La Colonia della Somalia Italiana[3], semplicemente nota come Somalia italiana (in araboالصومال الإيطالي?Al-Sumal Al-Italiy, in somaloDhulka Talyaaniga ee Soomaaliya, in ingleseItalian Somaliland), fu una colonia italiana istituita nel 1908; si estendeva sui territori dell'Africa orientale già ricadenti sotto la sovranità del Regno d'Italia e ricompresi nella colonia del Benadir (Somalia italiana meridionale).
I primi tentativi di penetrazione italiana in Africa risalgono al 2 ottobre 1869, quando il governo italiano, guidato dal presidente Luigi Federico Menabrea, stipulava un trattato segreto per comprare terreno sulle coste dell'Eritrea allo scopo di promuovere il colonialismo italiano. Quando il Khedivato di Egitto si ritirò dal Corno d'Africa nel corso del 1884, i diplomatici italiani stipularono un accordo con il Regno Unito per l'occupazione del porto di Massaua che assieme ad Assab formarono i cosiddetti Possedimenti italiani nel Mar Rosso (dal 1890 denominati Colonia eritrea). Con la spedizione del Mar Rosso del 1885 si pose la base per un progetto che avrebbe dovuto sfociare nel controllo dell'intero Corno d'Africa con inclusa la Somalia.
La fine del XIX secolo ebbe un enorme impatto sull'assetto del Corno d'Africa. Le potenze europee che si contendevano il controllo dell'area (Regno Unito, Regno d'Italia e Francia) guadagnarono i primi punti d'appoggio in Somalia attraverso la firma di accordi e contratti con i vari sultani somali che controllavano la regione, come Yusuf Ali Kenadid, Osman Mahamuud e Mohamoud Ali Shire[4]. I britannici stabilirono il Protettorato della Somalia britannica, futuro Somaliland, nel 1886 dopo la ritirata egiziana e il trattato con il clan Warsangeli. La parte più settentrionale del territorio fu data alla Francia, che stabilì la Somalia francese, costituita dai territori degli Afar e degli Issa. L'area meridionale venne occupata dall'Italia.
Alla fine del 1888, il sultanoYusuf Ali Kenadid aveva infatti stipulato un trattato con gli italiani, rendendo il suo Sultanato di Obbia un protettorato italiano. Il suo rivale Osman firmò un accordo simile per il suo Sultanato della Migiurtinia l'anno successivo. Entrambi i sovrani avevano firmato i trattati di protettorato per favorire i propri obiettivi espansionistici: Kenadid cercava di utilizzare il supporto dell'Italia nella sua controversia con il Sultanato di Zanzibar sul territorio di Uarsceik, oltre che nella sua lotta di potere in corso con il Boqor Osman stesso. Sia Kenadid che il suo rivale Osman speravano di sfruttare gli interessi contrastanti tra le potenze imperiali europee che stavano cercando di prendere il controllo del Corno d'Africa, evitando l'occupazione diretta dei loro territori[5].
Gli italiani, dal canto loro, erano interessati a questo paese in gran parte desertico soprattutto per i suoi porti, dei quali i più settentrionali potevano concedere loro l'accesso allo strategicamente importante canale di Suez ed al golfo di Aden[6]. L'ultimo pezzo di terra acquisito dall'Italia in Somalia al fine di formare la Somalia Italiana era la regione di Chisimaio, che prima della prima guerra mondiale era stata controllata dalla Gran Bretagna[6].
Tuttavia, il rapporto tra Obbia ed Italia si era inasprito quando il sultano Kenadid aveva rifiutato la proposta degli italiani di consentire ad un contingente britannico di sbarcare nel suo sultanato, in modo da proseguire la loro battaglia contro le forze dervisce del leader religioso e nazionalista somalo Mohammed Abdullah Hassan[5]. Visto come una minaccia, Kenadid fu infine esiliato ad Aden, in Yemen, e poi in Eritrea, dove suo figlio era l'erede al trono Ali Yusuf[7].
