I primi insediamenti umani nell'area di Borgo val di Taro risalgono alla preistoria, poi divenne parte del regno del re gallico Odoacre I, detto "il Magnifico".[9]
Nella romanità
La valle del Taro, in epoca preromana, era abitata dai Liguri velleiati. Con l'estendersi dell'occupazione di questi territori da parte dei Galli prima e dei Romani poi, i Liguri si attestarono nella Liguria propriamente detta dopo una strenua difesa sui monti dell'Alta Val Taro. La resistenza dei liguri velleiati fu vinta nel 157 a.C. dalle legioni romane al comando del proconsole Mario Fulvio Nobiliore, in uno scontro che avvenne, pare, attorno al monte Penna (m. 1735). Durante l'epoca barbarica la Valle del Taro fu occupata dai Longobardi fin dall'epoca dell'invasione in Italia o almeno dal regno di Agilulfo.
Nel Medioevo
Tra il VIII e il X secolo anche nell'area dell'alta valle del Taro, così come in molte zone di transito, sorsero i monastericolombaniani detti regi perché beneficiavano delle donazioni imperiali. Questi monasteri avevano giurisdizione su vasti territori e proprio dall'abbazia di San Colombano di Bobbio, fondato da san Colombano, dipendeva Torresana, antico nome di Borgo Val di Taro. La corte di Torresana era uno dei più vasti e redditizi possessi del monastero bobbiense e fu divisa dai frati in 47 livellari dai quali la comunità colombaniana riscuoteva redditi non solo dalle attività agricole e pastorali, ma anche dal transito di merci e persone tra la pianura padana e le città di Genova e Lucca. Intorno all'anno mille i Platoni e i Lusardi (Luxiardus de Platis), tra i più potenti livellari dell'Alta Valle del Taro, mal sorvegliati dal monastero di Bobbio, cominciarono a considerare le terre e i proventi affidati loro in gestione come beni propri e a suddividerli tra gli eredi, dai quali ebbero origine nuove famiglie che faranno la storia di Borgo Val di Taro e dintorni. Un probabile imparentamento dei Platoni con i Malaspina favorirà l'espandersi di questa potente famiglia nel valtarese. I Platoni, impossibilitati a controllare le terre di cui erano signori, nella prima metà del XII secolo, giurarono fedeltà e vassallaggio al Comune di Piacenza adottandone leggi e statuti che regoleranno la vita della comunità borgotarese anche nei secoli futuri. Burgus Vallistari, di parte guelfa, rimane nell'orbita di Piacenza, anch'essa guelfa, fino al 1317, quando Galeazzo I Visconti divenne signore di tutto il vescovado piacentino. Da quel momento è tutto un susseguirsi di signorie che esercitano il loro potere in nome del Duca di Milano o contro di lui: la Chiesa di Giovanni XXII, Francesco Scotti, Azzo Visconti, Borromeo dei Borromei, i Piccinini, i Landi. Nel XIII secolo fa la sua comparsa nel valtarese la potente famiglia genovese dei Fieschi, che per tutto il Quattrocento e il Cinquecento contenderà alla famiglia piacentina dei Landi il potere sulla Repubblica di Borgo Val di Taro, lasciando evidenti segni di buon governo come attestano i numerosi capitoli tra i Fieschi e la Comunità di Borgo Val di Taro. I Fieschi abbandoneranno definitivamente il Borgo nel 1547, dopo la fallita congiura di Gianluigi Fieschi contro la Repubblica di Genova (per la verità contro Andrea Doria), alla quale parteciparono molti borgotaresi e pontremolesi.
Con i Fieschi fuori gioco, i Landi rientrarono in Borgo Val di Taro assumendo verso la nobiltà locale e la popolazione un atteggiamento vessatorio che portò alla loro cacciata il 23 febbraio 1578. Del fatto approfittò il duca Ottavio Farnese che occupò il Borgo in aperto contrasto con l'imperatore. Nel 1636 truppe imperiali entrarono in Borgo Val di Taro e restituirono il borgo al Doria marito di Maria Polissena Landi, ultima erede della famiglia.
