Trae origini dal 225º Reggimento costituito il 18 maggio 1916 a Castelfranco Veneto con il concorso di più depositi reggimentali: 7º, 42º, 68º e 77º Fanteria. È servito per dare vita alla Brigata "Arezzo" insieme al 226º Reggimento.
Con l'applicazione della legge 11 marzo 1926 sull'ordinamento dell'esercito, prende il nome di 225º Reggimento Fanteria "Arezzo" ed a seguito della formazione delle Brigate su tre reggimenti viene assegnato alla XXIV Brigata di Fanteria unitamente al 13º e 14º Reggimento Fanteria "Pinerolo".
La sede del reggimento è dal 1926 fino al 1943 Ascoli Piceno.
Nella prima guerra mondiale (1915-1918)
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Con la formazione delle divisioni binarie nel 1939, viene inquadrato nella 53ª Divisione fanteria "Arezzo" con il 226º Reggimento Fanteria e il 53º Reggimento Artiglieria.
Il 10 giugno 1940 il reggimento ha in organico: comando e compagnia comando, tre battaglioni fucilieri, compagnia mortai da 81, batteria armi di accompagnamento da 65/17. Opera sul fronte greco-albanese e combatte nella zona di Monte Ivanit, Guri Kamias, Pleu i Kieve, Alta Valle Skumini.
Dal 29 novembre al 3 dicembre, il II Battaglione comandato dal maggiore Vincenzo Giachery viene coinvolto nei fatti d'arme nella zona di Guri Regianit.
La storia recente
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Comandanti
(1916-1943) - (225º Reggimento fanteria Arezzo)
18.05.1916 - 19.06.1916 - Col. Antonino Sterio
20.06.1916 - 27.06.1916 - Ten.Col. Giovanni Brolis (interinale)
31.07.1990 - 13.09.1992 - Ten.Col. Giovanni Fantini
(1992-1999) - (225º Reggimento Fanteria Arezzo)
14.09.1992 - 13.09.1993 - Col. Giovanni Di Rauso
14.09.1993 - 04.09.1995 - Col. Biagio Scalia
05.09.1995 - 27.01.1999 - Col. Antonio Radogna
Stemma araldico
Decreto
Decreto 19 gennaio 1977 (aggiornato in base a quanto disposto dallo SME con circ. 121 in data 09.02.1987 - Giornale Ufficiale del 14.02.1987.)
Scudo: inquartato.
il primo d'argento, al cavallo rivolto, allegro, inalberato di nero (Arezzo)
il secondo d'azzurro caricato da una spada romana d'argento, manicata d'oro
il terzo di rosso al palo di nero, all'elmo d'oro di Scanderberg.
il quarto d'argento al filetto d'azzurro posto in banda ed al leone di rosso tenente nella branca destra una croce del Calvario d'oro caricata del Cristo in argento posto sul tutto (Etiopia)
il tutto abbassato al capo d'oro con il quartier franco d'azzurro caricato di monti d'argento all'Italiana.
Corona turrita
Ornamenti:
lista bifida: d'oro, svolazzante, collocata sotto la punta dello scudo, incurvata con la concavità rivolta verso l'alto, riportante il motto del Reggimento: "UBI NOS IBI VICTORIA".
accollata alla punta dello scudo con l'insegna dell'Ordine Militare d'Italia pendente al centro del nastro con i colori della stessa che rappresentano le 2 Croci di Cavaliere dell'Ordine Militare d'Italia.
Nastri rappresentativi delle ricompense al valore: annodati nella parte centrale non visibile della corona turrita, scendenti svolazzanti in barra e in banda dal punto predetto, passando dietro la parte superiore dello scudo.
1° quarto: arme di Arezzo, a significare il legame territoriale del Reggimento con la città della quale porta il nome fin dalla sua costituzione.
2° quarto: sullo smalto d’azzurro, simbolo di amor di patria e lealtà, la spada romana è emblema di grande gloria militare.