Alla fine del XIX secolo, in Italia si era sviluppato un crescente movimento politico-sociale che spingeva per espandere le aree di influenza in Africa, dal momento che molti altri paesi europei si stavano muovendo in questa direzione, mentre l'Italia rimaneva al palo. Nella situazione di grave carenza di capitali e di gravi problemi economici in cui versava il Paese[8], la Somalia era appetibile, più che per le sue risorse primarie, per i suoi porti e per le regioni a cui questi davano accesso[9].
Cesare Correnti organizzò una spedizione per conto della Società geografica italiana nel 1876. L'anno successivo venne pubblicato da Manfredo Camperio "L'Esploratore ", il diario del viaggio. Nel 1879 venne costituita la Società di Esplorazioni Commerciali in Africa, con il coinvolgimento dell'establishment industriale italiano del tempo. Nello stesso anno venne istituito in Somalia il "Club Africano", che tre anni più tardi divenne la "Società Africana d'Italia".
L'8 febbraio 1889 venne sancito il protettorato italiano sul Sultanato di Obbia. Nel novembre dello stesso anno l'Italia proclamò il protettorato sui tratti di costa compresi tra Uarsceik, Mogadiscio, Merca e Brava. Nel marzo 1891Vincenzo Filonardi occupò il villaggio costiero somalo di Ataleh che ribattezzò Itala.
«I primi passi per la penetrazione italiana in Somalia furono il trattato commerciale con Zanzibar del 1885, al quale cui seguirono nel 1889 i trattati di protezione firmati con i sultani di Obbia e Migiurtinia. Nel 1891, dopo l'occupazione del villaggio di el-Athale, l'Italia ottenne in affitto dal sultano di Zanzibar i porti di Brava, Merca, Mogadiscio e Uarsceik, la cui gestione affidò alla Compagnia Commerciale Filonardi e poi alla Società Commerciale Italiana del Benadir. Con il protocollo del maggio 1894 il governo italiano e quello britannico si accordarono per delimitare le rispettive zone di influenza. Gli Inglesi, dopo alcuni episodi di occupazione proclamarono nel 1886 il Somaliland Protectorate, ma dal 1899 la rivolta nazionalistica capeggiata da Mad Mullah agitò la Somalia Britannica e in parte il Benadir. Nel 1905 l'Italia assunse la gestione diretta della sua colonia; dopo l'incidente di Lugh, nel 1908 si arrivò a una delimitazione approssimativa dei confini con l'Etiopia, e la colonia del Benadir fu ribattezzata Somalia Italiana. Negli anni venti il fascismo concluse la pacificazione del territorio, alla quale seguirono l'insediamento di coloni e lo sfruttamento delle terre più fertili per coltivazioni di tipo intensivo. Nel 1925 i possedimenti italiani si ampliarono con l'acquisizione dell'Oltregiuba dall'Inghilterra e nel 1936, dopo la conquista dell'Etiopia, la Somalia Italiana, a cui venne unito l'Ogadèn, abitato da popolazioni somale, entrò a far parte dell'Africa Orientale Italiana.»
(Vittorio Santoianni)
Nel 1908 anche il Sultanato di Geledi, ormai in declino sotto il regno del sovrano Osman Ahmed, venne proclamato protettorato italiano. Con la morte del sultano nel 1910 venne definitivamente annesso alla Somalia italiana.
Il 12 agosto 1892 Mogadiscio, Merca, Bava e Uarsceik vennero concesse in affitto dal Sultanato di Zanzibar all'Italia per 25 anni. Nel 1905 il governo italiano assunse direttamente la responsabilità di creare una colonia nel sud della Somalia a seguito delle accuse rivolte alla Società del Benadir di aver tollerato o addirittura collaborato alla perpetuazione della tratta degli schiavi[10]. L'organizzazione amministrativa venne affidata al governatore Mercantelli, che organizzò la colonia nelle sei suddivisioni amministrative di Brava, Merca, Lugh, Itala, Bardera e Giumbo.
