L'antica città romana di Aquileia nel suo sviluppo, periodo per periodo: dal primo periodo repubblicano (con le mura del castrumlegionario quadrangolare in rosa più scuro); a quello successivo dopo la costruzione della via Annia (dopo la vittoria sui Cimbri) con le mura costruite nel 100 a.C.; fino alla città alto imperiale (con le mura costruite nel periodo compreso tra l'imperatore Marco Aurelio e Massimino il Trace); ed a quella del IV secolo di Teodosio I. Sono presenti i principali monumenti dell'epoca: dal circo, al teatro, curia, Palatium, terme, porto fluviale ecc.
«Aquileia, poi che è la più vicina al golfo dell'Adriatico è stata fondata dai Romani, fortificata contro i barbari dell'interno. Si risale con le navi verso la città salendo lungo il corso del Natiso per circa 60 stadi. essa serva ad emporio a quei popoli illirici che abitano lungo l'Istro. Essi vengono a rifornirsi di prodotti provenienti dal mare, come il vino che mettono in botti di legno caricandolo sui carri e anche l'olio, mentre la gente della zona viene ad acquistare schiavi, bestiame e pelli. Aquileia è situata oltre il confine dei Veneti. Il confine è segnato da un fiume che scorre giù dalla Alpi ed attraverso il quale, con una navigazione di 1.200 stadi si risale fino alla città di Noreia.»
«Prima che si verificassero questi eventi, Aquileia era una città molto grande, con una popolazione stabile molto numerosa. Situata sul mare, aveva alle sue spalle tutte le province dell'Illirico. Aquileia era utilizzata come porto d'ingresso per l'Italia. La città aveva, così, reso possibile che le merci fossero trasportate dall'interno via terra o dai fiumi, per essere scambiate con le navi mercantili. [Le merci] erano, inoltre, trasportate dal mare alla terraferma a seconda delle necessità, quando le merci non erano prodotte in zona, a causa del clima freddo, ma inviate fino alle zone montane. Dal momento che l'agricoltura dell'entroterra aveva numerosi addetti alla produzione del vino, ne esportava in grandi quantità verso i mercati che non potevano coltivarvi la vite. Il grande numero di persone che vivevano stabilmente in Aquileia, non era formato solo da residenti autoctoni, ma anche da stranieri e commercianti. In questo momento la città era ancora più affollata del solito. Tutte le persone dalla zona circostante avevano lasciato le piccole città o villaggi e si erano rifugiate [nella grande città]. Esse mettevano le loro speranze di salvezza nella città di grandi dimensioni e nelle sue mura difensive. Queste antiche mura, tuttavia, erano per la maggior parte crollate. Sotto il dominio romano le città d'Italia non avevano, normalmente, bisogno di mura o armi. Avevano sostituito una pace duratura alla guerra e avevano anche guadagnato di partecipare al governo romano.»
(Erodiano, Storia dell'impero dopo Marco Aurelio, VIII, 2.3-4.)
Periodo repubblicano (181-31 a.C.)
Fu fondata nel 181 a.C. nei pressi del fiume Natissa come colonia di diritto latino,[1] da Lucio Manlio Acidino,[3]Publio Scipione Nasica e Gaio Flaminio, mandati dal Senato a sbarrare la strada alle popolazioni limitrofe di Carni e Istri, che minacciavano i confini orientali d'Italia.[4] Fu retta inizialmente da duumviri e poi da quattuorviri con un suo senato.[5] La città dapprima crebbe quale avamposto militare in vista delle future campagne contro Istri e Carni, più tardi come "quartier generale" per un'eventuale espansione romana verso il Danubio.
I primi coloni furono 3 000 veterani,[5] seguiti dalle rispettive famiglie provenienti dal Sannio, per un totale di circa 20 000 persone, a cui fecero seguito dei gruppi di Veneti; più tardi, nel 169 a.C., si aggiunsero altre 1 500 famiglie,[5][6] mentre in città si insediarono anche comunità orientali, come quella egizia, ebraica e siriana.
