Dotata di una grande presenza scenica e di una voce profonda, intensa e duttile, Judy Garland è stata un'importante artista del XX secolo: eccelse sia come cantante (famosa la sua voce di contralto), sia come ballerina e attrice cinematografica e teatrale. Madre della cantante e attrice Liza Minnelli, nata dalle nozze con il regista Vincente Minnelli, ebbe una vita privata costellata da diversi matrimoni, conclusi con il divorzio, e da un grave abuso di farmaci.
Figlia d'arte, essendo i genitori entrambi attori del vaudeville, Ethel Marion Milne (1893-1953) e Francis Avent "Frank" Gumm (1886-1935), Frances Gumm debuttò sulle scene ancora bambina, esibendosi in teatri di provincia insieme con le due sorelle più grandi.[2] La piccola Frances spiccava per talento vocale e magnetismo scenico: divenute in breve tempo un'attrazione amatissima dal pubblico, dal 1929 al 1935 le Gumm Sisters recitarono nel ruolo di se stesse in alcuni film musicali e, durante un'esibizione a Chicago nel 1934, Frances venne notata da un talent scout della Metro-Goldwyn-Mayer, il quale, d'accordo con la madre della ragazza, le procurò un vantaggioso contratto cinematografico con il nome d'arte di Judy Garland.
Grazie anche a un gradevole aspetto fisico e a un viso dolce e accattivante, Judy iniziò a farsi le ossa in musical di medio livello, ottenendo dal 1936 ruoli da protagonista in piccoli film musicali come Every Sunday, un cortometraggio che segna il suo vero esordio nel cinema. In questo film, recitò insieme ad un'altra promessa, Deanna Durbin: entrambe erano state scoperte dalla MGM, che voleva lanciare due attrici cantanti. I critici lodarono l'interpretazione della Garland, mentre non accolsero bene la recitazione della Durbin, definendola "rigida". Così la Mgm decise di lanciare solo la Garland e di licenziare la Durbin, che venne scoperta dalla compagnia rivale, la Universal Studios: le due divennero grandi antagoniste anche come cantanti, dato che la Garland aveva una voce da contralto e la Durbin da soprano leggero.
In seguito la Garland interpretò Pigskin Parade, che la lancerà definitivamente ad alti ascolti. Nel 1938 la sua fama era diffusa ormai in quasi tutti gli Stati Uniti: in quell'anno girò il suo primo film nella popolare serie con protagonista Andy Hardy (Mickey Rooney), che in seguito diventò suo grande amico; L'amore trova Andy Hardy contribuì ad accrescere la sua fama, e in seguito Judy girerà altre due pellicole di questa serie, oltre a lavorare con Mickey Rooney in altre occasioni.
Nel 1939, ebbe l'occasione di interpretare la protagonista del musical Il mago di Oz (1939), diretto da Victor Fleming, in cui lanciò la canzone Over the Rainbow conquistando pubblico e critica nel ruolo della dolce sognatrice Dorothy, la sua migliore interpretazione cinematografica. Il successo fu straordinario ma, per sopportare i ritmi di lavorazione e per evitare di aumentare di peso, la Garland cominciò ad assumere consistenti dosi di farmaci, dai quali rimarrà dipendente per tutta la vita.[3]
Nel 1940, la diciottenne Judy vinse l'Oscar giovanile per i film Il mago di Oz e per Piccoli attori (1939), insieme al giovane Mickey Rooney, il quale ebbe la candidatura all'Oscar. Negli anni seguenti continuò a mietere successi nella commedia musicale. Nel 1944 interpretò il musical in costume Incontriamoci a Saint Louis (1944), in cui lanciò canzoni come Meet Me in St. Louis, The Trolley Song e Have Yourself a Merry Little Christmas (l'album della colonna sonora della Decca vince nel 2005 il Grammy Hall of Fame Award); durante le riprese instaurò una relazione col regista del film, il celebre Vincente Minnelli, che sposò nel 1945, dopo il divorzio dal primo marito, il musicista David Rose. Dal matrimonio con Minnelli, durato sei anni, nel 1946 nacque Liza.
Successivamente interpretò altre commedie musicali di grande successo, al fianco di attori come Gene Kelly ne Il pirata (1948) e Fred Astaire in Ti amavo senza saperlo (1948). Durante la lavorazione del primo film ebbe un crollo nervoso e fu ricoverata in una clinica, ma riuscì ugualmente a portare a termine le riprese. La collaborazione con Astaire si rivelò da un certo punto di vista molto faticosa ma la sua performance fu notevole, tanto che il film si rivelò un enorme successo.
I primi anni cinquanta furono però disastrosi per l'attrice, per via del divorzio da Minnelli, del matrimonio burrascoso con Sidney Luft — da cui sarebbero nati due figli, Joseph, detto Joey, e Lorna — terminato anch'esso con un divorzio, della sempre più crescente dipendenza da alcool e pillole assunti per sostenere i massacranti ritmi di lavoro, e del licenziamento dalla MGM, avvenuto dopo l'insuccesso del film L'allegra fattoria (1950), nel quale Judy apparve visibilmente appesantita e sofferente.