Il 5 aprile 1908 il Parlamento italiano approvò la legge che riuniva tutti i possedimenti italiani nella Somalia meridionale in un'unica entità amministrativa chiamata "Somalia Italiana". Tale legge stabiliva inoltre le competenze in materia coloniale tra il Parlamento, il Governo del Regno ed il governo della colonia. Quest'ultimo veniva notevolmente potenziato: il governatore civile controllava i diritti di esportazione, regolava il tasso di cambio, stabiliva la tassazione sulle attività dei nativi e regolamentava tutti i servizi e le materie civili relative alla caccia e la pesca; inoltre deteneva il comando delle forze di polizia[11]. Il controllo italiano rimase effettivamente limitato alle sole zone costiere fino al 1920[12]. Dopo il crollo del movimento di resistenza di Hassan, i vari clan della Somalia settentrionale tornarono a scontrarsi tra di loro per controversie di confine. Il governo della colonia lavorò per cercare di mantenere la pace tra i vecchi clan, pur mantenendo uno stretto controllo militare sulla regione[13].
Sviluppo economico
Nel 1920, Luigi Amedeo di Savoia-Aosta fondò la Società Agricola Italo-Somala (SAIS), al fine di esplorare il potenziale agricolo africano. Con la salita al potere del fascismo, il 5 dicembre 1923 si insediò come governatore il quadrumviroCesare Maria De Vecchi, che portò con sé i modi forti di dominio coloniale duro.
La regione dell'Oltregiuba, in base all'art. 13 del Patto di Londra, fu ceduta al Regno d'Italia col protocollo italo-britannico del 15 luglio 1924 dietro indennizzo annuo al sultano di Zanzibar di 1 000 sterline oltre al pagamento di 25 000 sterlineuna tantum. La Colonia dell'Oltre Giuba fu colonia italiana autonoma dal 16 luglio 1924 al 31 dicembre 1926, sotto il mandato di governatore Corrado Zoli. Tale concessione era presumibilmente una ricompensa per l'adesione dell'Italia alla Triplice intesa.
Nel 1926, dopo una certa resistenza, il sud della Somalia venne completamente pacificato con il massiccio impiego di dubat, zaptié ed àscari del Regio Corpo Truppe Coloniali della Somalia italiana. Nei primi anni trenta, i nuovi governatori italiani, Guido Corni e Maurizio Rava, iniziarono quindi una politica di assimilazione dei somali e della loro cultura, basata sul rispetto della struttura tribale e sociale e sul rispetto per l'Islam come religione di questi sudditi[14]. Molti somali si arruolarono nelle truppe coloniali italiane. Alcune migliaia di coloni italiani si trasferirono a Mogadiscio, che divenne un centro commerciale con alcune piccole aziende manifatturiere, e in alcune aree agricole intorno alla capitale come il Villaggio "Duca degli Abruzzi" (o "Villabruzzi", oggi Giohar) e Genale, centrate sull'esportazione di banane e prodotti agricoli[12][15].
Nel 1930 c'erano 22.000 coloni italiani in Somalia (ovvero il 2% della popolazione del territorio), dei quali 10.000 residenti nella capitale Mogadiscio dove vi erano alcune piccole industrie manifatturiere.[16][17]
Le entrate della colonia somala, anche se non rilevanti, finanziarono un programma di opere pubbliche che permise il completamento della Ferrovia Mogadiscio-Villaggio Duca degli Abruzzi, la risistemazione della rete stradale con la creazione della Strada Imperiale tra Mogadiscio ed Addis Abeba, e la costruzione di una diga funzionale alla realizzazione del porto di Mogadiscio.
