«Approvate il testo della legge costituzionale concernente “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 240 del 12 ottobre 2019?»
Il referendum costituzionale in Italia del 2020 è stato indetto per approvare o respingere la legge di revisione costituzionale dal titolo "Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari", ed è stato il quarto referendum costituzionale nella storia della Repubblica Italiana.
Approvato in via definitiva dalla Camera l'8 ottobre 2019, il testo di legge costituzionale prevede il taglio del 36,5% dei componenti di entrambi i rami del Parlamento: da 630 a 400 seggi alla Camera dei deputati, da 315 a 200 seggi elettivi al Senato. Originariamente previsto per il 29 marzo 2020, il referendum è stato rinviato al 20 e 21 settembre a seguito della pandemia di COVID-19 in Italia[2][3].
La legge di revisione costituzionale è stata approvata in doppia lettura da entrambe le Camere a maggioranza assoluta, secondo l'articolo 138, comma 1 della Costituzione[4]. Dal momento che l'11 luglio 2019 la legge non è stata approvata in seconda deliberazione al Senato della Repubblica a maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti, un quinto dei senatori ha potuto richiedere il referendum confermativo, come da comma 2 dell'articolo 138 della Costituzione[4].
Il referendum ha avuto un'affluenza del 51,12% (ma sarebbe stato valido anche se non avesse partecipato la maggioranza degli aventi diritto[5]) ed ha visto una vittoria dei "sì" con il 69,96% dei voti validi. Si è trattato del quarto referendum costituzionale nella storia della Repubblica Italiana e nel complesso della 23ª consultazione referendaria svolta in Italia e del 73º quesito sottoposto agli elettori.
All'entrata in vigore della Costituzione italiana nel 1948, gli articoli 56 e 57 non individuavano un numero precostituito di parlamentari da eleggere. Infatti, era prevista l'elezione di un deputato ogni 80 000 abitanti o per frazione superiore a 40 000, mentre per ciascuna regione era assegnato un senatore ogni 200 000 abitanti o per frazione superiore a 100 000, con un minimo di sei senatori per ogni regione e massimo un solo senatore per la Valle d'Aosta. Per effetto di ciò, nella prima legislatura (1948-1953) furono eletti 574 deputati e 237 senatori (a cui si aggiunsero i 107 senatori di diritto previsti dalla III disposizione transitoria); nella seconda legislatura (1953-1958) furono eletti 590 deputati e 237 senatori; nella terza legislatura (1958-1963) furono eletti 596 deputati e 246 senatori.[6]
Nel 1963, sul finire della III legislatura e durante il governo Fanfani IV, fu approvata la legge costituzionale n. 2/1963 che modificò gli articoli 56, 57 e 60 della Costituzione, fissando a 630 il numero dei deputati e a 315 il numero dei senatori, equiparando inoltre la durata di entrambe le Camere a 5 anni (originariamente il Senato durava 6 anni). Scopo della riforma fu garantire un miglior equilibrio funzionale del sistema bicamerale; peraltro, il rapporto fisso di 2 a 1 dei parlamentari di Camera e Senato avrebbe tutelato la rappresentanza senatoriale in occasione delle sedute comuni del Parlamento.[7]
Quest'ultima - composta da deputati e senatori, e perciò detta anche Commissione bicamerale - fu istituita durante la IX legislatura, sotto la presidenza di Aldo Bozzi, e ipotizzò di assegnare un deputato ogni 110 000 abitanti e un senatore ogni 200 000, oppure di assegnarli in linea con la media europea; la discussione però non portò ad alcuna proposta concreta.[9]
Nella XIII legislatura la commissione bicamerale presieduta da Massimo D'Alema presentò un progetto per individuare il numero di deputati fra 400 e 500, mentre i senatori avrebbero dovuto essere 200.[9]
Il progetto di revisione costituzionale del 2005-2006, varato nella XIV legislatura su iniziativa del centro-destra durante il governo Berlusconi III, prevedeva in particolare la riduzione del numero di deputati da 630 a 518 e di senatori da 315 a 252.[9] I senatori federali sarebbero stati eletti contemporaneamente ai consigli regionali; i senatori a vita sarebbero diventati deputati a vita; sarebbe diminuita l'età minima per essere eletti alla Camera (da 25 a 21 anni) e al Senato federale (da 40 a 25 anni). La proposta venne però bocciata a seguito del referendum costituzionale del 2006, in cui il 61,29% dei votanti espresse voto contrario.