3° quarto: l’elmo di Scanderberg, eroe nazionale d’Albania, ricorda le imprese compiute dai fanti del Reggimento sul fronte greco-albanese nel 1940-41.
4° quarto: il leone d’Etiopia testimonia la partecipazione del 225° alla campagna in Africa Orientale.
Il capo d’oro simboleggia la massima ricompensa al V.M. concessa alla Bandiera del Reggimento; nel quartier franco "i monti all'italiana" per ricordare il fronte ove maggiore è stato l’impegno del 225° durante la guerra 1915-18.
Insegne e Simboli
Il Reggimento indossa il fregio della Fanteria (composto da due fucili incrociati sormontati da una bomba con una fiamma dritta). Al centro nella pulce è riportato il numero "225".
Le mostrine del reggimento sono rettangolari di colore giallo e azzurro. Alla base della mostrina si trova la stella argentata a 5 punte bordata di nero, simbolo delle forze armate italiane.
Motto del Reggimento
"Ubi nos ibi victoria" Il significato del motto del Reggimento è: "Dove siamo noi, lì è la Vittoria".
Sedi
1920 - Milano
1920 - 1921 - Bergamo
1921 - 1926 - Foggia
1926 - 1943 - Ascoli Piceno
1975 - 1999 - Arezzo (Caserma Cadorna)
Festa del reggimento
25 maggio –anniversario del fatto d’arme dell'Hermada (1917).
Ogni anno, a seguito di ricongiungimento sul social network Facebook di ex appartenenti al 225° si è deciso che nel mese di maggio, gli ex appartenenti del 225° Btg e Rgm Fanteria Arezzo, si ritrovano presso il piazzale d'armi dell'ex caserma "Cadorna" per ricordare questo glorioso corpo. Da questo gruppo nasce l'associazione "I Fanti del 225º Fanteria "Arezzo" Odv e la Sezione del Fante di Arezzo dell'Associazione Nazionale del Fante.
«Conferita con R.D. il 5 giugno 1920
Nei duri cimenti della guerra, nella tormentata trincea o nell'aspra battaglia,conobbe ogni limite di sacrificio e di ardimento; audace e tenace , domò infaticabilmente i luoghi e le fortune, consacrando con sangue fecondo la romana virtù dei figli d'Italia.» — Guerra 1915-18[1]
«Conferita con R.D. il 27 gennaio 1937
Pari alla sua fama millenaria, espressione purissima di alte virtù guerriere della stirpe, si prodigava eroica, generosa, tenace in tutte le battaglie, dando prezioso contributo di valore e di sangue alla vittoria» — Guerra Italo - Etiopica[2]
«Conferita con R.D. il 5 giugno 1920
Attraverso una via di sangue, splendida di fede e di eroismo, sempre raggiunse e mantenne la meta assegnata al suo valore, negli aspri cimenti di radiose giornate di battaglia. Carso, Quota 77, 57, 58; Linee di Flondar; Viadotto, 23 -26 maggio, 4 - 5 giugno 1917; Piave, 16 - 24 giugno 1918.[3]»
“Durante sei mesi di cruenta lotta, in zona montana impervia, resa più aspra da un rigido inverno, fu senza tregua in prima linea, strenuamente fronteggiando il nemico preponderante di numero e di mezzi. Non il copioso sangue versato da innumerevoli Eroi, né il logorio fisico che sembrava aver raggiunto il limite di ogni umana resistenza valsero a fiaccarne la leonina baldanza. Dislocato in settore di alta montagna, fra eccezionali rigori alpini, ne fece baluardo insuperabile, balzando dalle trincee scavate nella neve ogni volta che il nemico tentò di superarlo. Quando, in un estremo disperato tentativo, l’avversario attaccò con forze triple, i fanti del 225°, benché ridotti negli effettivi e stremati dal lungo travaglio, rinnovavano se stessi nella luce del supremo dovere e, dapprima inchiodavano il nemico, indi, dopo cruenti contrattacchi, lo sbaragliavano, ponendo saldo piede sulle posizioni. (M. Ivanit – Guri Kamias – Pleu i Kieve – AltaValle Skumini, 15 novembre 1940 – 13 aprile 1941”»
“In giornata di aspro combattimento impegnato in terreno difficile ed insidioso, dopo aver attaccato col tradizionale valore ingenti forze nemiche che gli contendevano il passo, resisteva poi tenacemente e respingeva ripetuti violenti contrattacchi, rinnovatisi per circa venti ore consecutive, finché il nemico all’alba, abbandonava, vinto il campo della lotta (Battaglia dello Scirè, 2 – 3 marzo 1936).”»