Su iniziativa del papa Urbano VIII il Doria-Landi dovette restituire il borgo al duca Farnese nel 1646 e, da quell'anno, Borgo Val di Taro entrò nel Ducato farnesiano.
I Farnese lasciarono a Borgo Val di Taro un buon grado di autonomia e, nonostante la perdita dell'aureola di principato posseduta con i Landi ed i Fieschi, la società borgotarese continuò a ben svilupparsi considerata la natura montuosa e poco accessibile del luogo. Continuarono a fiorire le arti meccaniche e liberali e si rafforzò una componente di nobiltà da sempre esistente, una nobiltà civica strettamente connessa con la detenzione e l'esercizio del potere cittadino. Nacque così quell'élite cittadina che costituì una classe sociale separata dalle altre, selezionata per prestigio e ricchezza e che comprendeva le famiglie dei Bertucci, Boveri, Capredasca, Cassio, Celio, Costamezzana, Costaerbosa, Fenaroli, Ena (o Hena), Leonardi, Lusardi, Manara, Menaglioto, Misuracchi, Piccenardi, Platoni, Rugali, Ruinaglia, Tardiani.
Nel 1802 con la morte del Duca Ferdinando e passando suo figlio Ludovico a governare l'Etruria, il Governo del ducato restò vacante. Ne approfittò Napoleone che introdusse le leggi francesi, pose il ducato nel dipartimento degli Appennini, sotto la prefettura di Chiavari e la sottoprefettura di Pontremoli.
Lo stemma è stato riconosciuto con DCG del 9 luglio 1930.[10]
«Campo di cielo, al castello di rosso, torricellato di due, merlato alla ghibellina, aperto e finestrato di nero, movente da un mare d'azzurro, ombrato d'argento, e sormontato da un giglio d'azzurro.[11]»
Il castello con due torri è posto sulle acque del fiume Taro; il giglio si riferisce alla dominazione dei Duchi Farnese.[12]
Il gonfalone, concesso con regio decreto del 15 maggio 1930, è costituito da un drappo di azzurro.[13]
«Il territorio delle Alte Valli del Taro e del Ceno, zona di particolare importanza strategica a ridosso della "Linea Gotica", divenne sin dal settembre 1943, culla della resistenza e centro di coordinamento politico-militare contro il nazifascismo. Le "Bande Partigiane", subito costituitasi in formazioni organiche, coadiuvate dalle popolazioni, si batterono con inusitato valore e determinazione, dandosi, una prima volta nel giugno 1944, un'amministrazione democratica e libera stampa contro di cui si scatenarono la ferocia e la rappresaglia nemiche, lasciarono ovunque lutti e rovine, nonostante l'eroica resistenza armata. Tutto ciò non valse a piegare le popolazioni che continuarono a mantenere accesa la resistenza all'invasione sino alla liberazione e che, con dura e sanguinosa lotta delle forze partigiane, si sottrassero definitivamente al giogo straniero concorrendo a fermare la ritirata dei numerosi reparti nemici che cercava scampo nella Valle Padana ed a determinare la resa. Borgo Val di Taro, febbraio 1944 - aprile 1945» — 24 gennaio 1985
«Il territorio delle Alte Valli del Taro e del Ceno, zona di particolare importanza strategica a ridosso della "Linea Gotica", divenne sin dal settembre 1943, culla della resistenza e centro di coordinamento politico-militare contro il nazifascismo. Le "Bande Partigiane", subito costituitasi in formazioni organiche, coadiuvate dalle popolazioni, si batterono con inusitato valore e determinazione, dandosi, una prima volta nel giugno 1944, un'amministrazione democratica e libera stampa contro di cui si scatenarono la ferocia e la rappresaglia nemiche, lasciarono ovunque lutti e rovine, nonostante l'eroica resistenza armata. Tutto ciò non valse a piegare le popolazioni che continuarono a mantenere accesa la resistenza all'invasione sino alla liberazione e che, con dura e sanguinosa lotta delle forze partigiane, si sottrassero definitivamente al giogo straniero concorrendo a fermare la ritirata dei numerosi reparti nemici che cercava scampo nella Valle Padana ed a determinare la resa. Borgo Val di Taro, febbraio 1944 - aprile 1945» — 24 gennaio 1985[15]