Nella XV legislatura, Luciano Violante presentò una bozza di legge costituzionale che indicava 512 deputati e 186 senatori federali, questi ultimi eletti dai consigli regionali, provinciali e comunali. Il progetto fu licenziato dalla Commissione affari istituzionali della Camera senza voti contrari, ma non fu mai approvato dall'aula a causa della fine anticipata della legislatura.[10]
Nel 2012 venne approvata in prima lettura al Senato una riforma che diminuiva i parlamentari da 950 a 758 (508 deputati e 250 senatori federali), ma anche questa volta l'iter si interruppe con la chiusura della XVI legislatura.[10] Il tema fu ripreso nella XVII legislatura, ipotizzando 480 deputati e 120 senatori delle Regioni (in linea con la media europea),[10] mentre il governo Letta propose 450 membri alla Camera e 200 al Senato.[11]
La successiva proposta di riforma costituzionale Renzi-Boschi del 2016 prevedeva, oltre alla ridefinizione del ruolo del Senato della Repubblica, che il numero dei senatori elettivi fosse ridotto da 315 a soli 95 membri nominati dai consigli regionali fra i loro stessi componenti e fra i sindaci dei propri territori; nessuna modifica numerica era invece prevista per la Camera dei deputati. Anche tale proposta tuttavia trovò il voto contrario del 59,12% degli elettori che si espressero nel referendum costituzionale del 2016.[11]
Riforma costituzionale e iter di approvazione
Il 18 maggio 2018 il Movimento 5 Stelle e la Lega hanno sottoscritto il "Contratto per il governo del cambiamento", dando vita al governo Conte I; l'accordo di governo prevedeva anche una serie di riforme istituzionali, tra cui la "drastica riduzione del numero dei parlamentari: 400 deputati e 200 senatori".[12]
Il successivo governo Conte II, nato nel settembre 2019 dall'accordo di programma tra Movimento 5 Stelle, Partito Democratico e Liberi e Uguali, ha portato avanti la proposta di "riduzione del numero dei parlamentari, avviando contestualmente un percorso per incrementare le opportune garanzie costituzionali e di rappresentanza democratica, assicurando il pluralismo politico e territoriale", anche attraverso una revisione della legge elettorale in caso di esito positivo del referendum.[13]
Testo della riforma
La legge costituzionale sottoposta ad approvazione referendaria si compone di quattro articoli.
L'articolo 1 modifica l'articolo 56 della Costituzione riducendo il numero dei deputati da 630 a 400. Il numero dei deputati eletti nella circoscrizione Estero passa da 12 a 8.
L'articolo 2 modifica l'articolo 57 della Costituzione riducendo il numero dei senatori elettivi da 315 a 200. Il numero dei senatori eletti nella circoscrizione Estero passa da 6 a 4. Il numero minimo di senatori assegnato a ogni regione si abbassa da 7 a 3. Nel nuovo testo, inoltre, le due province autonome di Trento e Bolzano vengono equiparate alle regioni, assicurandosi tre senatori a testa. Rimangono invece invariati i seggi assegnati al Molise (2) e alla Valle d'Aosta (1).
L'articolo 3 modifica l'articolo 59 della Costituzione chiarendo che il numero massimo di senatori a vita di nomina del Presidente della Repubblica non possa in alcun caso essere superiore a 5. In tal modo viene eliminata l'ambiguità del precedente testo costituzionale in cui il limite di 5 senatori a vita poteva intendersi come limite massimo di senatori a vita presenti in Senato oppure come limite massimo di nomine a disposizione di ciascun Presidente della Repubblica (quest'ultima interpretazione fu seguita dai soli presidenti Sandro Pertini e Francesco Cossiga, che nominarono entrambi 5 senatori a vita, raggiungendo così il massimo di 9 senatori a vita di nomina presidenziale contemporaneamente in carica).