Dall'origine di base militare deriva la forma quadrilatera del presidio, divisa dal cardine massimo, l'attuale via Giulia Augusta, e dal decumano massimo. Pacificata e romanizzata la regione, la città, municipio dopo l'89 a.C. grazie alla lex Iulia de civitate (che conferiva la pienezza del diritto romano, assegnandola alla tribù della Velina[16]) si ingrandì in fasi successive, come attestano le diverse cinte murarie. Divenne centro politico-amministrativo (capitale della X Regione augustea, Venetia et Histria) e prospero emporio, avvantaggiata dal lungo sistema portuale e dalla raggiera di importanti strade che se ne dipartivano sia verso il Nord, oltre le Alpi e fino al Mar Baltico ("via dell'ambra"), sia in senso latitudinale, dalle Gallie all'Oriente. Fin da tarda età repubblicana e durante quasi tutta l'epoca imperiale Aquileia costituì uno dei grandi centri nevralgici dell'Impero romano.[17] Notevole fu la vita artistica, sostenuta dalla ricchezza dei committenti e dall'intensità dei traffici e dei contatti. La sua posizione faceva sì che la città fosse un crocevia del commercio di vetro, ferro e ambra; veniva anche prodotto un vino di nome Pucinum.
Aquileia proprio in questo periodo acquisì sempre più importanza strategico-militare. Doveva fungere da postazione avanzata a protezione dell'Italia settentrionale, contro eventuali invasioni da nord e da est, come accadde:
quando Mitridate VI del Ponto progettò un'invasione della penisola, grazie all'alleanza con Galli e Sciti. Egli sperava che molte delle popolazioni italiche, si alleassero con lui in odio ai Romani, come era accaduto durante la seconda guerra punica ad Annibale, dopo che i Romani avevano mosso guerra contro di lui in Spagna. Sapeva, inoltre, che quasi tutta l'Italia si era ribellata ai Romani in due occasioni negli ultimi trent'anni: al tempo della guerra sociale del 90-88 a.C. e nella recente guerra servile del gladiatore Spartaco, degli anni 73-71 a.C..[19]
per il formarsi del potente regno delle tribù daciche a opera del loro re Burebista.[20]
Il fatto che a Cesare sia stata assegnata inizialmente la provincia dell'Illirico come parte del suo imperium, e che all'inizio del 58 a.C. ben tre legioni fossero state dislocate ad Aquileia,[26] potrebbe indicare che egli intendesse cercare proprio in quest'area gloria e ricchezze con cui accrescere il suo potere e la sua influenza militare e politica. Cesare aveva infatti bisogno di importanti vittorie militari così da costruirsi un suo potere personale con il quale controbilanciare quello che Pompeo si era costruito con le vittorie ottenute in Oriente. A tal fine progettava probabilmente una campagna oltre le Alpi Carniche fin sul Danubio, sfruttando la crescente minaccia delle tribù della Dacia (corrispondente grosso modo all'odierna Romania), che si erano riunite sotto la guida di Burebista, il quale aveva poi guidato il suo popolo alla conquista dei territori dislocati a ovest del fiume Tibisco, oltrepassando il Danubio e sottomettendo l'intera area su cui si estende l'attuale pianura ungherese, ma soprattutto avvicinandosi pericolosamente all'Illirico romano e all'Italia. Le sue armate si erano però fermate all'improvviso, forse per il timore di un possibile intervento diretto di Roma nell'area balcano-carpatica. Così, invece di continuare nella sua marcia verso occidente, Burebista era tornato nelle sue basi in Transilvania, rivolgendo poi le proprie mire a Oriente: attaccò i Bastarni e infine assediò e distrusse l'antica colonia greca di Olbia (nei pressi dell'attuale Odessa).[27]
