dhimmi. Alcuni storici moderni come Bernard Lewis, pur riconoscendo lo status d'inferiorità cui i dhimmi erano sottoposti nei territori musulmani notano che sotto molti aspetti la loro posizione era "molto più facile di quella dei non cristiani o anche dei cristiani eretici nell'Europa medievale"[8] In alcuni stati musulmani, come ad esempio in Arabia Saudita, esiste una polizia religiosa che agisce con ampi margini di discrezionalità. Nel 2005 la polizia religiosa saudita ha arrestato Fawza Falih perché accusata di stregoneria da un uomo che dichiarava di essere divenuto impotente a causa sua. Riconosciuta colpevole anche grazie ad una confessione estorta con la violenza, è stata condannata a morte nell'aprile 2006[9]. I media occidentali riportano che in Arabia Saudita l'intolleranza verso le altre religioni arriva al punto di boicottare o vietare feste non islamiche come quella di san Valentino[10]. I media Arabi al contrario, affermano che in Arabia Saudita la festa di San Valentino è molto sentita anche se controversa, e non è soggetta a particolari divieti.[11] Andrebbe tuttavia sottolineato il fatto che le polemiche sul jihād e l'assoggettamento etico, giuridico e sociale dei non-musulmani (Ahl al-Kitāb) all'Islam sembrano accettare anche da parte occidentale il principio astorico sostenuto da una parte (consistente) dell'Islam, che pretenderebbe che tali assunti siano eterni e immodificabili. Tutto ciò mostra un difetto metodologico di storicizzazione e ignora il fatto che una parte (ancora minoritaria) del mondo intellettuale islamico considera sempre più il Corano un testo risalente al VII secolo d.C. in cui, a fianco di alcuni principi assoluti e immodificabili (per lo più rivelati nel primo periodo meccano) se ne sono poi aggiunti altri al momento della necessaria e impellente organizzazione socio-politica della Umma. Tali principi, variamente modificati dalla ineffabile volontà di Allāh, in base al principio accettato del "versetto abrogante e versetto abrogato" (al-nāsikh wa al-mansūkh), si riferiscono, nel caso del jihād e della superiorità etica, giuridica e sociale fra i musulmani al periodo in cui la Umma affrontava militarmente le soverchianti società politeistiche della Penisola Araba, ferocemente avverse al modello islamico che si andava costituendo e che rischiava concretamente di sostituirsi del tutto ad esse. Trattamento contemporaneo degli apostatiOggi, dei 57 paesi a prevalenza musulmana che fanno parte della Organizzazione della Conferenza Islamica, cinque rendono l'apostasia dall'Islam un crimine punibile con la morte, tra cui Afghanistan, Arabia Saudita, Iran, Sudan, e Yemen. Ciò nonostante, secondo il Dipartimento di Stato statunitense, non vi sono stati rapporti di tali esecuzioni da questi governi in diversi anni[13]. D'altra parte, in Pakistan, gli attacchi da parte di vigilantes nei confronti di sospetti convertiti sono diffusi[14], inoltre nello stesso Pakistan ed Iran sono in discussione leggi che prevedono la pena capitale[15]. «un considerevole numero di nostri predecessori (Salaf[16]) sono concordi nel dire che non tutti quelli che abbandonano l'Islam debbano essere giustiziati, ma piuttosto quelli che in pubblico dichiarano la loro azione e possono causare fitna denigrando il nome di Allah l'Altissimo, il Suo Profeta* o i musulmani.» Questo punto di vista ha trovato conferma nel 2008 con il caso dell'egiziano Mohammad Ahmad Hegazi che, convertitosi al Cristianesimo, aveva chiesto che questa sua decisione fosse ufficialmente riconosciuta trascrivendola sulla propria carta di identità. In Egitto, infatti, questa è una delle informazioni presenti sul documento di identità. La richiesta è stata però rigettata in quanto un tribunale ha sentenziato che: «Le religioni monoteiste sono state inviate da Dio secondo un ordine cronologico... Il fatto di ritornare dalla religione più recente a quella più antica è contro i nostri usi [perciò chiunque faccia tale scelta] si allontana dal diritto cammino e minaccia i principi, i valori, i precetti dell'Islam e la tradizione egiziana» mentre Su'ad Saleh, preside della Facoltà di studi islamici e arabi dell'Università al-Azhar (uno dei principali centri d'insegnamento religioso dell'Islam sunnita) ha emesso una fatwa di condanna a morte in quanto Hegazi ha reso pubblica la sua conversione e si è fatto fotografare con il Vangelo, opinione condivisa da molti altri ʿulamāʾ secondo il quotidiano governativo al-Misri al-Yawm (L'Egiziano oggi).[17] La pena è stata poi comunque sospesa nella primavera del 2010.[18] Nel 1993, il matrimonio del noto studioso e professore egiziano Naṣr Ḥāmid Abū Zayd fu ufficialmente annullato da una corte egiziana, in quanto egli era stato giudicato apostata sulla base dei suoi scritti scientifici riguardanti il rapporto fra Corano e storia e la rivisitazione critica dell'impatto sulla cultura islamica dell'antico Mutazilismo. Zayd dovette rifugiarsi in Europa con sua moglie (studiosa anch'essa di vaglia) che non aveva alcuna intenzione di separarsi da lui (fonte). Naṣr Ḥāmid Abū Zayd trovò quindi ospitalità nei Paesi Bassi, ricevendo per i suoi incontestabili meriti scientifici una cattedra d'insegnamento nella prestigiosa università di Utrecht, all'interno della quale ha potuto proseguire nelle sue ricerche e nell'approfondimento delle sue riflessioni filosofico-teologiche che gli valgono la stima degli studiosi del settore e l'invito a svolgere conferenze nei principali atenei - specializzati nelle discipline "orientalistiche" e non - del mondo intero. Un altro professore egiziano, Farag Foda, era stato ucciso nel 1992 da uomini mascherati dopo aver criticato i fondamentalisti musulmani ed aver preannunciato un progetto per formare un nuovo movimento, aperto agli egiziani appartenenti a tutte le religioni.[19] Il caso Abdul RahmanAll'inizio del 2006 l'afghano Abdul Rahman fu arrestato e trattenuto dalle autorità del suo paese dopo essere stato denunciato da alcuni suoi familiari e trovato in possesso di una bibbia. Gli inquirenti ne chiesero sulle prime la pena di morte, ma in seguito venne rilasciato e gli fu offerto il diritto di asilo in Italia a causa di numerose pressioni internazionali tra le quali una dichiarazione pubblica del Segretario di Stato statunitense, Condoleezza Rice e di un'azione diplomatica riservata condotta dall'Ambasciata italiana a Kabul e del ministro degli esteri italiano, all'epoca Gianfranco Fini.[20][21] L'asilo fu concesso anche per la lunga e persistente tradizione afghana di concedere ufficiosamente alla famiglia dell'offeso (in questo caso all'ex-moglie di Abdul Rahman) il diritto di eseguire la pena capitale in prima persona. Il governo filo-occidentale di Karza'i non poté opporsi a questa norma non scritta (come pure non poté impedire l'indagine sulla perseguibilità o meno di Abdul Rahman) senza il gravissimo rischio di inimicarsi tutto l'ambiente religioso afghano che avrebbe avuto gioco facile nell'additare il governo di Kabul come un agente passivo della volontà dell'Occidente cristiano, minandone concretamente le già fragili basi di consenso. Pena di morteLa Sharīʿa consente la pena di morte in quattro casi:
Ciò che è esplicitato nel Corano (costituendo i cosiddetti "limiti di Dio", o ḥudūd Allāh, all'operato umano) riguarda tuttavia solo l'omicidio ingiusto di un musulmano e si basa sul disposto di Cor., II:178 che afferma: "O voi che credete! In materia d'omicidio v'è prescritta la legge del taglione: [uomo] libero per uomo libero, uomo schiavo per schiavo, donna per donna... - Yā ayyuhā alladhina amanū, kutiba ʿalaykum al-qiṣāṣ fī l-qatli: al-ḥurr bi-l-ḥurri wa al-ʿabd bi-l-ʿabdi wa l-untha bi-l-untha...". Per altre fattispecie penali il Corano preannuncia solo la grave illiceità di simili azioni e un duro castigo nell'Aldilà. Il disposto della pena capitale è quindi in questi casi stabilito solo in base ai diversi ḥadīth fatti propri dalla Sunna. Altri esempi in cui il Corano prescrive esplicitamente la pena di morte nella vita terrena sono i seguenti: In quanto di derivazione divina, la sanzione della pena di morte per l'omicida appare immodificabile agli occhi del credente ma se la pena irrogata in alcuni paesi musulmani sono effettivamente quelle previste dal Testo sacro dell'Islam e dalla Sunna, in numerosi altri Paesi tali disposizioni sono semplicemente disattese, in quanto i legislatori hanno deciso di non interpretare alla lettera le disposizioni religiose. Questo è uno dei motivi tra l'altro per cui la parte più conservatrice dell'opinione pubblica di determinati Stati pretende il ritorno alla Sharīʿa, ridotta sovente a semplice fonte ispiratrice dell'ordinamento giuridico vigente, e all'applicazione della pena capitale prevista dalla Sharīʿa nei casi già ricordati. Diritto di famigliaUn altro principio islamista fortemente criticato dai suoi oppositori è la forma patriarcale della famiglia, considerata dagli antislamisti come maschilismo. Tale forma sembra trarre fondamento dal Corano, ed in particolare da: «Gli uomini sono preposti alle donne, a causa della preferenza che Allah concede agli uni rispetto alle altre e perché spendono [per esse] i loro beni. Le [donne] virtuose sono le devote, che proteggono nel segreto quello che Allah ha preservato. Ammonite quelle di cui temete l'insubordinazione, lasciatele sole nei loro letti, battetele. Se poi vi obbediscono, non fate più nulla contro di esse. Allah è altissimo, grande» idee ribadite nell'articolo 19 della dichiarazione islamica dei diritti dell'uomo: «...Ognuno degli sposi ha dei diritti e dei doveri nei confronti dell'altro che la Legge islamica ha definito con esattezza: «Le donne hanno dei diritti pari ai loro obblighi, secondo le buone convenienze. E gli uomini hanno tuttavia una certa supremazia su di loro» (Cor. 2, 228). Il padre deve provvedere all'educazione dei figli, da un punto di vista fisico, morale e religioso, in conformità alla fede e alla sua Legge religiosa. Egli ha la responsabilità di scegliere la direzione che vuole dare alla loro vita: «Ognuno di voi è un pastore; ognuno di voi è responsabile del suo gregge» (ḥadīth).» da cui consegue che le donne sono legalmente private di alcuni fondamentali diritti umani e civili: non godono della libertà di movimento, della libertà di espressione e di parola; non possono procedere negli studi, né tanto meno fare carriera o ricoprire cariche o posizioni di responsabilità in campo civile o religioso; non possono decidere il proprio destino né quello dei propri figli e sono totalmente sottomesse all'uomo, da cui possono venire ripudiate (e non viceversa); sono eventualmente costrette a convivere con altre mogli scelte dall'uomo (mentre la poliandria non è ammessa); e sono obbligate a coprire il proprio corpo e spesso anche il viso. Così accade che in Arabia Saudita i muṭawwiʿa (membri della polizia religiosa) possano arrestare una donna d'affari con doppia cittadinanza americana e saudita perché conversa in un locale pubblico con un uomo che non era suo marito[23] È facile obiettare che un orientamento maschilista della società non è esclusivamente il frutto voluto e imposto dell'Islam, che trovò infatti un tale tipo di mentalità già fortemente affermato in molte società che successivamente si islamizzarono. Del pari dicasi dell'imposizione di certe forme d'abbigliamento (tra cui hijab, burka, e altro ancora), considerate islamiche solo in virtù delle prese di posizione dalla parte più tradizionalista della società islamica e in pratica subite dalla parte restante. Denunce molto forti sul maschilismo delle società musulmane (incluso le comunità che si trovano in Occidente) sono oggi portate soprattutto da Asra Nomani, scrittrice e giornalista statunitense di origine indiana, musulmana, femminista ed attivista dei Movimenti liberali nell'Islam che sull'argomento ha redatto la Carta dei diritti per le donne nella moschea e nella stanza da letto ed una lista di 99 precetti per promuovere un Islam più progressista. Delitti d'onoreDiffuso nei paesi islamici e nelle comunità musulmane delle società occidentali[senza fonte] è il delitto d'onore che vede le donne vittime di rapimenti, segregazioni in casa, schiavitù, costrette a matrimoni combinati anche all'estero o anche di assassini. Ad esempio in paesi come l'Iran il padre è considerato "proprietario del sangue" delle figlie e può disporre della loro vita[senza fonte] così la loro uccisione se considerato delitto d'onore (spesso perpetrato attraverso la lapidazione[24]) è un'attenuante e porta a condanne da 3 a 9 anni[senza fonte] quando la pena prevista per l'omicidio è l'impiccagione[25]. La Commissione nazionale per i diritti umani del Pakistan nei suoi rapporti denuncia il progressivo aumento di violenze contro le donne considerate poco islamiche o infedeli[26]. La violenza contro le donne non sono esclusiva dei paesi a maggioranza musulmana, ma sono anche presenti nelle comunità islamiche dei paesi occidentali. Ad esempio nel febbraio 2008 il quotidiano britannico The Independent ha denunciato che annualmente nel Regno Unito sono vittime di cosiddetti crimini di onore (rapite, segregate in casa, rese schiave, costrette a matrimoni combinati anche all'estero, assassinate) ben 17.000 donne tra cui 12 assassinii[27]. Casi analoghi sono stati denunciati anche in Italia. Ha fatto scalpore all'epoca la notizia di cronaca dell'omicidio avvenuto nel 2006 a Brescia, di Hina Saleem da parte del padre e dai maschi della famiglia di origini pakistane che non sopportavano la decisione della ragazza di adottare stili di vita occidentali[28]. Matrimoni temporaneiL'Islam sciita (ma non quello sunnita) prevede l'istituto del matrimonio temporaneo per il quale il marito si impegna a versare alla moglie una dote per un matrimonio "con termine prefissato" (ilā ajal musammā). Per tale matrimonio (definito "di godimento", ossia nikāḥ al-mut'a), è necessario il consenso diretto della donna (non è ammesso il consenso dato dal tutore matrimoniale, o walī). Il matrimonio temporaneo è chiamato sigheh in Iran, ʿurfī in Egitto, mutʿa in Iraq e può durare da pochi minuti (legalizzando, secondo la visione moralistica di alcuni critici, in qualche modo la prostituzione, altrimenti sanzionata con la pena di morte) a diversi anni. Va detto che il matrimonio a termine prevede però l'obbligatorietà del consenso della donna, il ricevimento da