Chiamato Stefano alla nascita, prese le prime lezioni da suo padre Ernesto, professore di filosofia e nobile italiano che era giunto in Francia da Alatri, dove i marchesi Grappelli, «una delle famiglie più distinte di Alatri che per ricchezza e per influenza aveva avuto una parte importante nella storia della città»[1], possedevano un antico palazzo munito di torre (torre Grappelli)[2].
A soli quattro anni Stefano perse la madre, ma nel 1919 il padre gli fece ottenere la cittadinanza francese e cambiare il nome in Stéphane. Si iscrisse al conservatorio di Parigi e non concluse gli studi accademici; apprese essenzialmente da autodidatta, ascoltando le prime registrazioni di Louis Armstrong, Bix Beiderbecke e Joe Venuti. Verso i 15 anni iniziò a suonare il pianoforte come accompagnamento per i film muti, nei club e nei ristoranti parigini.
A 19 anni diventò membro stabile della band dell'Ambassador Club e, alternandosi tra pianoforte e violino, continuò la sua carriera con i "Gregor and his Gregorians"; quindi, non molto tempo dopo, lavorò come violinista e sassofonista con la "Alan Romans Band" di Montparnasse. Proprio in questo periodo avvenne l'incontro tra Grappelli e il celebre chitarrista jazz belgaDjango Reinhardt.
Dall'incontro con Reinhardt nel 1934 nacque il Quintette du Hot Club de France. Il gruppo acquistò subito un'importanza internazionale e attraverso le proprie registrazioni si impose come il primo importante gruppo jazz non americano.
Allo scoppio della Seconda guerra mondiale Stéphane e Django si trovavano a Londra. Nonostante il clima di persecuzione razziale nei confronti degli zingari nella Francia occupata dai nazisti, Django decise di ritornare a Parigi. Grappelli continuò a lavorare a Londra, collaborando attivamente con George Shearing. Alla fine della guerra, Django e Stéphane si troveranno ancora a suonare sia in Francia sia in Inghilterra fino al 1948, anno in cui furono invitati ad esibirsi all'inaugurazione del Nice Jazz Festival.[3] Grappelli si trasferì poi a Roma nel 1949 per un lungo ingaggio e l'incisione di moltissimi brani. In questi anni subì la forza del successo del suo più grande collega ed amico, rimanendo in ombra e venendo per lo più associato allo stile cosiddetto "gipsy": non aveva ancora acquisito la notorietà che invece di lì a poco sarebbe divenuta mondiale.
In tarda età visitò più volte la città di Alatri e il palazzo di famiglia per riavvicinarsi alle sue origini; avrebbe voluto tenere un concerto nella cittadina italiana, ma non riuscì a realizzare il suo desiderio.[7]
^ Daniel Chauvet, Gilbert D'Alto, Frederica Randrianome Karsenty, Le Festival - History, su nicejazzfestival.fr, Nice Jazz Festival. URL consultato il 25 maggio 2020.
^Al Jazz Power, su centrostudi.sienajazz.it, Centro Nazionale Studi sul Jazz, giugno 1973. URL consultato il 20 novembre 2020 (archiviato dall'url originale il 17 ottobre 2020).