Sappiamo di numerosi soggiorni di Cesare ad Aquileia durante la conquista della Gallia: nell'inverno del 57-56 a.C., relativamente a operazioni militari/diplomatiche condotte dallo stesso proconsole nei pressi di Salona attorno al 3 marzo di quell'anno;[28] nel 54 a.C. per condurre una breve campagna contro il popolo dei Pirasti che abitavano l'Illirico meridionale;[29] ancora negli inverni del 54-53 a.C.[30] e del 53-52 a.C.;[31] qui Cesare tornò insieme alla legio XV durante l'inverno successivo, dopo che la città era stata attaccata insieme a Tergeste dagli Iapidi,[32] quando il proconsole era impegnato in Gallia contro Vercingetorige. La conseguenza fu che gli abitanti di Aquileia, non solo furono costretti a riparare le mura danneggiate,[33] ma iniziarono la costruzione di due castella difensivi: a Tricesimo (50 km a nord di Aquileia)[34] ed a Iulium Carnicum.[35]
Nel 49 a.C., allo scoppio della guerra civile, Aulo Gabinio fu richiamato da Cesare e gli fu affidato il comando delle operazioni nell'Illirico. Sembra che disponesse di tre nuove legioni ad Aquileia (la XXXIII, la XXXIV e la XXXV, pari a 30 coorti totali[36]) e che, a capo di 15 coorti e 3 000 cavalieri, marciando verso sud in direzione della Macedonia, subì un improvviso attacco da parte dei Dalmati, riuscendo a riparare a Salona solo con pochi superstiti.[37] Alla fine riuscì a unirsi a Lucio Cornificio (che aveva alle sue dipendenze le legioni XXXI e XXXII) con i pochi armati rimasti, per combattere contro queste popolazioni.[36]
Un quindicennio più tardi, tra il 35 e il 33 a.C., Aquileia rimase ancora "quartier generale" delle campagne militari di Ottaviano nell'Illirico. Si trovava al centro di tre differenti direttrici di marcia: quella più a sud-est verso le tribù della costa; quella "centrale" che portava nei territori dei Giapidi; e quella più a nord-est contro le popolazioni di Carni e Taurisci.[38]
I resti del grande porto fluviale sul fiume Natissa (moli, magazzini e strade che si collegavano con la città), costruiti su entrambe le sponde del fiume, sono visitabili lungo la Via Sacra e risalirebbero fin dalla fine del II secolo a.C., in seguito ampliato e ristrutturato più volte. Vi è da aggiungere che fin dai primordi ad Aquileia erano adorate le divinità del pantheon latino, ma anche di quello locale. Non a caso le numerose iscrizioni dei soldati della guarnigione, che qui risiedettero per circa due secoli, portarono il culto di Mitra, e più tardi anche quello del Cristianesimo.
Porto fluviale romano (1)
Porto fluviale romano (2)
Scavi del porto fluviale (3)
Porto fluviale (4)
Porto fluviale (5)
Porto fluviale (6)
Porto fluviale (7)
Statua priva di testa appartenente ad ammiraglio romano (presso il Museo archeologico di Aquileia).