parte sua del dono nuziale, né va trascurato che l'obbligo del mantenimento e dell'educazione dell'eventuale figlio incombe sul solo padre. Il matrimonio a tempo, inoltre, crea un vincolo a tutti gli effetti valido di coniugio, con la conseguente vocazione ereditaria per il coniuge sopravvissuto. Da segnalare che a favore della matrimonio temporaneo si è coerentemente pronunciato anche l'influente Grande Ayatollah Ali al-Sistani, vista la liceità per lo sciismo di tale pratica[30]. Matrimoni mistiSecondo il Corano, a un musulmano è permesso sposare una cristiana o un'ebrea poiché le loro sono religioni del Libro. Nonostante il Corano non lo proibisca, molti musulmani credono[senza fonte] che a una donna musulmana le nozze con un uomo di fede diversa siano proibite. Per questo motivo in molti paesi a maggioranza islamica l'unione non può essere celebrata[senza fonte]. OmosessualitàImportante argomento antislamista è il modo in cui sono trattati i rapporti omosessuali nei paesi islamici che portano ufficialmente alla pena di morte in Arabia Saudita, Iran, Mauritania, Sudan, Somalia, Somaliland e Yemen, malgrado il Corano non sanzioni in alcun modo il fenomeno[31][32]. In altre nazioni musulmane come Bahrein, Qatar, Algeria e Maldive, l'omosessualità è punita con il carcere, con pene pecuniarie o pene corporali. Solo in una piccola minoranza, dov'è forte lo spirito laico (tra cui Turchia, Giordania, Mali, Albania), i rapporti omosessuali non sono specificatamente sanzionati dalla legge. La questione dell'età di AishaUna delle critiche che più vengono rivolte a Maometto sono quelle per il suo matrimonio con ʿĀʾisha. Secondo numerose attestazioni di diversi hadīth ʿĀʾisha aveva 6 anni in occasione del suo matrimonio formale e 9 anni al momento della prima consumazione[33] e fu con lui fino alla sua morte nel 632, mentre secondo qualche altro ḥadīth ʿAʾisha aveva 7 anni quando contrasse il matrimonio e 10 quando lo consumò. Il Profeta la sposò dopo un ordine divino ricevuto dall'arcangelo Gabriele. Secondo la maggior parte delle fonti tradizionali classiche più autorevoli (tra cui Ibn Ishaq, Ṭabarī, Waqidi, Ibn Sa'd, Ibn Kathir), all'età di sei anni sarebbe stata data in sposa a Maometto che aveva già 50 anni circa, divenendo la terza moglie e la favorita del profeta della religione islamica.[34] Una fonte la vuole invece sposata a 10 anni con consumazione a 15[35] anche se, con ogni probabilità, l'età di dieci anni deve essere riferita alla consumazione del matrimonio, non alla stipula del contratto nuziale tra Abū Bakr (tutore della figlia) e Maometto. Vi sono comunque studiosi musulmani che sostengono che i dati riguardanti l'età di Maometto e di ʿĀʾisha siano contraddittori e che ʿĀʾisha poteva essere d'età alquanto maggiore[36][37]. In particolare la studiosa Ruqaiyyah Waris Maqsood, incrociando diverse fonti autorevoli, giunge alla conclusione che ʿĀʾisha avesse un'età compresa tra i 14 e i 24 anni, e molto probabilmente 19 anni, al momento del matrimonio[38]. Questa ipotesi è congruente col fatto che, secondo il più antico e più autorevole biografo del profeta Maometto, Ibn Ishaq, ʿĀʾisha era "nata nella Jāhiliyya", vale a dire prima del 610[39], e che le tradizioni sull'età di 9 anni di ʿĀʾisha provengono tutte da Hisham ibn 'Urwa, sulla cui affidabilità molto si discute tra gli stessi studiosi di ḥadīth, specialmente per quelli di provenienza irachena,[40] senza trascurare il fatto che, secondo il noto storico Ṭabarī, ʿĀʾisha sarebbe stata fidanzata addirittura prima del 610 al figlio di un capo-clan meccano, Jābir ibn al-Mut'im ibn Uday. L'età di ʿĀʾisha costituisce un problema particolare per alcuni non-musulmani che, applicando categorie valide nei tempi più recenti, deprecano che Maometto abbia potuto avere relazioni sessuali con una bambina. In alcuni paesi vicino-orientali ed africani la distinzione tra bambine e donne è considerata la prima mestruazione, che per lo più avviene intorno ai 12 anni, e la fascia d'età dei 12-14 anni era considerata quella prevalente per la consumazione del matrimonio. Tuttavia la moglie del profeta era decisamente più piccola anche di questo standard e il fatto non doveva essere molto comune neanche all'epoca. Colin Turner, professore medievista e iranista della britannica Durham University, dichiarò che la consumazione del rapporto quando ʿĀʾisha era così giovane non era una cosa straordinaria in quell'epoca ed in quella cultura. Le relazioni sessuali fra un uomo maturo e una ragazza assai giovane erano - e sarebbero tuttora - un costume diffuso fra i beduini, al pari di molte altre culture del mondo. Turner scrisse che, ad ogni modo, in numerosi testi islamici si dice che gli Arabi raggiungevano la pubertà in un'età precoce.[41] La studiosa finlandese Hilma Granqvist lavorò nel villaggio palestinese di Arṭās negli anni venti del XX secolo e raccolse dati antropologici particolarmente rilevanti, studiando da vicino le tradizioni matrimoniali degli Arabi palestinesi, non necessariamente solo musulmani, bensì anche cristiani. Grandqvist aveva studiato le classi di età delle donne, parlando della fascia d'età di ragazze di 12-14 anni, "in età di matrimonio,"[42] identificata con l'espressione araba miǧwiz(i) o ʿezz ǧizte, parlando inoltre di quelle ragazze che "hanno un bimbo in grembo senza essere completamente sviluppate [fisicamente]":[43] segno evidente dell'età estremamente precoce in cui si tendeva a consumare il matrimonio. Accuse analoghe sono anche rivolte a San Giuseppe.[44][45][46] Il dibattito interno all'IslamLa proposizione di un modello di stato totalitario trae origine dalla interpretazione letterale dei singoli versi del Corano, giudicati dai musulmani come eterni ed immodificabili, e dall'organizzazione e la cultura della società islamica originaria che era, come tutte le società del VII secolo), totalitaria. Questa lettura, definibile come fondamentalista, è criticata da alcuni intellettuali musulmani contemporanei che ne propongono, invece, una reinterpretazione complessiva contestualizzata al periodo storico in cui i testi sacri furono composti, così da cercarvi insegnamenti fedeli allo spirito piuttosto che alla lettera delle scritture. Questa nuova impostazione ha interessanti risvolti anche dal punto di vista politico per quanto attiene alla forma di stato poiché consente di superare il fondamentalismo e portare la società ad un nuovo livello di sviluppo: il postislamismo. Ad esempio l'iraniano Mohammad Mojtahed Shabestari mette in gioco tutta la sua autorevolezza di esponente del regime della prima ora per affermare la necessità di distinguere i valori religiosi eterni dai fatti contingenti, interpretando le scritture in una dimensione più alta ed ampia in cui i valori religiosi sono separati dalle realtà secolari. In questo modo, sebbene incompatibili con la lettera del Corano, in seno all'Islam sarebbe ammissibile concepire anche democrazia e diritti umani in quanto conquiste moderne dell'umanità che riguardano solo la sfera secolare dell'uomo e non incidono in alcun modo su quella religiosa. La posizione di questi e di altri pensatori islamici è, però, decisamente elitaria, spesso espressione delle sole società iraniana e turca e con uno scarso seguito popolare da parte dei fedeli musulmani, oltre un miliardo di persone.