«(Bollettino Ufficiale, 30.05.1919, dispensa 35ª. Decreto Luogotenenziale del 29.05.1919)
Caporale del 225º Reggimento Fanteria Brigata Arezzo, decorato di medaglia d’oro per la sua ammirevole condotta a Capo Sile (VE) Il 23 giugno del 1918, nel corso della Battaglia del Solstizio.
«Fulgido esempio, in ogni circostanza, di ardimento e di valore, nella rioccupazione di una importante posizione, di pieno giorno, per primo si slanciava attraverso ad uno stretto ponticello, sulla trincea nemica. Caduto il proprio ufficiale e tutti i compagni, da solo, e con impareggiabile tenacia, strenuamente difendeva la posizione raggiunta dai ritorni offensivi dell’avversario, dando tempo a nostre mitragliatrici di occuparla ed affermarvisi. Ferito dolorosamente ad una mano, gridava il suo saluto in dialetto sardo al proprio capitano, suo conterraneo, giunto sul posto, e continuava imperterrito a lanciare bombe con la mano sinistra, finché, estenuato dal dolore e dalla fatica, dovette, suo malgrado, essere allontanato.»[4]»
«(Conferimento: Grecia, 17 novembre 1940. Alla memoria)
Comandante di un plotone mitraglieri dislocato a difesa di un’importante posizione, nonostante la continua violenta azione di fuoco di artiglierie e mortai avversari, manteneva, dando esempio di ammirevole calma e svolgendo magnifica azione di comando in piena efficienza, la capacità di fuoco del suo reparto, riuscendo a stroncare ripetutamente l’impeto del nemico. Ridottosi il plotone ad un pugno di eroici superstiti e caduto l’ultimo servente di un’arma, ne prendeva il posto continuando a far fuoco, a dirigere il tiro delle altre armi e ad incuorare i suoi mitraglieri. Una bomba di mortaio lo abbatteva di poi sulla mitragliatrice. Superba figura di eroe, altamente ammirato dallo stesso avversario, come emerse per successiva testimonianza di alcuni prigionieri nemici che avevano partecipato all’azione. Quota 1465 di Golloborda (Fronte greco), 17 novembre 1940[5]»
«(Conferimento: Grecia, 04 aprile 1941. Alla memoria)
Comandante di una squadra fucilieri, unica rimasta a difendere una importante posizione durante un violento attacco nemico, con perizia, pari ad indomito valore, conteneva per più ore l’impeto dell’avversario, superiore per numero e per mezzi, rendendogli impossibile lo sfruttamento del momentaneo successo e consentendo ai nostri reparti di riorganizzarsi per il contrattacco. Accerchiato, si difendeva con sovrumano impeto, seminando la strage nelle file nemiche col fuoco ben diretto delle proprie armi. Esaurite le munizioni, alla testa dei suoi uomini, si lanciava nella mischia alla baionetta ed al grido di « Savoia! », cercava di aprirsi un varco dove più era la pressione dell’avversario. Colpito mortalmente da una raffica di mitragliatrice, non rallentava lo slancio e l’ardire, ma incitava con la voce e col gesto i superstiti, finché spirava col nome d'Italia sulle labbra. Esempio luminoso e fulgido di alte virtù militari, indomito coraggio, sublime amor patrio. Uj i Ftofte (Fronte greco), 4 aprile 1941[6]»