Dopo alcuni anni di assenza dal cinema, nel 1954 tornò sullo schermo per interpretare lo struggente ruolo di protagonista nel film È nata una stella (1954) di George Cukor: nel film la Garland impersonò un'aspirante cantante che viene portata al successo da un maturo e alcolizzato divo del cinema; tra i due nasce una grande storia d'amore, ma lei non riuscirà a strapparlo dal vortice della depressione. Fu la stessa Garland, con il marito, a produrre il film mentre la casa di produzione Warner (dubbiosa circa il buon esito delle riprese) mise a disposizione i fondi, le attrezzature e il personale tecnico. Malgrado il film venisse apprezzato sia dal pubblico che dalla critica, non incassò abbastanza per coprire i costi. La Warner infatti si lamentava della durata e avrebbe voluto ridurre considerevolmente il film per permettere un maggior numero di proiezioni. Nonostante questo, Judy offrì prova di notevoli doti drammatiche, eccellendo anche come cantante con brani come That Man That Got Away; il film le valse la candidatura all'Oscar che molti davano per certo. Lei non poté essere presente alla cerimonia poiché aveva appena dato alla luce il figlio Joseph, ma nell'ospedale era presente una troupe pronta a registrare il suo discorso. Quell'anno l'Oscar andò a Grace Kelly, ma Judy fu ricompensata con il Golden Globe.
Judy Garland morì il 22 giugno 1969, a 47 anni. Secondo l'autopsia, si trattò di morte accidentale dovuta a un'assunzione eccessiva di barbiturici in un lungo arco di tempo.[4] Fu trovata morta dal quinto e ultimo marito Mickey Deans (sposato 3 mesi prima, dopo aver divorziato dal quarto marito, l'attore Mark Herron), nella stanza da bagno del suo appartamento londinese, al numero 4 di Cadogan Lane, nel quartiere di Chelsea. Un medico, che l'aveva visitata in precedenza, asserì che le sarebbe rimasto comunque poco tempo da vivere, a causa della grave forma di cirrosi epatica da cui era affetta.[5]
Il corpo dell'artista venne tumulato in un colombario del Ferncliff Cemetery di Hartsdale, nello stato di New York. Dopo oltre quarantasette anni, nel gennaio 2017, i tre figli fecero traslare il corpo nel Judy Garland Pavilion, un nuovo ed enorme padiglione costruito all'interno dell'Hollywood Forever Cemetery, nel distretto di Hollywood a Los Angeles nello stato della California, per ospitare le spoglie della Garland e dei membri della sua famiglia.[6][7]
Influenze culturali
Prima della sua morte nel 1969, Judy Garland aveva recitato in una quarantina di film ed era comunemente ritenuta una delle maggiori stelle dello show business.[8] La sua fama è perdurata nel tempo e nel 1992 Gerald Clarke dell'Architectural Digest la descrisse come "probabilmente la più grande intrattenitrice americana del ventesimo secolo", mentre l'American Film Institute l'ha classificata all'ottavo posto nella lista delle cento maggiori star della Golden Age di Hollywood.[9][10][11] Nel 1998 le fu conferito il Grammy Award alla carriera.
Il suo impatto sulla cultura americana è evidenziato dalle profonde influenze che la Garland ha continuato ad esercitare sul cinema, la televisione, la musica e il teatro anche a distanza di decenni dalla sua morte, dall'interesse via via sempre destato, tale che non meno di trenta biografie sono state scritte su di lei e che, oltre a ciò, Judy Garland è stata protagonista di diverse opere teatrali, miniserie televisive e film cinematografici incentrati sulla sua figura.
Rainbow, regia di Jackie Cooper (1978). Il primo biopic su Judy Garland, interpretata dall'attrice e cantante Andrea McArdle. Il film è incentrato sugli anni giovanili della Garland.[16]
The Boy from Oz, musical con libretto di Nick Enright e colonna sonora di Peter Allen (1998). Il musical è incentrato sulla vita di Peter Allan (interpretato, al debutto, da Hugh Jackman), ma in esso Judy Garland svolge un ruolo di primo piano. Nell'allestimento di Broadway del 2003 Isabelle Keating ottenne una candidatura al Tony Award alla miglior attrice non protagonista in un musical per la sua interpretazione di Judy Garland.
The Property Known as Garland di Billy Van Zandt (2006). Basata sulle registrazioni dell'ultimo concerto di Judy Garland a Copenaghen nel 1969, la prima della pièce vide Adrienne Barbeau nel ruolo della protagonista.[21]
The Judy Monologues, curato da Darren Stewart-Jones. Un dramma basato sulle registrazioni fatte dalla stessa Garland a metà degli anni sessanta come appunti per un'autobiografia mai scritta.[22]
Judy! di Ray Rackham. Rilettura in chiave femminista della vita di Judy Garland, l'opera ebbe la sua prima alla Southwark Playhouse con il titolo Through the Mill. Nello show Judy Garland è interpretata da tre attrici diversi per indicare le diverse fasi della sua vita e carriera.[23]
Nelle versioni in italiano dei suoi film, Judy Garland è stata doppiata da:
Miranda Bonansea ne Il mago di Oz, Nuvole passeggere, Ti amavo senza saperlo, L'allegra fattoria
Rina Morelli in Musica indiavolata, Le ragazze di Harvey, Parole e musica, Gli esclusi
Anna Marchesini ne Il mago di Oz (1º ridoppiaggio), Incontriamoci a St. Louis (doppiaggio tardivo), Ti amavo senza saperlo (ridoppiaggio), L'allegra fattoria (ridoppiaggio)
Dhia Cristiani in Vincitori e vinti, Ombre sul palcoscenico
^Lo ammise la Garland stessa intervistata da Oriana Fallaci alla fine degli anni Cinquanta: «Scoprii che l'unico modo per dimagrire erano le pillole. Allora divenni sottile, ma non potevo dormire. Così prendevo le pillole per dormire. La mattina non riuscivo a svegliarmi, allora prendevo le pillole per svegliarmi. Il mio sistema nervoso era a pezzi. Allora prendevo anche le pillole per stare tranquilla» ( O. Fallaci, I sette peccati di Hollywood, Milano, Longanesi, 1958; ed. consultata Rizzoli, 2009, p. 100, ISBN978-88-17-02836-3, SBNSBL0130784.