Vincenzo FerdinandiVincenzo Ferdinandi (Newark, 29 novembre 1920[1] – Roma, 22 aprile 1990) è stato uno stilista italiano tra i fondatori dell'Alta moda in Italia. BiografiaNato negli Stati Uniti da genitori italiani, Antonio Ferdinandi ed Ernestina Roefaro, trasferiti a New York all'inizio del secolo, fece ritorno in Italia, nei primi anni cinquanta[2]. Fa esperienza e consolida il suo stile presso la sartoria di Fernanda Gattinoni per poi aprire un atelier a Roma nella mondanissima Via Veneto[3], centro della Dolce Vita da cui Federico Fellini trasse ispirazione per il suo celebre film. Sposa Annamaria Malpieri e ha tre figli. È stato tra i primi grandi stilisti di alta moda a competere con i più blasonati couturier francesi in ambito internazionale. Nel 1949 è a Parigi, chiamato da Christian Dior per una collaborazione stilistica con la maison francese[4]. Dopo quell'esperienza anche Londra lo chiama per la progettazione di una linea di calzature che porta a termine con estro e creatività tutta italiana[5]. Partecipa nel 1952, con la Sartoria Antonelli, l'atelier Carosa, Roberto Capucci, Giovannelli-Sciarra, Germana Marucelli, Polinober, la Sartoria Vanna, Jole Veneziani e sedici ditte di sportswear e boutique alla prima storica sfilata presso la Sala Bianca di Palazzo Pitti a Firenze[6]. Una giovanissima Oriana Fallaci inviata dal settimanale Epoca ne raccontò la cronaca[7][8][9]. Nel 1953 concorre a fondare, insieme ad altri grandi nomi dell'epoca (tra cui Emilio Schuberth, le sorelle Fontana, Alberto Fabiani, Jole Veneziani, Giovannelli-Sciarra, Mingolini-Gugenheim, Eleonora Garnett, Simonetta), il SIAM - Sindacato Italiano Alta Moda (diventato poi Camera Nazionale della Moda Italiana), in disaccordo con il fondatore dell'Alta Moda in Italia il nobile fiorentino Giovanni Battista Giorgini[10][11][12]. I "secessionisti", come vengono chiamati, sono gli stilisti romani che polemicamente fanno sfilare le loro creazioni nei propri atelier a Roma, due giorni prima delle sfilate di Palazzo Pitti a Firenze. Nel luglio del 1954, insieme alle Sorelle Fontana, Emilio Schuberth, Giovannelli-Sciarra, Eleonora Garnett, Mingolini-Gugenheim e Clarette Gallotti, partecipa ad "Alta Moda a Castel Sant'Angelo"[13] ambientato nella suggestiva cornice del celebre castello. In quella occasione furono premiate le statunitensi Sally Kirkland[14][15], Fashion Editor di Life e di Vogue USA, Alice Perkins, Fashion Editor di Women's Wear Daily per il loro ruolo di ambasciatrici della moda italiana negli Stati Uniti e la stilista Hannah Troy. Il suo stile asciutto e privo di fronzoli gli vale riconoscimenti sempre più convinti tra gli addetti ai lavori e il pubblico. I suoi tailleur, impeccabili, lo fanno apprezzare in Italia e all'estero. Negli anni sessanta il produttore di moda tedesco Frederich gli chiede di disegnare una linea prêt-à-porter, cui dà spessore e validità stilistica. Numerose sono le copertine e i servizi su riviste specializzate di moda e di settore tra cui Vogue USA[16], Harper's Bazaar[17] e "Marie Claire[18]". Sfila a Parigi, Milano, Roma, Londra, Firenze ed è il primo a portare su una passerella una modella di colore, Dolores Francine Rhiney[19][20], sfidando le convenzioni dell'epoca (si è nei primi anni cinquanta). Le sue creazioni sono indossate da attrici e mannequins di quegli anni. Virna Lisi[21][22], Sylva Koscina[23], Lucia Bosè, Luciana Angiolillo[24], Eloisa Cianni[25], Lilli Cerasoli[26][27], Jennifer Jones, Eliette von Karajan[28], May Britt[29], Ivy Nicholson, Joan Whelan, Joe Patterson, Janet Sprague[30], Loredana Pavone[31], Anna Maria Ghislanzoni, Marta Marzotto e una giovanissima Elsa Martinelli[32] sono alcune di queste. Vittorio Gallo realizza per la "Astra Cinematografica" il docufilm "Sete e Velluti"[33] sulla moda italiana degli anni '50 colta negli ateliers romani delle case di moda Ferdinandi, Gattinoni e Garnett. Ferdinandi è stato tra i primi ad intuire l'importanza dell'accessoristica applicata alla moda (borse, scarpe, cinture, profumi), marcata con una propria griffe[34]. Personaggio estroverso - nel pieno della Dolce vita capitolina è rimasta famosa una sua scommessa calcistica col pittore Antonio Privitera in occasione di un derby Lazio-Roma, persa la quale fece sfilare per la celebre strada undici mucche addobbate con mutandoni giallorossi[35] - negli ultimi anni di vita si è dedicato anche alla pittura, con un suo stile basato tutto sui contrasti e i chiaro-scuri, con una tecnica a olio e ad acquerello. Nel 2014 il museo Maxxi di Roma all'interno della mostra "Bellissima"[36][37] lo annovera tra i pionieri della moda italiana. Rosso BorbonicoNuance di rosso[38], creato dalla tradizione Ferdinandi per i Reali Borbone del Regno delle Due Sicilie.[39] Note
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