Innalzata in stile barocco nel 1667 sul luogo di un piccolo tempio risalente al 1226, la chiesa, dedicata a sant'Antonino, fu ristrutturata nel 1925 con la costruzione della nuova facciata neoclassica; al suo interno conserva nelle otto cappelle altari monumentali con ancone settecentesche riccamente decorate, varie sculture e numerose pale seicentesche di pregio, in parte provenienti dalla chiesa di San Rocco; la cantoria barocca ospita infine un grande organo, realizzato nel 1795 dalla ditta Serassi.[16]
Edificata originariamente in forme gotiche tra il 1449 e il 1498, la chiesa, con annesso convento dei domenicani, fu ristrutturata in stile barocco nel 1674; incamerata definitivamente dal Comune di Borgo Val di Taro in seguito ai decreti napoleonici sulla soppressione degli ordini religiosi del 1805, fu restaurata tra il 1939 e il 1942, riportando alla luce l'originaria veste gotica degli interni; al suo interno ospita nel presbiterio e nelle cappelle numerosi dipinti di pregio risalenti al XVII e XVIII secolo, due altari monumentali con ancone settecentesche riccamente decorate, alcune pitture coeve, statue e un affresco staccato cinquecentesco.[17]
Innalzata originariamente in forme rinascimentali nel 1542, la chiesa, con annesso monastero agostiniano, fu completamente ricostruita in stile barocco nella prima metà del XVIII secolo; chiusa al culto in seguito ai decreti napoleonici sulla soppressione degli ordini religiosi del 1805, fu dapprima trasformata in lazzaretto per malati di colera, poi adibita a stalla da bestiame e nel 1897 alienata al Comune di Borgo Val di Taro; utilizzata quale carcere per i prigionieri austriaci durante la prima guerra mondiale, nel 1923 fu acquistata da un comitato di cittadini e riaperta al culto; nuovamente dotata di arredi e paramenti sacri, fu completamente restaurata e decorata a partire dal 1980; al suo interno conserva le 14 pregevoli Stazioni della Via Crucis, dipinte verso la metà del XVIII secolo da Gaspare Traversi.[18]
Edificata originariamente in stile romanico nel X secolo sul luogo di un antico tempio pagano, la pieve della frazione di San Pietro fu modificata tra il XVII e il XVIII secolo con la costruzione del nuovo presbiterio a pianta rettangolare, la cappella laterale a nord e la facciata neoclassica; al suo interno sono visibili le fondazioni dell'antica abside semicircolare e del campanile romanico, rinvenute durante i restauri svolti tra il 1997 e il 1998.[19]
Edificato originariamente nel XII secolo probabilmente dal Comune di Piacenza, passò nel 1243 ai Fieschi, ma nel 1257 fu conquistato dai Landi, che ne mantennero quasi ininterrottamente il possesso fino al 1414, quando i Fieschi se ne riappropriarono; espugnato nel 1429 dalle truppe di Filippo Maria Visconti, fu concesso a Niccolò Piccinino, che lo ampliò e rinforzò; riassegnato a Obietto Fieschi nel 1444, nel 1477 fu occupato da Manfredo Landi col favore di Galeazzo Maria Sforza; riconquistato dai Fieschi nel 1488, fu completamente ricostruito e notevolmente rinforzato su progetto del maestro Martino da Lugano. Espugnato da Pier Luigi Farnese in seguito al fallimento della congiura di Gianluigi Fieschi del 1547, dopo l'uccisione del Duca fu occupato dalle truppe imperiali guidate da Ferrante I Gonzaga