Di origine paleocristiana, distrutta da un incendio nell'894, fu rapidamente rieretta in stile protoromanico[1]. Ricostruita a partire dal 1132 dal vescovo Manfredo, la chiesa, inizialmente in stile romanico (di quest'epoca è ancora il campanile) fu terminata prima del 1150[2].
Il duomo venne riedificato dal 1395 al 1401 su commissione di Francesco IV Gonzaga e sorge sulla chiesa romanica di San Pietro di cui si conservano solo alcune strutture murarie e il campanile.
Nel 1395 Francesco I, per celebrare la nascita del suo primogenito, ordinò la costruzione di una nuova facciata in stile gotico. Venne realizzata dai fratelli veneziani Jacobello e Pierpaolo dalle Masegne: della loro originale opera con due file di cappelle gotiche, ornate da guglie e cuspidi in marmo e in cotto, è sopravvissuto soltanto il fianco destro del Duomo in stile gotico fiorito. La facciata di quest'epoca, dotata di un protiro, rosoni e pinnacoli, oggi non più esistente in quanto demolita nel 1756, è testimoniata da un prezioso dipinto di Domenico Morone che si trova a Palazzo Ducale.
Nel 1545, dopo un nuovo incendio, il cardinale Ercole Gonzaga allora reggente del Ducato di Mantova ne richiese la ristrutturazione. Il Duomo fu dunque ristrutturato da Giulio Romano, che lasciò intatte la facciata e le pareti perimetrali ma ne modificò sostanzialmente l'interno, trasformandolo in forma simile all'antica Basilica di San Pietro a Roma in versione paleocristiana, prima dell'intervento su quest'ultima di Bramante, Raffaello e Antonio da Sangallo. Tale scelta può essere messa in rapporto con le simpatie evangeliste del cardinale Ercole Gonzaga, committente dell'opera, in polemica con la politica papale di quegli anni. La morte di Giulio Romano nel 1546 segnò una lunga interruzione dei lavori, che continuarono sotto la guida di Giovan Battista Bertani alterando probabilmente il primo progetto, specialmente nella realizzazione del presbiterio. Su iniziativa del vescovo Antonio Guidi di Bagno l'attuale facciata completamente di marmo, fu realizzata tra il 1756 e il 1761 su disegno del romano Nicolò Baschiera, ingegnere dell'esercito austriaco. L'incarico dei lavori furono affidati a Giovan Angelo Finali (1709-1772), un artista di Valsolda a lungo attivo a Verona, autore anche delle statue poste sulla facciata[3] assieme allo scultore Giuseppe Tivani.[4] Durante il periodo di occupazione francese, il Duomo fu oggetto di pesanti spoliazioni napoleoniche. Si ricorda le Tentazioni di Sant’Antonio abate, di Paolo Veronese, tra le 10 tele del Duomo di Mantova, commissionate ad artisti veronesi e mantovani dal cardinale Ercole Gonzaga alla metà del millecinquecento che oggi si trovano al Museo di Caen, in Normandia, dai tempi dell'occupazione napoleonica.
Descrizione
Il Duomo è una sovrapposizione di tre stili: la facciata tardo barocca, il fianco sinistro gotico, e il campanile romanico.
Lungo il fianco destro, si possono ancora vedere le cuspidi e le guglie di coronamento quattrocentesche; il campanileromanico ospita un concerto di sette campane, di cui le 6 grandi accordate secondo la scala di Si♭2 maggiore e la piccola è un'ottava sopra la campana grossa. La più grande è ottima opera dell'insuperato maestro settecentesco Giuseppe Ruffini. Le restanti furono fuse dalla ditta Cavadini di Verona nella prima metà del XIX secolo.
Le due navate laterali esterne e la navata centrale sono coperte con un soffitto piano a cassettoni, le due navate laterali interne sono coperte con volte a botte. Lungo ciascuna delle due navate laterali esterne si apre una fila di cappelle laterali, i cui altari sono ornati da pale dei più importanti artisti del manierismomantovano (le tele di Paolo Veronese e Giulio Campi, le più importanti del ciclo, non sono oggi più a Mantova). In realtà le cappelle non erano presenti nel progetto originario di Giulio Romano, in quanto ivi disegnò altre due navate. Con una cancellata furono separate le due navate esterne creando delle psudo cappelle senza comunque interrompere lo spazio corrente tipico di una navata.
Nella navata di sinistra sono stati inseriti altari dedicati alla devozioni di alcuni santi. Il primo in sequenza dall'entrata del duomo, è l'altare di Sant'Agata, con dipinto di Ippolito Costa del 1552 che raffigura la martire nell'atto di subire l'amputazione del seno. In sequenza si susseguono gli altari dedicati a Santa Speciosa, a Santa Lucia e a San Pio X, vescovo di Mantova dal 1884 al 1893. Le pale d'altare presenti sono rispettivamente di Giovanni Battista Bertani, di Fermo Ghisoni e di Alessandro Dal Prato (1909-2002).
Il braccio sinistro del transetto termina nella cappella del Santissimo Sacramento, che venne realizzata nel XVII secolo, decorata alla fine del XVII e legata al culto della reliquia del sangue di Cristo. Sempre sul lato sinistro è presente il santuario della Vergine Incoronata forse disegnato da Luca Fancelli attorno al 1480 e alla Sacrestia quattrocentesca la cui volta è decorata con medaglioni di scuola del Mantegna.
Roberto Brunelli, Diocesi di Mantova, in Adriano Caprioli, Antonio Rimoldi, Luciano Vaccaro (a cura di), Storia religiosa della Lombardia, vol. 8, Brescia, La Scuola, 1986, ISBN88-350-7765-6.
Stefano L'Occaso, Mantova, in Le grandi citta d'arte italiane, vol. 14, Milano, Electa, 2007.
Giovanni Battista Intra, L'antica cattedrale di Mantova e le tombe dei primi Gonzaga, 1974. ISBN non esistente
Rosanna Golinelli Berto. Associazione per i monumenti domenicani (a cura di), Sepolcri Gonzagheschi, Mantova, 2013, ISBN 978-88-908415-0-7.
Stefano L'Occaso, La facciata del duomo Un inedito contratto svela che l'autore fu lo scultore Finali, in Gazzetta di Mantova, 27 ottobre 2020, p. 45.