Al tempo di Augusto, dopo una prima campagna condotta da Publio Silio Nerva nel 16 a.C. in seguito a un'invasione di Pannoni in Istria e alla successiva conquista romana dei territori fino a Pola e all'Arsia,[41] nel 15 a.C., il figliastro Tiberio, insieme al fratello Druso, condussero una campagna militare contro le popolazioni di Reti, stanziati tra il Norico e la Gallia,[42] e Vindelici.[43][44] I due, nel tentativo di accerchiare il nemico attaccandolo su due fronti senza lasciargli vie di fuga, progettarono una grande "operazione a tenaglia" che misero in pratica anche grazie all'aiuto dei loro luogotenenti:[45] Tiberio mosse dall'Elvezia, mentre il fratello minore da Aquileia e raggiunta Tridentum, divise l'esercito in due colonne. Una prima colonna percorse la valle dell'Adige e dell'Isarco (alla cui confluenza costruì il Pons Drusi, presso l'attuale Bolzano), risalendo fino all'Inn; la seconda percorse quella che diventerà sotto l'imperatore Claudio la via Claudia Augusta (tracciata pertanto dal padre Druso[46]) e che attraverso la val Venosta e il passo di Resia, raggiungeva anch'essa il fiume Inn. Tiberio, che avanzava da ovest, sconfisse i Vindelici, riunendosi nei pressi del lago di Costanza con il fratello Druso che, nel frattempo, aveva sconfitto e sottomesso i popoli dei Breuni e dei Genauni.[47] Questi successi permisero ad Augusto di sottomettere le popolazioni dell'arco alpino fino al Danubio e gli valsero una nuova acclamazione imperatoria.[48] Pochi anni più tardi, a partire dal 14 a.C., ancora Aquileia risultò fondamentale per la sottomissione dell'intero Illirico e della Pannonia, sotto i comandi prima di Marco Vinicio,[49] poi del genero e amico fraterno di Augusto, Agrippa,[50] poi del figliastro Tiberio.[51] Ancora Aquileia continuò a costituire un importante centro militare durante la rivolta dalmato-pannonica del 6-9, costituendo l'ultimo baluardo contro la possibile minaccia di un'invasione di queste genti, che avrebbero così potuto raggiungere la stessa Roma in soli dieci giorni.[52] Era invece chiaro che Aquileia avesse invece perduto la sua antica funzione di "quartier generale", che veniva ora attribuita da Tiberio a Siscia sul fiume Sava, in posizione più avanzata.[53] Da questo momento in poi, infatti, Aquileia cessò di avere ancora un ruolo militare determinante, mantenendo invece un'importante funzione economica e sociale nelle retrovie, ora che tutte le forze militari erano state spostate in Pannonia e Dalmazia.[54]
Da Aquileia passò molto probabilmente Druso minore, figlio di Tiberio, quando si recò in Pannonia a sedare una rivolta tra le legioni (nel 14).[55] Oltre cinquant'anni più tardi, nel 69, transitarono da questa città le legioni VII Claudia e VIII Augusta[56] sotto la guida di Antonio Primo.[57] Esse si erano schierate e avevano proclamato Vespasiano, loro imperatore.[58] Qualcuno ha anche ipotizzato che le scene della colonna Traiana n.58-63 ritraggano il foro di Aquileia, da dove sarebbe passato Traiano per la campagna dacica del 105.[59]
n.63: quarta tappa, forse Aquileia (?). La marcia continuerà fino al Danubio, percorrendo la via Gemina fino a Singidunum.
L'Impero tra il 165 e il 189 (al tempo di Marco Aurelio e del figlio Commodo) venne afflitto da una pestilenza, probabilmente un'epidemia di vaiolo, conosciuta con il nome di "peste antoniniana" o "peste di Galeno", che durò circa 15 anni e secondo certe fonti sterminò un'ingente percentuale della popolazione imperiale (le cifre, però, sono oggetto di discussione tra gli storici). Secondo alcuni si trattò di uno di quegli eventi che cambiarono profondamente la storia romana, determinando quasi una rottura epocale con il periodo precedente.