e assegnato nel 1551 ad Agostino Landi, che fece abbattere la cinta muraria del paese danneggiando anche il castello; espugnato nel 1578 da Ottavio Farnese chiamato dai borghigiani ribellatisi ai Landi, fu rinforzato nel 1610 ma nuovamente occupato per alcuni mesi nel 1636 da Giovanni Andrea II Doria, marito di Maria Polissena Landi. Perse nel tempo le originarie funzioni difensive, il maniero fu più volte modificato e adibito prima a sede carceraria e successivamente a palazzo comunale; demolito nel 1926 nella porzione orientale per consentire la realizzazione della strada di circonvallazione del centro storico, nel 1936 fu parzialmente abbattuto con lo scopo di costruire sulle sue macerie la casa del Fascio di Borgotaro, ma i lavori furono interrotti dallo scoppio della seconda guerra mondiale e riavviati solo nel 1952, con l'edificazione sulle macerie della nuova "Casa del Fanciullo" completata nel 1970; oggi si conserva del castello soltanto la base dell'antica torre prospiciente piazza XI febbraio, riscoperta verso la fine del XX secolo.[20]
Innalzato nel XVII secolo, nel 1714 il palazzo fu arricchito con ricche decorazioni barocche, in vista del passaggio della duchessa Elisabetta Farnese, che vi pernottò per due notti durante il viaggio verso la Spagna per raggiungere il consorte Filippo V di Borbone; danneggiato sul fianco dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, fu completamente ristrutturato a partire dal 2001; l'edificio conserva sulla facciata gli sfarzosi stucchi settecenteschi in cocciopesto e, all'interno, alcune sculture e numerosi affreschi coevi.[21]
Edificato in stile neoclassico quale sede del Comune di Borgo Val di Taro, l'edificio, noto erroneamente come Palazzo Manara, fu donato agli inizi del XIX secolo all'Opera Pia Manara, fondata per lascito testamentario dell'abate Domenico Manara; l'edificio, attuale sede comunale, ospita nel porticato sulla facciata principale una serie di lapidi commemorative in marmo; al suo interno si trova inoltre la biblioteca Manara, fondata nel 1826, che conserva alcuni incunaboli e numerosi volumi del XVI, XVII e XVIII secolo.[21]
Arco Bertucci
Edificato nel XVIII secolo quale portale d'ingresso al podere dei conti Bertucci, oggi l'arco, chiuso tra edifici novecenteschi, sorge a lato di piazza Farnese; di carattere monumentale, conserva l'originaria decorazione a bugnato, l'obelisco e i pinnacoli in pietra sull'architrave.[21]
Alcune importanti specialità gastronomiche sono: i piatti a base di funghi, la torta d'erbe, gli "amor" (dolcetti tipici della valle), il cinghiale e la polenta.
Una specialità gastronomica tipica di Borgo Val di Taro è la "torta d'erbe" da non confondere con l'erbazzonereggiano o con le altre torte cucinate nei paesi limitrofi.
La ricetta della "torta d'erbe" è unica: erbette, sale, olio extravergine d'oliva, parmigiano reggiano, il tutto racchiuso da due sottili lembi di sfoglia fatta a mano.
Amor
Gli "amor" (non amour) sono un dolce tipico di Borgo Val di Taro. È un'eredità lasciata dai fratelli Steckli, rinomati pasticceri svizzeri che si stabilirono in paese in tempi lontani. Successivamente, uno dei fratelli si trasferì a Pontremoli ed è per questo motivo che, ancora oggi, si possono gustare questi deliziosi dolcetti anche in Lunigiana.
Arte
L'assessorato alla cultura del Comune, con il sostegno di sponsor privati, ha ideato il progetto "MutaMenti. Arte e idee per un Borgo che cambia", un percorso di murales che inizia dal centro storico e arriva alle frazioni di Tiedoli e Belforte, rappresentando personaggi legati alla storia locale.[24].