L'articolo 4 disciplina infine l'entrata in vigore delle nuove disposizioni di legge, stabilendo che esse si applicano a decorrere dalla data del primo scioglimento o della prima cessazione delle Camere successivo alla data di entrata in vigore della legge costituzionale, e comunque non prima che siano decorsi 60 giorni dalla predetta data di entrata in vigore.[14]
Iter di approvazione
Di seguito la cronologia dell'iter parlamentare della riforma e dei passaggi formali necessari al referendum:
7 febbraio 2019: il Senato della Repubblica approva il disegno di legge in prima deliberazione con 185 voti favorevoli, 54 contrari e 4 astenuti.[18]
9 maggio 2019: la Camera dei deputati approva il disegno di legge in prima deliberazione con 310 voti favorevoli, 107 voti contrari e 5 astenuti.[19]
11 luglio 2019: il Senato della Repubblica approva il disegno di legge in seconda deliberazione con 180 voti favorevoli e 50 contrari. Hanno votato contro i senatori del Partito Democratico e di Liberi e Uguali, allora opposizione del governo Conte I, mentre quelli di Forza Italia non hanno partecipato al voto.[20] La maggioranza è quindi inferiore ai due terzi dei componenti richiesta dal terzo comma dell'articolo 138 della Costituzione per rendere inammissibili le richieste di referendum.[18]
8 ottobre 2019: la Camera dei deputati approva il disegno di legge in seconda deliberazione con 553 voti favorevoli, 14 voti contrari e 2 astenuti (maggioranza superiore ai due terzi dei componenti). Hanno votato a favore tutti i gruppi parlamentari di maggioranza e opposizione, con l'eccezione di alcune componenti del Gruppo misto.[21]
12 ottobre 2019: la legge costituzionale viene pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 240. Da questo momento partono i tre mesi di tempo affinché un quinto dei membri di una Camera o 500 000 elettori o cinque Consigli regionali possano domandare che si proceda al referendum popolare.[14]
17 ottobre 2019: il Partito Radicale deposita alla Corte di cassazione la richiesta di referendum costituzionale confermativo;[22] dopo tre mesi però i Radicali annunciano di aver raccolto in tutta Italia solo 669 firme, a fronte delle 500 000 firme richieste.[23]
10 gennaio 2020: 71 senatori depositano presso la Corte di Cassazione la richiesta di referendum costituzionale, promossa dai senatori Tommaso Nannicini (PD), Andrea Cangini e Nazario Pagano (FI).
23 gennaio 2020: l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte suprema di cassazione dichiara la richiesta di referendum conforme all'articolo 138 della Costituzione e accerta la legittimità del quesito referendario proposto.[24] Da questo momento il Consiglio dei ministri ha 60 giorni di tempo per fissare la data del referendum che dovrà tenersi tra 50 e 70 giorni dalla fissazione.[25]
27 gennaio 2020: il Consiglio dei ministri fissa la data del referendum al 29 marzo 2020.[26]
5 marzo 2020: il Consiglio dei ministri, in considerazione di quanto disposto con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 4 marzo 2020, recante misure per il contrasto, il contenimento, l’informazione e la prevenzione sull’intero territorio nazionale del diffondersi della malattia COVID-19 propone al Presidente della Repubblica la revoca del decreto di indizione del referendum per il 29 marzo.[28] Lo stesso giorno il Presidente della Repubblica firma il decreto di revoca dell'indizione del referendum.[29]
17 marzo 2020: viene pubblicato il decreto-legge n. 18/2020 (cosiddetto "Cura Italia"), che con l'art. 81 estende da 60 a 240 giorni (fino al 19 settembre 2020) il termine entro il quale indire il referendum tramite decreto del Presidente della Repubblica.[30]
14 luglio 2020: il Consiglio dei ministri fissa la nuova data del referendum al 20 e 21 settembre 2020.[31]
17 luglio 2020: il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella firma il nuovo decreto d'indizione del referendum.[1]
Richiesta di referendum
Il referendum sul testo di legge costituzionale approvato dal Parlamento è stato richiesto da 71 senatori, appartenenti a quasi tutti i gruppi parlamentari e partiti, con l'esclusione di Fratelli d'Italia e il gruppo Per le Autonomie (SVP-PATT, UV).