[senza fonte] Le reazioni in OccidenteLibertà di espressione ed autocensuraOccasione di contesa antislamista sono le periodiche frizioni tra Islam e media (non solo occidentali) quando il tema "Islam" è trattato con articoli, libri, discorsi o programmi televisivi informativi, comici o satirici. Non di rado, infatti, queste manifestazioni del pensiero provocano proteste violente e scatenano anche vere persecuzioni contro gli autori che, se occidentali, sono costretti a vivere nascosti o sotto protezione, se provenienti da paesi islamici, a fuggire in esilio o affrontare il carcere. A volte sono anche uccisi. A questo proposito è utile ricordare il primo comma dell'Art. 12 della dichiarazione islamica dei diritti dell'uomo: «Ogni persona ha il diritto di pensare e di credere, e di esprimere quello che pensa e crede, senza intromissione alcuna da parte di chicchessia, fino a che rimane nel quadro dei limiti generali che la Legge islamica prevede a questo proposito. Nessuno infatti ha il diritto di propagandare la menzogna o di diffondere ciò che potrebbe incoraggiare la turpitudine o offendere la Comunità islamica: «Se gli ipocriti, coloro che hanno un morbo nel cuore e coloro che spargono la sedizione non smettono, ti faremo scendere in guerra contro di loro e rimarranno ben poco nelle tue vicinanze. Maledetti! Ovunque li si troverà saranno presi e messi a morte» (Cor. 33, 60-61).» Il comprensibile timore di ritorsioni di fanatici, gruppi terroristici o degli stessi governi islamisti, si traduce, secondo gli antislamisti, in una quotidiana e generalizzata autocensura del tema. Questo è tanto più evidente quando si nota, anche nelle democrazie laiche e secolari, una pressoché totale assenza del tema "Islam" nella satira o tra i comici, nella pubblicità ed anche nelle inchieste giornalistiche[senza fonte] che, quando in incognito, hanno messo in luce un aspetto violento e retrogrado dell'Islam, dagli antislamisti creduto quello "vero". Esempio emblematico è il notissimo caso delle caricature di Maometto sul Jyllands-Posten, nato dalla lamentela dello scrittore danese Kare Bluitgen di non riuscire a trovare disegnatori disposti ad illustrare un suo libro per bambini che raccontava la vita di Maometto. Il direttore del Jillands Posten, a mo' di sfida, indisse quindi un concorso per delle vignette satiriche sul Profeta islamico che dovevano accompagnare un'inchiesta sull'autocensura e la libertà di espressione. La loro pubblicazione (30 settembre 2005) suscitò proteste violentissime e durature. In Italia, fra i pochi esempi recenti di satira o comici verso esponenti politici musulmani si ricorda il programma Le Iene di Italia Uno, con Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu che nel 2003 interpretavano Osama bin Laden e il suo interprete[47] (personaggi che proposero anche in teatro[48]), Crozza Italia su LA7 con Maurizio Crozza che nel 2006 prendeva di mira il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad ed il Bagaglino su Canale 5 con Oreste Lionello che imitava ancora bin Laden. Nell'ottobre del 2008 il direttore generale della BBC rispondendo ad una domanda del comico Ben Elton (che criticava il fatto che sulla BBC fosse permessa la satira nei confronti del Cristianesimo ma bloccata quella nei confronti dell'Islam) ha giustificato tale autocensura sostenendo la necessità di usare maggiore cautela nei confronti di una minoranza suscettibile come quella musulmana.[49][50] Il comico Ben Elton ha in seguito sostenuto che le reali motivazioni di queste censure siano in realtà il timore di ritorsioni[senza fonte].
Alcuni famosi casi legati a trasmissioni televisive sono:
Integrazione degli immigrati musulmaniNelle moderne società europee sempre più multietniche è molto dibattuto il tema dell'accoglienza dei migranti che legalmente o illegalmente vi giungono in sempre maggior numero e che, a livello politico, si dovrebbero integrare attraverso pratiche politiche quali il multiculturalismo (Paesi Bassi, Gran Bretagna, Svezia), l'Interculturalismo (Italia), l'Assimilazionismo (Francia) e così via. Secondo gli antislamisti questi modelli di accoglienza sono falliti nel caso dei migranti musulmani[58] perché, come mostrano alcuni sondaggi di opinione[senza fonte], l'Islam li fa portatori di una identità religiosa esclusiva (l'appartenenza alla umma, la comunità dei fedeli al di là della loro nazionalità di origine) per cui tenderebbero a riunirsi in comunità autonome in seno al paese ospite, rifiutando da un lato l'integrazione piena nel suo tessuto sociale, politico ed economico e richiedendo dall'altro il riconoscimento di leggi che recepiscono i propri usi e costumi nel campo del diritto, portando così a differenziarsi non solo nella sfera privata ma anche in quella pubblica. Questo starebbe facendo degenerare le società europee verso il comunitarismo, cioè la suddivisione dei cittadini su base etnico-religiosa con proprie regole di comportamento, anche quando tali comunità non condividono valori liberali. Tale atteggiamento trova un precedente nella politica adottata dall'Impero ottomano che divideva i sudditi su basi etnico-religiose in millet: ciascun millet, o "nazione", raggruppava le varie comunità di credenti non musulmane, guidate dai loro rappresentanti tradizionali, che divenivano anche funzionari ottomani. Sempre secondo gli antislamisti, la tendenza a fare corpo separato starebbe trovando un'importante sponda a livello istituzionale, attraverso la definizione di regole e leggi specifiche per categorie di cittadini individuate su base etnico-religiosa, avviando un processo di tribalizzazione che altrove è stato chiamato pillarizzazione. Ad esempio, secondo alcuni "la poligamia deve essere riconosciuta se previsto nel diritto familiare del paese di origine delle persone in questione"[60], ma non al resto della popolazione. A tal proposito altri mettono, però, in evidenza che questa politica viola i valori guida delle democrazie liberali occidentali, che affondano le loro origini negli ideali laici di libertà, uguaglianza e fraternità della rivoluzione francese per cui non "c'è ragione perché una ragazza musulmana sia trattata differentemente da una cristiana o da un'ebrea rispetto alla legge, comunque la pensino i suoi parenti"[61]. A volte, infine, si accusa le comunità musulmane di strumentalizzare alcuni episodi per fare pressione sulla società civile europea[senza fonte]. Caso emblematico è costituito dalla Caricature di Maometto sul Jyllands-Posten: il significativo ritardo tra la loro pubblicazione (30 settembre 2005) e le prime reazioni diplomatiche ufficiali del mondo arabo (12 ottobre 2005) e le prime proteste di piazza (gennaio-febbraio 2006) è dovuto al tempo occorso ad alcuni imam danesi (immigrati) che, insoddisfatti dalla sostanziale neutralità del governo danese rispettoso dei valori libertari propri dell'occidente, hanno costruito un dossier che conteneva insieme alle vignette originali ed altre create ad hoc, diverso altro materiale ed anche informazioni false (ad esempio che il Jyllands-Posten fosse una