Testi di esecrazioneI testi di esecrazione sono espressioni verbali con le quali nell'antico Egitto si intendeva allontanare, danneggiare o eliminare il nemico o il concittadino o, magari, il vicino di casa diventato dannoso o pericoloso. Tali testi generalmente venivano scritti su vetri o su cocci di argilla o ceramica che poi, a volte, venivano infranti e dispersi in luoghi frequentati o destinati a riti religiosi. Più che atti religiosi, tuttavia, assomigliano ad atti di magia comune o di magia simpatica che avrebbero dovuto produrre il loro effetto automaticamente; qualcuno anzi li paragona a liste di proscrizione. L'Antico Egitto è la fonte più ricca di questi testi di esecrazione, che tendevano ad aumentare nei momenti di crisi nei rapporti con i paesi vicini; ma questa pratica non è estranea anche ad alcune altre culture.[1] Relativamente all'Egitto gli archeologi si sono imbattuti in diversi gruppi di tali testi, databili soprattutto all'epoca della XII dinastia, cioè prevalentemente al XIX secolo a.C.. I testi in questo caso lanciano scongiuri ed esecrazioni contro gli asiatici del Medio Oriente con i quali gli egizi erano frequentemente in guerra. Un primo gruppo (detto ‘testi di Berlino’) venne pubblicato da Kurt Sethe nel 1926. Essi contengono circa 20 nomi di località di Canaan e Fenicia, e nomi di circa 30 persone investite di autorità presso quei popoli; in essi, forse per la prima volta secondo qualche studioso, si fa menzione di Gerusalemme.[2] Georges Posener ne pubblicò un secondo gruppo (detto ‘testi di Bruxelles’) nel 1957. Un terzo gruppo (detto ‘testi di Margissa’) apparve nel 1990 per opera di Yvan Koenig. Alcuni esegeti[senza fonte] individuano tracce di testi di esecrazione anche nella Bibbia. Sarebbe il caso, ad esempio, del salmo 136/137, 8-9: “ Figlia di Babilonia devastatrice, Beato chi afferrerà i tuoi piccoli NoteBibliografia
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