I senatori richiedenti sono stati 71, numero superiore ai 64 senatori corrispondenti a un quinto dei membri del Senato della Repubblica previsto dall'articolo 138 della Costituzione:[32]
42 del gruppo parlamentare di Forza Italia Berlusconi Presidente-UDC:
Il quesito sottoposto a referendum, come da decreto di indizione del Presidente della Repubblica del 17 luglio 2020, è il seguente:
«Approvate il testo della legge costituzionale concernente "Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari", approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 240 del 12 ottobre 2019?».[1]
Fac-simile della scheda referendaria (fronte).
Fac-simile della scheda referendaria (retro).
Contenuto del plico elettorale per il voto all'estero (ripartizione America meridionale): busta preaffrancata per la restituzione del materiale, inclusa la busta con le schede (1); istruzioni (2); certificato elettorale (3); scheda aperta (4); busta per la restituzione della sola scheda (5).
Posizioni di partiti e movimenti presenti nei Parlamenti italiano o europeo
Nella tabella seguente sono elencate le posizioni assunte dai partiti politici rappresentati nel Parlamento italiano e/o nel Parlamento europeo.
Le operazioni di voto si sono svolte in Italia domenica 20 settembre dalle ore 07:00 alle ore 23:00 e lunedì 21 settembre dalle 7:00 alle 15:00; gli scrutini sono iniziati subito dopo.
I cittadini italiani residenti all'estero che avevano scelto di votare nel proprio paese di residenza[74] hanno votato per corrispondenza nelle settimane precedenti la data del voto in Italia. Lo scrutinio delle schede votate per corrispondenza si è svolto il pomeriggio del 21 settembre, in contemporanea con le schede votate in Italia, nei seggi appositamente allestiti alla Fiera di Roma.
Complessivamente il corpo elettorale ammontava a 50 955 950 cittadini, di cui 46 418 642 residenti in Italia o residenti all'estero che hanno optato per il voto in Italia e 4 537 308 residenti all'estero o situati temporaneamente all'estero che hanno chiesto di votare per corrispondenza.
A seguito della larga approvazione del quesito referendario, il 19 ottobre 2020 il Presidente della Repubblica ha promulgato la legge costituzionale n. 1/2020, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 261 del 21 ottobre[75] ed entrata in vigore il 5 novembre 2020. La disposizione di modifica dell'articolo 59 della Costituzione, che cristallizza il limite della coesistenza di cinque senatori a vita tra quelli di nomina presidenziale, ha trovato immediata applicazione. Invece, ai sensi dell'articolo 4 della riforma, le disposizioni di modifica degli articoli 56 e 57 (concernenti il numero dei parlamentari) si sarebbero applicate a partire dal primo scioglimento delle Camere non anteriore al 4 gennaio 2021 (sessantesimo giorno successivo all'entrata in vigore della legge di revisione costituzionale).
La riduzione del numero dei parlamentari è quindi divenuta effettiva nel 2022, a seguito dell'elezione (25 settembre) e insediamento (13 ottobre) della XIX legislatura.
^Decreto-legge17 marzo 2020, n. 18, articolo 81, in materia di "Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 (Decreto #CuraItalia)"
^I residenti all'estero possono anche optare, comunicandolo preventivamente, di votare in Italia, mentre possono chiedere di votare all'estero anche italiani non iscritti all'AIRE che si trovano temporaneamente oltre i confini nazionali.