La città di Aquileia vide, a partire dal 168 al 170, ammassarsi nel suo territorio immense quantità di truppe, e il timore che questo assembramento potesse trascinarsi dietro il pericoloso morbo si rivelò presto fondato. Nella primavera del 168 l'imperatore Marco Aurelio e Lucio Vero decidono di recarsi nella zona danubiana per raggiungere Carnunto; Aquileia divenne così la prima tappa, dove lo stato maggiore imperiale era composto dal prefetto del pretorio Tito Furio Vittorino, Pomponio Proculo Vitrasio Pollione, Daturnio Tullo Prisco, Claudio Frontone, Avvento Antistio. I due imperatori giunti ad Aquileia e preoccupati per l'epidemia che intanto aveva già provocato la morte del prefetto Furio Vittorino inviano una lettera a Galeno richiedendolo quale medico personale per la campagna germanica. Finita l'estate dello stesso anno Marco Aurelio si ritira dalla campagna militare con le sue truppe per svernare ad Aquileia.[61] Qui fu raggiunto da Galeno proprio con lo scoppio dei primi casi di peste in città.[62] La sempre maggiore diffusione di casi di peste ad Aquileia indusse gli imperatori a decidere di ritirarsi con la sola scorta personale a Roma; Lucio Vero, che aveva sollecitato questa partenza a causa dei suoi continui malesseri, morì poco dopo ad Altino, colpito da apoplessia (gennaio 169). La città infine nel 170 fu assediata da una coalizione di genti germaniche proveniente dai territori a nord del Danubio, che attraverso la via dell'ambra raggiunse l'Italia settentrionale. Opitergium a quel tempo priva di mura fu distrutta, non Aquileia che doveva averne ancora.[63]
Gli apprestamenti difensivi, potenziati fra il II e il III secolo, le permisero di superare gli assedi dei Quadi e dei Marcomanni (170), e dell'imperatoreMassimino il Trace, che in seguito all'elezione a suo discapito da parte del Senato romano degli imperatori Pupieno e Balbino che accettarono Gordiano III come Cesare, scese in Italia dalla Pannonia con l'esercito (nel 238). Quando l'esercito di Massimino giunse in vista di Aquileia, posta all'incrocio di importanti vie di comunicazione e deposito dei viveri e dell'equipaggiamento necessari ai soldati, la città chiuse le porte all'imperatore, guidata da due senatori incaricati dal Senato, Rutilio Pudente Crispino e Tullio Menofilo. Massimino prese allora una decisione fatale: invece di scendere rapidamente sulla capitale con un contingente, marciò su Emona, che occupò,[64] e mise personalmente sotto assedio la città di Aquileia, permettendo ai suoi avversari di organizzarsi: Pupieno raggiunse infatti Ravenna, da cui diresse la difesa della città assediata.[65]
Sebbene il rapporto di forze fosse ancora a vantaggio di Massimino, il prolungato assedio, la penuria di viveri e la rigida disciplina imposta dall'imperatore causarono a quest'ultimo l'ostilità delle truppe. Soldati della Legio II Parthica strapparono le sue immagini dalle insegne militari per segnalarne la deposizione, poi lo assassinarono nel suo accampamento, assieme al figlio Massimo ed ai suoi ministri (10 maggio 238).[66]
Le loro teste, tagliate e poste su pali, furono portate a Roma da messaggeri a cavallo, mentre i corpi di padre e figlio furono mutilati e dati in pasto ai cani, una poena post mortem.[67] Il Senato elesse imperatore il tredicenne Gordiano III e ordinò la damnatio memoriae per Massimino.[68]
Nel 259-260, al tempo dell'Imperatore Gallieno, una nuova incursione germanica (forse di Marcomanni), raggiunse Ravenna prima di essere fermata, proprio mentre l'imperatore Valeriano era impegnato sul fronte orientale contro i Sasanidi di Sapore I. È evidente che l'orda di barbari passò ancora una volta nei pressi di Aquileia.[69] Una decina di anni più tardi (nel 270), Claudio il Gotico, poco prima di morire di peste, aveva lasciato ad Aquileia un presidio di truppe al comando del fratello Quintillo, al quale il Senato conferì la carica imperiale, una volta giunta la notizia della scomparsa del fratello.[70] Saputo della morte di Claudio e della nomina di Quintillo, Aureliano concluse rapidamente la guerra contro i Goti in Tracia e nelle Mesie, ponendo fine agli assedi di Anchialus, nei pressi della moderna Pomorie in Bulgaria sul Mar Nero, e di Nicopolis ad Istrum, per accorrere a Sirmio, dove fu acclamato imperatore: a questa notizia Quintillo, che era rimasto ad Aquileia, abbandonato dai suoi stessi soldati, preferì suicidarsi.[71] Morto poi Aureliano nel 275, si racconta che, una volta eletto nuovo Imperatore, Marco Claudio Tacito, il Senato di Roma inviò notizia alle città più importanti di tutto l'Impero. Tra queste c'era Aquiliea, oltre a Mediolanum, Antiochia, Tessalonica, Atene, Corinto ed Alessandria d'Egitto.[72]