rivista governativa) con cui si sono poi recati in Egitto, Siria e Libano per mostrarlo ai ministri della Lega Araba, agli sceicchi e agli imam così da mobilitare il mondo musulmano contro lo stesso paese che li aveva accolti. Vale la pena ricordare che le raffigurazioni di Maometto non sono vietate esplicitamente dal Corano, tant'è che in diverse epoche sono state prodotte da artisti islamici (vedi la galleria di immagini su Maometto in Commons Wikimedia) e che solo un'interpretazione rigidamente fondamentalista di alcuni ḥadīth le vieterebbe. Per molti, inoltre, questo divieto sarebbe valido solo per i musulmani, ciononostante è stata lanciata una petizione per chiedere anche a Wikipedia di eliminare le immagini di Maometto[62]. Per tutte queste ragioni c'è chi propone di condizionare la concessione della cittadinanza alla piena adesione ai valori della Costituzione[63] (magari puntualizzandone i principi in una Carta di Valori condivisi[58]) o ridare lustro ai simboli laici dello Stato (bandiera, inno nazionale) come valori unificanti e neutrali per immigrati e non[61]. Un'importante critica portata alle comunità musulmane in Europa è relativa alla mancata condivisione dei valori occidentali quali democrazia o il rispetto per l'altro (libertà di opinione, di stampa, di religione.).[senza fonte] Questo atteggiamento, che secondo alcuni[senza fonte] troverebbe la sua origine direttamente nei precetti coranici, traspare dai risultati di sondaggi di opinione[senza fonte] svolti nelle comunità islamiche, dall'analisi dei testi adottati[senza fonte] nelle scuole islamiche, da alcune[senza fonte] fatwā[64] e da quanto rivelato da numerose inchieste giornalistiche[senza fonte] condotte nelle moschee di diversi Stati europei. Il CoranoSi ricorda che la vita dei musulmani praticanti riflette l'insegnamento coranico che non è solo modello religioso ma è anche un modello esistenziale e politico. Il vero credente dell'Islam (parola che significa etimologicamente "sottomissione a Dio") deve, cioè, seguire pedissequamente i dettami della sua religione[65] che, tralasciando quelli che incitano esplicitamente alla violenza, per quanto riguarda il rapporto con i non musulmani e quindi attinenti al tema dell'integrazione recitano: «I credenti non prendano amici tra i miscredenti, preferendoli ai fedeli. Chi fa ciò contraddice la religione di Allah, a meno che temiate qualche male da parte loro» «Non obbedite ai miscredenti; lotta invece con essi vigorosamente.» «O voi che credete! Non prendete gli Ebrei o i Cristiani come vostri amici; sono amici gli uni degli altri; e chi fra voi li prende per amici è uno di loro; certamente Allah non guida la gente ingiusta.» «O voi che credete! Combattete i miscredenti che vi stanno attorno, che trovino durezza in voi. Sappiate che Allah è con coloro che Lo temono.» «Maometto è il Messaggero di Allah e quanti sono con lui sono duri con i miscredenti e compassionevoli fra loro» «La libertà da qualsiasi obbligo [è proclamata] da Allah nei confronti di quei politeisti con i quali concludeste un patto.» «O profeta, incita i credenti alla lotta. Venti di voi, pazienti e perseveranti, ne domineranno duecento e cento di voi avranno il sopravvento su mille miscredenti. Ché in verità è gente che nulla comprende» «O voi che credete! Non prendete come alleati i vostri padri ed i vostri fratelli se scelgono la miscredenza alla fede. Chi di voi li prenderà per alleati sarà tra gli ingiusti» «Combattete coloro che non credono in Allah e nell'Ultimo Giorno, che non vietano quello che Allah ed il suo Messaggero hanno vietato, e quelli, tra la gente della Scrittura, che non scelgono la religione della verità, finché non versino umilmente il tributo, e siano soggiogati.» Oltre a ciò esistono numerose tradizioni attribuite a Maometto, non meno impegnative dei versetti del Corano stesso, che vietano ai musulmani di associarsi a miscredenti, ebrei e cristiani nelle loro manifestazioni pubbliche, siano esse religiose che non religiose[66]. I versetti tralasciati del Corano includono: SondaggiI sondaggi sono uno strumento molto amato dai mass media, in quanto sono un modo sintetico con basi scientifiche per presentare dati e tendenze ed offrire spunti di discussione. L'universo musulmano in Occidente è quindi spesso oggetto di indagini giornalistiche. Tenendo presente che la validità scientifica dei sondaggi di opinione dipende molto dal campione prescelto, dall'intervallo di tolleranza e dal modo di porre le domande che ha una qualche influenza sulle risposte, è comunque interessante riportare qualche recente indagine. I sociologi specializzati negli studi subalterni, tra cui Edward Said, puntualizzano quanto i sondaggi non solo diano una qualche idea sulle dinamiche d'opinione all'interno dell'universo musulmano in Occidente, ma anche offrano indicazioni su quali siano le fobie e i motivi di sospetto da parte degli occidentali nei confronti dei musulmani.[67] Secondo un sondaggio del 2017 svolto in Italia, i musulmani maggiori di 54 anni sono conservatori e non vogliono integrarsi. La metà dei giovani musulmani invece si sente integrata, un quarto vorrebbe integrarsi ma non ci riesce ed un quarto non vuole integrarsi. Musulmani in Italia: il sondaggio di Ipr Marketing, su Analisi Difesa. URL consultato il 23 ottobre 2017. Il curriculum scolastico islamicoUno strumento per inquadrare e valutare la propensione all'integrazione degli immigrati musulmani è offerto da studi ed inchieste sui sistemi scolastici di provenienza e sugli istituti di istruzione islamici di diversi paesi occidentali. In particolare, ne sono stati analizzati i libri di testo concludendo che gli studenti sono generalmente cresciuti nel culto della supremazia islamica ed educati all'odio verso gli infedeli (in particolar modo cristiani ed ebrei) additati come nemici, disumanizzati definendoli maiali e scimmie per poi incitare al Jihād armato contro di loro. Sull'argomento è da segnalare anche lo studio della Banca Mondiale che giudica come arretrato il sistema educativo di quei paesi[68]. Arabia SauditaIl sistema scolastico dell'Arabia Saudita è tra i più pubblicizzati nei paesi islamici[senza fonte]. Il motivo di tanto interesse è addebitabile a diverse ragioni:
Tutti[senza fonte] gli studi finora condotti[70] concordano su diversi punti:
Questi insegnamenti sono stati denunciati da tempo dalla comunità internazionale tanto che il governo saudita si è visto costretto ad intraprendere un processo di revisione del proprio sistema scolastico che però ancora non soddisfa gli osservatori, soprattutto considerando le ingenti risorse economiche che potrebbe mettere in campo per dare effettivo seguito a tale intendimento[71]. Sempre per quanto riguarda l'Arabia Saudita, di interesse è considerare anche i contenuti delle khuṭba, gli importanti sermoni del venerdì, tenuti nelle principali moschee del paese e resi disponibili sul sito alminbar: frequenti sono le accuse rivolte a cristiani ed ebrei di essere nemici di Allah e le esortazioni ad educare all'odio contro di loro i bambini, spronandoli anche alla Jihād[72]. Incitamenti alla Jihād sono proclamati anche sulle televisioni di stato[73]. Autorità Nazionale PalestineseL'Autorità Nazionale Palestinese ha cominciato a compilare propri libri di testo a partire dal 1994. In precedenza erano adottati quelli egiziani per i bambini di Gaza e giordani per la Cisgiordania[74][75]. Accusati di insegnare l'antisemitismo e di incitare i bambini alla violenza ed al terrorismo, sono stati oggetto di diverse analisi e ricerche da parte di[75][76]:
Gli studi condotti sui libri di testo palestinesi riferiscono che[77]:
Al riguardo occorre ricordare anche le polemiche suscitate dal programma televisivo per ragazzi Pionieri di domani, più volte denunciato per incitare al jihad. EgittoGli studi condotti sui libri di testo egiziani[78] riferiscono che:
Per quanto riguarda specificatamente il problema palestinese, questo è raccontato in un modo che dagli antislamisti e considerato distorto. Ad esempio:
Tutto questo nonostante i regimi laici militari da sempre imperanti in Egitto (Nasser, Sadat, Mubarak, al-Sisi), con la breve parentesi islamista di Mohamed Morsi. ItaliaIn Italia alcune indagini giornalistiche hanno analizzato i libri di testo adottati in alcune scuole islamiche del paese[79] rivelando l'adozione di libri di testo provenienti da stati musulmani (Arabia Saudita) e la riproposizione di insegnamenti intolleranti riscontrati in quei paesi. Nord AmericaUn'inchiesta del The New York Daily News nel 2003[80] ha rivelato che tipicamente i libri di elementari e medie delle scuole private musulmane dell'area di New York non solo proclamano la supremazia dell'Islam ma insegnano anche che i cristiani "adorano statue", che gli ebrei sono obbligati dalla loro religione "a maledire i luoghi di culto altrui quando vi passano davanti" e che "molti" (cristiani ed ebrei) "conducono vite decadenti ed immorali tanto che bugie, alcool, nudo, pornografia, razzismo, turpiloquio, sesso prematrimoniale, omosessualità e molto sono tollerati dalla loro società, nelle chiese cristiane e nelle sinagoghe ebraiche", peccati intollerabili nell'Islam. Daniel Pipes riferisce di una scuola islamica in Canada che "pretende la totale segregazione dall'ambiente canadese ed esige un'assoluta separazione dei sessi"[81]. Le moscheeLe moschee svolgono nell'Islam un ruolo molto ampio: i musulmani non solo vi si riuniscono per pregare ma anche per esaminare questioni sociali e politiche e decidere sulla vita della comunità. L'evento più importante è costituito dal sermone del venerdì (khuṭba) in cui l'Imam fornisce le indicazioni più importante ed impegnative ai suoi fedeli. Per questa ragione numerosi paesi musulmani esercitano uno stretto controllo sulle attività che vi si svolgono tanto che gli Imam sono spesso dei funzionari pubblici ed i loro sermoni devono essere preventivamente approvati dalle autorità preposte[59]. Oltre che questo ruolo pratico, le moschee, così come le chiese, nella storia hanno svolto anche la funzione simbolica e politica di palesare l'appartenenza del territorio circostante all'Islam, soprattutto quando hanno un minareto utilizzato dal muezzin per invitare i fedeli alla preghiera che, come i campanili, svetta sugli edifici circostanti ed i progetti di nuove costruzioni sono sempre accompagnati da forti polemiche, in Italia (ad es. a Bologna)[82] come all'estero (ad es. a Colonia, a Londra, a Marsiglia[83], a Siviglia[84] o in Svizzera). In occidente la costruzione di gran parte delle moschee e centri islamici è da tempo finanziato da paesi musulmani, soprattutto dalla ricca Arabia Saudita[85], paese sunnita dov'è maggioritario il rigido wahhabismo. Tra queste anche la Moschea di Roma per 50 milioni di dollari statunitensi a cui si aggiunge una donazione annuale per 1,5 milioni di dollari[86]. In qualità di finanziatori, i sauditi impongono poi imam di loro gradimento[59][87] e sono quindi in grado di influenzare gli orientamenti delle comunità che vi fanno riferimento. Una raccolta di sermoni pronunciati nelle più importanti moschee saudite sono messe a disposizione dal sito alminbar e molto criticati per le frequenti accuse rivolte a cristiani ed ebrei di essere nemici di Allah e le esortazioni ad educare all'odio contro di loro i bambini, spronandoli anche al jihad[72]. Anche a seguito del clamore suscitato da alcune inchieste giornalistiche ed accertamenti investigativi, diverse sono le proposte relative alla gestione dei luoghi di culto per i musulmani, ma tutte vanno nella direzione di un maggior controllo sulla scia di quanto già avviene nei paesi islamici:
Inchieste giornalisticheL'istigazione a non aderire ai valori fondanti delle democrazie occidentali è stata ripetutamente evidenziate da indagini giornaliste in incognito svolte nelle moschee europee. L'inchiesta Undercover Mosque trasmessa il 15 gennaio 2007 sul canale Channel 4 britannico ha registrato Imam che affermavano[92]: «Non potete accettare il governo dei kafir, noi dobbiamo governarci da soli e dobbiamo governare gli altri» «Dovete attaccare con bombe gli interessi indiani e, per quanto riguarda gli ebrei, dovete assassinarli» «Nella vostra situazione dovete vivere come uno stato nello stato, finché prevarrete. Ma nell'attesa, dovete pregare, finché non diverrete una forza tale che la gente semplicemente si sottometterà a voi, mani in alto, finché non sarete forti abbastanza da prevalere» L'inchiesta di Annozero su una moschea di Torino trasmessa il 29 marzo 2007 ha registrato l'Imam di Torino-Porta Palazzo Mohamed Kohail che affermava[93] «Non c'è dialogo con gli infedeli» «Con gli atei nessun compromesso: si uccidono e basta» e poi espulso nel gennaio 2008 dopo circa un anno di indagini della DIGOS[93]. Un video sul IX Congresso del Centro culturale islamico di viale Jenner a Milano, sequestrato dall'antiterrorismo nel 2002 nell'abitazione di Murad Trabelsi, membro di un'organizzazione terroristica che reclutava kamikaze per l'Iraq e trasmesso durante Studio Aperto Live (Italia 1) dell'11 febbraio 2006 documenta Muhammad al-Fizazi (noto anche come «l'imam itinerante») affermare durante il IX Congresso del Centro culturale islamico di viale Jenner a Milano tenutosi a Modena l'11 settembre 2000 (esattamente un anno prima dell'attacco alle Torri Gemelle di New York)[94]: «I miscredenti sono nemici. Tra noi e i miscredenti vi è l'odio. L'inimicizia e l'odio regneranno tra noi e loro per sempre, fino a quando non crederanno nel solo Allah» «tutto il pensiero democratico è in contrapposizione con il pensiero islamico. Tutti gli obiettivi democratici cozzano con gli obiettivi islamici» «noi abbiamo una sola grandissima libertà, quella di essere liberi dentro i limiti, i vincoli della Shari'a (la legge del Corano). Non vi è libertà di prostituzione nel nostro Paese, nel Paese dell'Islam. Non vi è libertà di fornicare, di consumare alcolici, di truccarsi. Non vi è libertà per i rinnegati nell'Islam» «se si taglia la mano del ladro si compie un atto compassionevole. Perché così facendo si tutelano i beni della gente. Così pure quando si lapida un ubriacone. Che è un atto duro, ma lo si fa per tutelare la mente, la dignità della gente» «Il jihad: sangue, brandelli di carne, sgozzamenti, assedi. Tutto questo è compassionevole» Via legale all'IslamSecondo gli antislamisti, la