Geografia antropica
Frazioni
Banca, Barca, Barzana di Sotto, Baselica, Belforte, Bissaio, Boceto, Bozzi, Brattesini, Brunelli, Caffaraccia, Ca' Franchi, Caprendino, Case Maroni, Casembola, Case Scodellino, Case Vighen, Casoni, Ca' Valesi, Cavanna, Cianica, Colombaia, Corriago, Costadasi, Frasso, Galla, Ghiare, Giacopazzi, Gorro, Grifola, Il Mulino, Il Poggio, La Costella, Laghina, Lavacchielli, Le Querciole, Le Spiagge, Magrano, Meda, Monticelli, Ostia Parmense, Poggio, Pontolo, Porcigatone, Pozzo, Roccamurata, Rovinaglia, San Martino, San Pietro, San Vincenzo, Tiedoli, Tolara, Tombone, Valdena, Valleto, Macinarsi.
Infrastrutture e trasporti
Strade
Lungo l'autostrada A15Parma-La Spezia si trova lo svincolo di Borgotaro, che però in realtà sorge presso la località Ghiare di Berceto ed è distante alcuni chilometri dal paese (circa 25 km).
Il comune è servito da due stazioni lungo la linea Pontremolese: una principale nel capoluogo e una nella frazione di Ostia Parmense. Vi era in precedenza una terza fermata, oggi non più in uso, nella frazione di Roccamurata.
Amministrazione
Di seguito è presentata una tabella relativa alle amministrazioni che si sono succedute in questo comune.
Per due volte Borgo Val di Taro è stata sede di arrivo di una tappa del Giro d'Italia, la prima nel 1987, l'ultima nel 1993. Tra i personaggi borgotaresi legati al mondo del ciclismo c'è il giornalista Bruno Raschi, storico inviato della Gazzetta dello Sport, di cui fu anche vicedirettore, al Giro d'Italia.
Tappe del Giro d'Italia con arrivo a Borgo Val di Taro
Borgo Val di Taro vanta una prestigiosa tradizione cestistica. L'A.S. Valtarese Pallacanestro è infatti una delle più antiche società cestistiche a livello nazionale, e vanta gloriosi trascorsi in serie A. Anche a livello femminile la tradizione cestistica valtarese è mantenuta particolarmente viva, con il Basket Club Valtarese 2000 che milita attualmente nel campionato nazionale di Serie A2 e si è aggiudicato nel 1999, 2001 e 2002 il titolo di Campione d'Italia Juniores.
Torneo "Memorial Carlo Capitelli"
Nato nel 2007, il torneo di pallacanestro "Memorial Carlo Capitelli" è l'evento sportivo principale di Borgo Val di Taro. Intitolato ad uno dei cestisti più celebri della storia del paese valtarese, solitamente si svolge nel primo o nel secondo week end di luglio. Piazza Verdi, una delle piazze principali del paese, durante i giorni della manifestazione viene adibita a campo da basket all'aperto.
Calcio
Le squadre di calcio di Borgo Val Di Taro sono due:
A.S.D. Valtarese Calcio che nella stagione 2006/2007 ha disputato, per la prima volta nella sua storia, il campionato regionale di Eccellenza dell'Emilia-Romagna. Il campo di gioco è il campo "Luigi Bozzia".
Nella stagione 2007/2008 A.S.D. Valtarese Calcio disputa il campionato di Promozione dell'Emilia-Romagna in seguito alla retrocessione nella precedente stagione sportiva.
S.S.D. Borgotaro Calcio che nella stagione 2007/2008 disputa per il quarto anno consecutivo il campionato regionale di Prima Categoria dell'Emilia-Romagna. Il campo di gioco è il campo "Bruno Capitelli".
Nella stagione 2015/16 si piazza al secondo posto nel campionato di seconda categoria per poi essere promosso in prima categoria.
Tra i personaggi di spicco legati al mondo del calcio, sono borgotaresi l'Allenatore, tra l'altro scudettato con l'Inter nel 1979/80, Eugenio Bersellini e i calciatori Guido Delgrosso (ex Juventus) e Marcello Gazzola (ex Parma e Sassuolo).
^Guglielmo Capacchi, Dizionario Italiano-Parmigiano, tomo II M-Z, Artegrafica Silva, pp. 895ss.
^ Gaetano Frisoni, Nomi propri di città, borghi e villaggi della Liguria del Dizionario Genovese-Italiano e Italiano-Genovese, Genova, Nuova Editrice Genovese, 1910-2002.
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