Dalla metà del I secolo d.C. la città cominciò ad essere dotata di strutture in pietra lungo il porto fluviale ad est della città (in precedenza le strutture erano di legno),[74] ricavato da un allargamento artificiale del Natissa, e delle relative installazioni portuali, ancora in legno; verso la fine del secolo, il porto venne ricostruito in pietra.[75]
Massimiano, una volta divenuto Augusto d'Occidente, preferì utilizzare due capitali: Aquileia (che Ausonio definisce la nona città dell'Impero[77]), più ad est, quale porto fluviale-marittimo sull'Adriatico e retrovia militare, vista la sua vicinanza al limes dei Claustra Alpium Iuliarum; Mediolanum, invece più ad ovest, era posizionata a guardia dei passi a nord dei grandi laghi alpini. In queste due sedi fece, quindi, erigere strutture e palazzi imperiali di grandi dimensioni, lasciando principalmente la cura della difesa del limes renano a Costanzo.[78]
Nel 312, durante la guerra civile, Costantino I, ormai sospettoso nei confronti di Massenzio, riunito un grande esercito, mosse alla volta dell'Italia attraverso le Alpi,[79] e dopo aver sconfitto due volte consecutive le armate di Massenzio, presso Torino[80] e Brescia,[80] pose sotto assedio ed occupò, prima Verona[81] e poi Aquileia,[82] sottomettendo l'intera Italia settentrionale. Poco dopo marciò su Roma, dove vinse definitivamente l'esercito di Massenzio poco a nord della Città eterna, nella decisiva battaglia di Ponte Milvio,[83] il 28 ottobre del 312.[84] Con la morte di Massenzio, tutta l'Italia passò sotto il controllo di Costantino,[85] mentre la guardia pretoriana ed i Castra Praetoria furono soppressi.[86]
Aquileia esercitò, inoltre, una nuova funzione morale e culturale con l'avvento del Cristianesimo che, secondo la tradizione, fu predicato dall'apostolo san Marco, ed il cui sviluppo fu in ogni caso fondato su una serie di vescovi, diaconi e presbiteri che subirono il martirio. I primi furono Ermagora e Fortunato (circa 70 d.C.). Nativo di Aquileia dovrebbe essere stato papa Pio I (m. 154). Altri martiri della chiesa aquileiese furono, nel III secolo, Ilario e Taziano (m. 284). Agli inizi del IV secolo furono martirizzati Crisogono, Proto e i fratelli Canzio, Canziano e Canzianilla, il culto dei quali trovò ampia diffusione in tutti i territori della Diocesi di Aquileia, dal Veneto all'Istria, dalla Carinzia alla Slovenia. Nel 313 l'imperatore Costantino pose fine alle persecuzioni. Col vescovoTeodoro (m. 319 circa) sorse un grande centro per il culto composto da tre aule splendidamente mosaicate, ciascuna delle quali conteneva oltre 2 000 fedeli.
Nel 340Costantino II attese che il fratello Costante I si recasse in una provincia che fosse fedele a Costantino stesso e scese in Italia con un esercito, col pretesto di dirigersi sul fronte orientale (gennaio-febbraio); Costante, che si trovava all'epoca in Dacia, venne a sapere delle intenzioni del fratello e gli inviò contro una forza in grado di rallentarlo prima dell'arrivo del giovane augusto col resto dell'esercito. I generali di Costante finsero un attacco su Aquileia per poi ritirarsi e tendere una serie di imboscate a Costantino che li inseguiva; in occasione di una di queste, nei pressi di Cervenianum all'inizio del mese di aprile, circondarono gli uomini di Costantino uccidendone molti, tra cui Costantino stesso, il cui corpo fu gettato nel fiume Alsa.[87] Nel 345 Costante trascorre alcuni mesi nella città, incontrando Atanasio di Alessandria.[93] Alcuni anni più tardi, Costanzo II passò l'inverno 351/352 a Sirmio, poi riprese la campagna scacciando Magnenzio da Aquileia e forzandolo a tornare in Gallia.[88] Nel 361Flavio Claudio Giuliano inviò la guarnigione di Sirmio in Gallia, ma lungo strada, fermandosi ad Aquileia, si ribellò, assediata dalle forze di Gioviano. Giuliano invece proseguì perso Oriente, insieme con l'esercito di Nevitta, per Naisso in Mesia, e di qui in Tracia, pronto allo scontro con Costanzo II.[94]
I vescovi di Aquileia crebbero di importanza nei secoli seguenti, dando un vigoroso contributo allo sviluppo del cristianesimo occidentale, sia sotto il profilo dottrinario (celebre e decisivo per la lotta contro l'arianesimo il concilio del 381,[95] che interessò tutte le chiese d'Occidente) sia per l'autorità esercitata (fu metropoli per una ventina di diocesi in Italia e una decina oltre le Alpi).[96] Pochi anni più tardi, nel 387, Magno Massimo pensando di deporre Valentiniano II, attraversò le Alpi arrivando a minacciare Aquileia.[97]; mentre l'anno successivo (nel 388), Teodosio I mosse guerra a Magno Massimo, che fu sconfitto prima a Siscia (oggi Sisak), poi nella battaglia della Sava a Poetovio (odierna Ptuj in Slovenia), ed infine ad Aquileia.