legislazione e la giurisprudenza di diversi paesi europei sta mostrando la tendenza a legittimare atteggiamenti e comportamenti inaccettabili, considerando un'attenuante la loro matrice religiosa, col risultato di relativizzare i diritti individuali, mostrando un'eccessiva tolleranza, giustificata come rispetto per le tradizioni islamiche, ed assecondando un'evoluzione in senso "comunitarista" delle società europee. GermaniaNel 1999 tre curdi, che avevano soffocato una ragazza di 18 anni e barbaramente ucciso il suo ragazzo di 23 anni per punirli perché vivevano insieme contro il volere dei genitori, sono stati condannati solo per omicidio colposo, in considerazione dei "valori del proprio paese di origine fortemente intimizzati"[60]. Nel 2002 un libanese che aveva stuprato, picchiato e quasi strangolato sua moglie, nonché un pastore di origine turca che aveva ucciso la moglie con 48 coltellate, si sono visti riconoscere forti sconti di pena, sempre per la loro specifica appartenenza etnico-religiosa[60]. Nel 2005 un curdo, che per gelosia aveva ferito gravemente la moglie, ha avuto forti sconti di pena per i suoi "livelli di inibizione inferiori nei confronti delle donne"[60]. Tutte queste sentenze sono state comunque annullate nei gradi superiori di giudizio.[60] Nel 2007 una donna si è vista respingere la richiesta di divorzio per direttissima dal marito violento perché entrambi i coniugi erano musulmani di origine marocchina e quindi, in ottemperanza alla versetto 4:34 del Corano (in cui si invita a battere le mogli di cui si teme l'insubordinazione)[95][96], secondo il giudice "non è strano che un uomo eserciti il diritto di punizione corporale nei confronti della moglie".[60][97][98] Regno UnitoMichael Nazir-Ali, vescovo anglicano di Rochester, ha inoltre denunciato l'esistenza di aree ove i non musulmani sono sgraditi e anche a rischio[99] mentre Rowan Williams, arcivescovo di Canterbury e primate anglicano, ritiene ormai inevitabile il recepimento di alcuni aspetti della sharia nella legislazione britannica[100]. Sebbene la bigamia sia un reato, il ministero del Lavoro e Pensioni ha concesso ai poligami assegni familiari per ogni moglie «aggiuntiva» a semplice domanda del marito e purché i matrimoni siano stati celebrati in Paesi nei quali il rito è legale[101]. ItaliaVelo islamicoAlcuni episodi hanno accreditato nell'ordinamento giuridico italiano pratiche relative all'uso del velo islamico che sono controverse tra gli stessi musulmani:
A questo proposito si ricorda che, diversamente da quanto affermato nella sentenza della Corte di Cassazione e da quanto presuppone la circolare della Polizia di Stato, il Corano chiede il velo ma non ne stabilisce in modo chiaro il tipo. Il riferimento sarebbe, infatti, la Sūra XXXIII:59[109] (che chiede alle credenti di indossare il velo per poterle distinguere dalle altre così da non essere molestate dai musulmani) e XXIV:31[110], variamente interpretata (e tradotta): per alcuni il passaggio essenziale dovrebbe essere reso come "coprire i seni con il velo" per altri come "lasciar scendere il loro velo fin sul petto" ma comunque non si fa cenno alcuno alla necessità di coprire testa e volto o quant'altro se non indirettamente attraverso l'invito a mortificarsi e svelare i propri gioielli solo ai familiari. Assodato che il velo è un simbolo distintivo che le musulmane devono indossare cosicché i musulmani non le molestino[111] (contrariamente a quanto possono fare con le altre donne), relativamente a cosa indossare c'è chi (Gamal al-Banna, Hasan al-Turabi, Samira Munir ed altri musulmani cosiddetti moderati o riformisti) affermano che alle musulmane non è richiesto di coprirsi la testa ma è sufficiente nascondere il petto, altri invece (wahhabiti, Ruhollah Khomeyni, taliban, Fratelli musulmani e fondamentalisti in genere) impongono loro, a seconda dell'ideologia, di coprire testa e collo (hijab, il velo più comune, consistente in un foulard di varie tinte, spesso indossato anche in paesi musulmani moderati nonché da molte immigrate provenienti dal Nordafrica, anche di seconda generazione), tutto il corpo (chador, di colore nero, ma anche di altri colori) o anche il viso (burqa, integrale e di colore azzurro, niqab, unito all'abaya, neri e che lasciano scoperti gli occhi e/o parte del viso)[112][113]. D'altra parte in diversi paesi arabi indossare il velo è di ostacolo nella ricerca di un lavoro[114] e si sta anche vietando il suo uso per arginare l'assenteismo negli uffici pubblici di molte dipendenti che approfittano dell'anonimato per lasciare il posto di lavoro[115]. Matrimonio e poligamiaNel novembre 2006 ha iniziato il suo iter legislativo presso la Camera dei deputati una proposta legislativa per definire le "norme sulla libertà religiosa e abrogazione della legislazione sui culti ammessi". Tra l'altro è stata proposta una modifica dell'articolo 11 che consentirebbe al ministro di culto di non pronunciare durante il rito gli articoli del codice civile sulla parità dei doveri fra mogli e marito (143, 144 e 147 del codice civile) "qualora la confessione abbia optato per la lettura al momento della pubblicazione"[117], a tutto vantaggio del rito musulmano i cui principi religiosi privilegiano l'uomo e sono contrari alla parità dei diritti e dei doveri fra marito e moglie. Si ricorda, inoltre, che una indagine giornalistica ha rivelato che la poligamia, sebbene illegale, è già avallata da Imam in Italia[118] e secondo la Caritas Italiana estesamente praticata[119]. Sempre a proposito di matrimonio, vale la pena ricordare che proprio la poligamia comincia ad essere vietato nel diritto di famiglia di diversi paesi islamici[97]. Alcuni casi di cronaca hanno portato alla luce la realtà dei matrimoni combinati e l'intolleranza all'interno delle famiglie per chi non si sottomette alle usanze, come il citato caso della pakistana Hina Saleem, uccisa dal padre e da alcuni parenti perché voleva sposare un italiano e vivere all'occidentale, che rappresenta il fatto che più ha avuto risonanza mediatica. Macellazione islamicaNel dicembre 2007 Reggio Emilia ha concesso ai fedeli musulmani della città di macellare in casa gli animali per la festa del sacrificio, sebbene nella stessa ordinanza si riconosca che questa pratica sia in contrasto con le leggi sanitarie nazionali[120]: «L'attività svolta è da considerarsi lecita, ancorché non eseguita secondo i dettami di legge, in quanto prevalente il riconoscimento delle legittimità dei riti religiosi rispetto alle norme in materia di macellazione» Condanne di Guolo ed Allievi per diffamazione contro Adel SmithUn altro episodio che ha suscitato non poche polemiche è stata la condanna di due noti studiosi italiani dell'Islam che si sono sempre distinti nel campo della ricerca accademica. I fatti partono dalla querela di Adel Smith, controverso personaggio del mondo islamico italiano, nei confronti dei sociologi Stefano Allievi, dell'Università degli Studi di Padova, per il suo saggio Islam italiano. Viaggio nella seconda religione del paese (Einaudi, 2003) e Renzo Guolo, dell'Università di Torino, per il suo saggio Xenofobi e xenofili: gli italiani e l'islam (Laterza, 2003):