Nel 1935 vivevano in Somalia oltre 50.000 italo-somali, che costituivano il 5% della popolazione del territorio.[17][18][19] Di questi, 20.000 risiedevano a Mogadiscio, rappresentando circa il 40% dei 50.000 residenti della città.[18][20][21] Questi dati non includono ovviamente nessuno dei 220.000 soldati italiani di stanza nella Somalia Italiana durante la seconda guerra italo-abissina.[22]
Dal 1936 al 1940, tutta la regione fu interessata dalla costruzione di nuove strade (come la "Strada Imperiale" da Mogadiscio a Addis Abeba), nuove ferrovie (114 km da Mogadiscio a Jowhar), scuole, ospedali, porti, ponti. Nella prima metà del 1940 la colonia era uno degli stati africani più sviluppati in termini di tenore di vita dei coloni e dei somali, soprattutto nelle aree urbane. Mogadiscio rimaneva uno dei capoluoghi amministrativi della Africa Orientale Italiana, costellata di nuovi edifici eretti nella tradizione architettonica italiana razionalista. Essa ebbe uno sviluppo urbano, all'interno dell'AOI, inferiore solo a quello di Asmara. Nel marzo 1940 vivevano a Mogadiscio oltre 30.000 italiani che rappresentavano il 33% della popolazione totale della città (90.000 residenti).[23][24] Frequentavano le scuole italiane locali che le autorità coloniali avevano aperto.[25] Sempre nel 1940, il Villaggio "Duca degli Abruzzi" aveva una popolazione di 12 000 persone, di cui quasi 3 000 italo-somali, e godeva di un notevole livello di sviluppo con le sue piantagioni di banane, cotone e canna da zucchero e con una piccola area di produzione con industrie agricole (zuccherifici, mulini, ecc)[26].
La seconda guerra mondiale e la caduta della colonia
Nella seconda metà del 1940, le truppe italiane invasero il Somaliland britannico espellendo gli inglesi. Gli italiani occuparono anche le aree del Kenya confinanti con l'Oltregiuba, intorno ai villaggi di Moyale e Buna[27]
Nell'agosto del 1940 Benito Mussolini poté così dichiarare davanti ad un gruppo di somali a Roma che con la conquista della Somalia britannica, quasi tutti i somali erano uniti, realizzando il loro sogno della "Grande Somalia"[28].
Il 1º luglio 1960, la Somalia Italiana raggiunse l'indipendenza. Con l'occasione si unì al vicino Somaliland, resosi indipendente dalla Gran Bretagna il 26 giugno di quello stesso anno, per formare la Repubblica di Somalia.
Suddivisione amministrativa
Commissariati
Il territorio della Somalia Italiana era diviso in commissariati, a loro volta divisi in Residenze e Vice Residenze. Nel 1938 era diviso nei seguenti commissariati:
Inizialmente in Somalia circolavano sia il tallero di Maria Teresa che la rupia indiana. Dal 1909 la moneta ufficiale fu la rupia somala, divisa in 100 bese, che rimpiazzò le precedenti. La rupia fu sostituita dalla lira somala durante il periodo di transizione dal 1º luglio 1925 e il 30 giugno 1926, al valore di 8 lire = 1 rupia.[29]. Con l'annessione all'AOI, la moneta ufficiale per tutte le colonie del Corno d'Africa divenne la lira dell'Africa Orientale Italiana.
^Copia archiviata, su lasecondaguerramondiale.it. URL consultato il 2 agosto 2009 (archiviato dall'url originale il 2 agosto 2009). La prima mappa mostra le aree occupate dagli italiani intorno Moyale/Buna.
^Antonicelli, Franco. Trent'anni di storia italiana 1915-1945. p. 47
Calace, Francesca (a cura di), «Restituiamo la Storia» – dagli archivi ai territori. Architetture e modelli urbani nel Mediterraneo orientale. Gangemi, Roma, 2012 (collana PRIN 2006 «Restituiamo la Storia»)
Ercole Tuccimei, La Banca d'Italia in Africa, Presentazione di Arnaldo Mauri, Collana storica della Banca d'Italia, Laterza, Bari, 1999.
Paolo Tripodi, L'eredità coloniale in Somalia, St. Martin P. Inc., New York, 1999.
Stefano Maggi, Colonialismo e comunicazioni. Le strade ferrate nell'Africa Italiana (1887-1943), Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1996, ISBN88-8114-416-6.