Aquileia fu assediata e occupata durante le ripetute incursioni di Alarico del 401 e del 408.[98] Si racconta che circa quindici anni più tardi, Valentiniano III, dopo essere stato fidanzato alla figlia di Teodosio I, Licinia Eudossia, fu inviato in Occidente con un forte esercito, al comando del magister militumArdaburio e di suo figlio Aspare, e sotto la tutela della madre Placidia, che agiva da reggente per il figlio di cinque anni; mentre era in viaggio, a Tessalonica, fu nominato cesare da Elione,[99] il 23 ottobre 424. Dopo aver svernato acquartierandosi ad Aquileia, l'esercito romano d'Oriente si mosse verso Ravenna, dove si trovava Giovanni; la città cadde dopo quattro mesi di assedio, per il tradimento della guarnigione, e Giovanni fu catturato, deposto e ucciso (giugno o luglio 425).
Aquileia non resistette infine ad Attila che in seguito all'incidentale crollo di un muro della fortificazione riuscì a penetrare nella città devastandola (18 luglio del 452) e, si dice, spargendo il sale sulle rovine, la prese costringendo i legionari che aveva fatto prigionieri a costruire macchine da assedio in uso presso i romani e massacrò o fece schiava gran parte della popolazione.[100] Alla figura di Attila sono legate due leggende: una inerente al crollo delle mura di Aquileia ed un sogno premonitore grazie al quale Attila conquistò la città; l'altra sul tesoro di Aquileia, sepolto per evitare che fosse depredato. Da questo momento in poi Aquileia smise di essere roccaforte a protezione dell'Italia settentrionale, nella sua parte orientale, venendo così sostituita da Verona sull'Adige.[101]
Nonostante la Crisi del III secolo, Diocleziano fonda la zecca di Aquileia e la città, grazie ai numerosi uffici e istituzioni autorevoli, risulta ancora essere, alla morte dell'Imperatore Teodosio I (395), la nona città dell'Impero e la quarta d'Italia, celebre per le sue mura e per il porto. Sappiamo, infatti, che al tempo della tetrarchiaAquileia divenne una delle capitali dell'Impero romano e che fu dotata di magnifiche strutture pubbliche e private per l'AugustoMassimiano. A partire dal 293 vi fu edificato un grande circo, collegato alla vicina residenza imperiale (posizionata ad est dell'impianto), oltre ad una zecca con tre officine (dal 294[102]/296 al 425[5]). Dopo la calata degli Unni di Attila e la conseguente devastazione, la città non si riprese più, tanto da ridursi nelle sue dimensioni fino a dimezzarsi, lungo l'asse nord-sud.[5]
Risale invece agli inizi del IV secolo la costruzione della basilica Patriarcale. Fondata nel 313 dal vescovo Teodoro con il diretto appoggio dell'imperatore Costantino, gli edifici noti come aule teodoriane (i cui resti sono ancora visitabili nella navata dell'edificio attuale e sotto le fondamenta del campanile) costituiscono probabilmente il primo complesso pubblico di culto per i cristiani. Le aule poggiavano su preesistenti edifici romani (probabilmente degli horrea, vasti granai romani che di certo sorgevano nell'area presso la basilica) di cui presumibilmente vennero riutilizzate le mura perimetrali. Le due aule parallele (entrambe di circa 37x20 m) erano collegate tra loro da un vestibolo di 29x13 m, accanto al quale si trovava il primo