Questi episodi, secondo gli antislamisti, sono indizi molto significativi sull'orientamento della giurisprudenza a favorire una deriva comunitarista della società, facendosi strumento di pressione contro il mondo accademico affinché temi come l'Islam non siano liberamente analizzati ed affrontati, creando un precedente pericoloso tale da scoraggiare altri studiosi dal manifestare pubblicamente la loro opinione. Paesi BassiNei Paesi Bassi all'assassinio di Theo van Gogh l'artista Chris Ripke ha reagito dipingendo un murale sul muro esterno del suo studio: un angelo, la data di morte del suo assassinio e la scritta "Gij zult niet doden" (non uccidere, uno dei dieci comandamenti). I musulmani di una moschea vicina hanno denunciato il fatto al sindaco come offensivo e questi ha subito inviato la polizia a cancellarlo. Il reporter Wim Nottroth che ne ha documentato la distruzione e tentato di ostacolare l'esecuzione dell'ordinanza è stato poi arrestato[123] Sempre nei Paesi Bassi, la bandiera nazionale è stata vietata in molte scuole perché considerata discriminatoria dagli immigranti musulmani. Stessa sorte è toccata a gagliardetti ed adesivi sulle automobili dato che chi li esponeva era affrontato dai musulmani ed accusato di fascismo[124]. Sooreh Hera, artista iraniana dal 2000 rifugiata nei Paesi Bassi, per "ragioni di opportunità" si è vista ritirare un video ed un'immagine della sua esposizione Allah o gay-bar de L'Aia perché ritraevano Maometto e il genero Ali come una coppia omosessuale. Stessa sorte è toccata al filmato su YouTube, ritirato dal gestore che ne giudicava il "contenuto inappropriato"[125]. L'8 dicembre 2007 il quotidiano francese Le Figaro ha raccolto la seguente dichiarazione di Hera sulla vicenda: "Credevo che avrei trovato la libertà di espressione nei Paesi Bassi. Ma questo non è un paese libero. Questa è una nuova dittatura islamista"[126]. SveziaIn Svezia un'organizzazione islamica ha chiesto leggi separate per i musulmani, l'impegno del governo a costruire una moschea in ogni città, paese, sobborgo e la presenza degli imam nelle scuole pubbliche[127]. Taqiyya e KitmānNella tradizione islamica, la taqiyya indica la possibilità di rinnegare esteriormente la fede, di dissimulare l'adesione ad un gruppo religioso e praticarne i riti di nascosto per sfuggire ad una persecuzione. Prossimo al concetto di taqiyya è quello di kitmān che consiste nel dire solo una parte della verità riconoscendosi la riserva mentale di omettere il resto celando magari le proprie reali intenzioni. Secondo alcuni, taqiyya e kitmān sono oggi ampiamente utilizzati dagli islamisti come strumento di lotta politica per diffondere ed affermare le loro idee nei paesi occidentali. Partendo dal comandamento coranico che impone ai musulmani di perseguire sempre e comunque l'allargamento dell'Islam, gli islamisti si riterrebbero, infatti, autorizzati/obbligati ad utilizzare a fini propagandistici taqiyya e kitmān per vincere l'ostilità dell'Occidente verso la loro fede, se questa fosse rivelata fino in fondo. Questo concederebbe loro un notevole vantaggio competitivo negli scontri dialettici, sia approfittando della scarsa conoscenza degli interlocutori dei principi dell'Islam (a partire dagli stessi concetti di taqiyya e kitmān) sia sfruttando la presunzione di onestà intellettuale loro accordata. Un esempio di taqiyya è offerto da Caroline Fourest sul suo saggio dedicato a Ṭāriq Ramaḍān dove riferisce che questi in un suo manuale ridefinisce il (FR)
«sémantique sur les mots «droit, rationalité, démocratie et communauté». Pour chaque terme, le livre explique comment ce mot peut être compris par les Occidentaux, en quoi il pose problème aux musulmans, et propose une «formulation de concept» qui ressemble fort à une redéfinition propre à troubler ses interlocuteurs. On retrouve ainsi toutes les astuces sémantiques du prédicateur. Le mot «rationalité», par exemple, n'est plus synonyme d'esprit critique issu des Lumières, mais d'un «cheminement intellectuel permettant de redécouvrir la foi». Un exemple parmi d'autres. En fait, pour chaque mot clef sur lequel il se sait attendu, Ramadan a développé une seconde définition - à laquelle ont accès ceux qui ont suivi ses cours oraux ou lu ses livres les plus confidentiels. Ce qui lui permet de tenir un discours apparemment inoffensif tout en restant fidèle à un message éminemment islamiste sans avoir nécessairement besoin de mentir ouvertement, en tout cas pas à ses yeux.» (IT)
«significato di parole come «diritto, razionalità, democrazia e comunità». Per ciascun termine, il libro spiega come esso possa essere compreso dagli occidentali, e come esso sia problematico per i musulmani, proponendone una «formulazione di concetto» che assomiglia a una riformulazione mirante a mettere in difficoltà gli interlocutori. Si ritrovano in questo tutte le astuzie semantiche del predicatore. La parola «razionalità», per esempio, non è più sinonimo dello spirito critico illuminista ma di «percorso intellettuale che permette di riscoprire la fede». Un esempio solo tra tanti altri. Infatti, per ciascuna parola chiave sulle quali sa di poter essere messo alla prova, Ramadan ha sviluppato una seconda definizione, compresa solo da chi ha seguito le sue lezioni o ha letto i suoi libri meno noti. Questo gli consente di tenere un discorso apparentemente inoffensivo pur restando fedele ad un messaggio prettamente islamista, senza aver bisogno di mentire apertamente, neppure ai suoi stessi occhi.» Espansionismo islamistaSecondo diversi studiosi, ed in particolari i sostenitori della teoria geopolitica nota come Eurabia[128], coniata dalla storica britannica Bat Ye'or e divulgata in Italia soprattutto dalla scrittrice Oriana Fallaci, all'islamismo viene attribuito un intento strategico di penetrazione nelle società occidentali con l'obiettivo di islamizzarle. I fautori di questa teoria accusano in particolare il movimento dei Fratelli musulmani di essere il principale attore di questa strategia. Diversi autori tra i quali la scrittrice femminista Caroline Fourest hanno studiato libri, articoli, interviste e soprattutto le trascrizioni dei discorsi tenuti alle comunità islamiche europee da Ṭāriq Ramaḍān, intellettuale svizzero. Ad esempio, nel suo libro pubblicato in Francia e inedito in Italia, intitolato Frère Tariq, l'autrice cerca di dimostrare come, quando Tariq Ramadan si rivolge all'opinione pubblica occidentale, egli si proponga come un moderato, mentre quando si rivolge ai musulmani usi toni ed argomenti fondamentalisti.[129] Inoltre molti antislamisti accusano i governi delle monarchie del golfo persico e dell'Arabia, specialmente quella saudita, di essere segretamente tra i finanziatori di organizzazioni terroristiche sunnite come al-Qāʿida nella Penisola Arabica e lo Stato Islamico (ISIS). È risaputo che il gruppo abbia ricevuto fondi da donatori privati dagli Stati del Golfo,[130][131], ma sia il primo ministro iraniano sia quello iracheno Nuri al-Maliki (entrambi sciiti) hanno accusato l'Arabia Saudita e il Qatar di finanziare l'ISIS,[132][133][134][135] senza però fornire prove.[135][136][137][138] Note
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