battistero. Erano entrambe prive di abside, con sei colonne che sostenevano un soffitto a cassettoni riccamente decorato e una pavimentazione costituita da uno straordinario complesso musivo. L'aula nord costituiva probabilmente la chiesa vera e propria, mentre quella sud (posta dove sorge l'attuale basilica) era un catecumeneo, luogo in cui i battezzandi ricevevano l'istruzione cristiana e si preparavano all'ingresso nella comunità. La successiva fase della basilica risale alla metà del IV secolo, al tempo del vescovo Fortunaziano, con l'ampliamento dell'aula nord (73x31 m) e la creazione di nuove sale. La grande basilica, divisa in tre navate da ventotto colonne e priva di abside era collegata, attraverso il battistero, al catecumeneo e preceduta da un ampio chiostro (secondo uno schema riscontrabile anche nel contemporaneo complesso di Augusta Treverorum).
Sopravvissero l'autorità della sua chiesa e il mito di una città che era stata potente, benché ormai il suo dominio diretto si limitasse ad un territorio di ridotta estensione che aveva i suoi punti di forza nell'area urbana con lo scalo marittimo e nel borgo di Grado. Quest'ultimo si sviluppò ed acquistò un'importanza sempre maggiore a seguito dell'invasione longobarda del 568. Da quel momento la regione di Aquileia venne suddivisa fra romano-bizantini (che ne occuparono la zona litoranea) ed i Longobardi (la parte interna). Nell'VIII secolo la sede del patriarcato viene trasferita nella più sicura Cividale.
Verso l'anno Mille si assisté alla rinascita della città, che tornò ad avere grande prestigio con il patriarca Poppone (1019-45), che riportò la sede ad Aquileia.
^La Gallia Cisalpina corrispondeva ai territori della pianura padana compresi tra il fiume Oglio e le Alpi piemontesi
^Le tre legioni affidate a Cesare dalla Lex Vatinia erano la VII, l'VIII e la VIIII)
^La provincia della Gallia Narbonense era stata costituita nel 121 a.C. e comprendeva tutta la fascia costiera e la valle del Rodano, nelle attuali Provenza (che proprio da provinciaderiva il proprio nome) e Linguadoca
^Lawrence Keppie (in The making of the roman army, from Republic to Empire, Oklahoma 1998, pagg. 80-81) suppone che la X legione fosse posizionata nella capitale della Gallia Narbonense, Narbona.
^Per l'iconografia e le mutilazioni dei ritratti di Massimino Trace e di suo figlio Massimo si veda Varner, Eric, Mutilation and Transformation, BRILL, 2004, ISBN 90-04-13577-4, pp. 200-203.
^Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9.7. Paolo Orosio, Historiarum adversos paganos, VII, 22.7.
^Zonara, XII, 26; Historia Augusta, Vita di Aureliano, 37.5.
^Zosimo I, 47; Zonara XII, 26; Vita Aureliani 37, 6
^Le rovine attuali del porto fluviale risalirebbero a Claudio, sebbene il lastricato vicino alle mura del magazzino centrale, risalirebbe ad epoca antecedente.
^Michel Reddé, Voyages sur la Méditerranée romaine, Éditions Errance, Arles, 2005, p. 35
^Giovanni Brusin, Gli scavi di Aquileia, in Associazione nazionale Aquileia, 1934.
^Teodosio era ammalato e non poté viaggiare col nipote (Tony Honoré, Law in the Crisis of Empire, 379-455, Oxford University Press, 1998, ISBN 0-19-826078-4, p. 248).
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