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Mauro Corona

Mauro Corona
Mauro Corona al Premio Chiara dell'ottobre 2013.
NazionalitàItalia (bandiera) Italia
Alpinismo
 

Mauro Corona, all'anagrafe Maurizio Corona (Baselga di Piné, 9 agosto 1950), è uno scrittore, alpinista e scultore ligneo italiano.

Autore di una quarantina di libri, alcuni dei quali best seller, ha sempre usato la scrittura per tramandare le memorie della vita di montagna durante la sua infanzia nonché per narrare aneddoti personali legati all'alpinismo, sua principale passione assieme alla scultura lignea. Nel corso della sua vita ha infatti aperto oltre 300 vie di arrampicata nelle Dolomiti Friulane.

Biografia

Infanzia e origini

Mauro Corona fotografato alle elementari. La foto è in realtà una cartolina inviata il 27 luglio 1958 alla madre con la quale Corona annuncia la promozione a scuola[1].

Mauro Corona nasce il 9 agosto 1950 a Baselga di Piné, in provincia di Trento. A quel tempo sia il padre Domenico, detto "Meni" (Erto e Casso, 18 giugno 1923[2] - 7 marzo 2006[3]) che la madre Lucia, detta "Thia", Filippin (Erto e Casso, 1925 - 2011[4]) svolgono la professione di venditori ambulanti.

In realtà l'economia del tempo di Erto, paese di origine della famiglia, è estremamente povera ed arretrata: quasi tutti gli abitanti sono abili a svolgere pressoché ogni mestiere legato all'agricoltura, alla selvicoltura ed alla caccia, spesso più per ragioni di mera autosussistenza che non in un vero e proprio tessuto economico moderno e sviluppato. Questa caratteristica capacità di spaziare in vari ambiti del sapere pratico è infatti una costante nei personaggi delle storie raccontate da Corona nei suoi libri. Gli ertani, tuttavia, specie durante l'inverno avevano l'abitudine di scolpire oggetti di legno da rivendere durante la primavera o l'estate nei paesi di pianura allo scopo di racimolare qualche ulteriore guadagno. Le donne delle famiglie meno abbienti partivano anche in stato di gravidanza: fu così che Corona nacque in modo del tutto casuale a circa 140 km da casa sul carretto che i genitori sfruttavano per il trasporto degli utensili in legno da vendere [1][5]. Lo scrittore scriverà sempre nelle presentazioni dei suoi libri di essere nato a Erto, con volontaria erroneità, solo per affetto e riconoscenza verso la terra che effettivamente sente sua e dove conserva le sue radici[6]. Le condizioni in cui viene al mondo, tuttavia, portano presto una forte polmonite al neonato: egli riesce a salvarsi solo per un caso fortuito ma la gravità della situazione induce i genitori addirittura a fargli ricevere l'estrema unzione [1].

La famiglia si stabilisce e trascorse circa sei anni in Trentino, dove nascono anche i due fratelli minori di Mauro, Felice (Baselga di Piné, dicembre 1951 - Paderborn, 30 giugno 1968) e Enrico, detto Richeto (Baselga di Piné, 6 gennaio 1956). Nel 1956 tuttavia i genitori preferiscono ritornare a Erto, il paese d'origine nella valle del Vajont, a quel tempo in provincia di Udine e poi passato in provincia di Pordenone nel 1968. Lì Corona trascorre i successivi anni nella contrada San Rocco, dove conosce i suoi coetanei che diventeranno, diversi anni dopo, citati svariate volte nei suoi volumi.[7]

Pochi mesi più tardi, sempre nel 1956, la madre abbandona la famiglia, esausta delle percosse infertele dal marito, affetto da problemi di alcolismo[7], rifugiandosi in Germania e ricongiungendosi ai figli solo dopo il 1964. I tre bambini vengono pertanto cresciuti soprattutto dai nonni paterni, aiutati dalla zia Tina, una ex collaboratrice scolastica divenuta sordomuta in età adulta. Corona, anche per alleviare il dolore ed estraniarsi dal contesto di sofferenza in cui vive, comincia a dedicarsi alla lettura di alcuni libri lasciati dalla madre, appassionata lettrice: Tolstoj, Dostoevskij e Cervantes diventano così i suoi scrittori preferiti.

La grave condizione dei tre fratelli porterà Mauro a definire loro stessi 'orfani con genitori viventi'. Le precarie condizioni economiche della famiglia costringono i bambini fin dall'infanzia, durante il periodo estivo, a seguire i malgari sugli alpeggi e prestarsi a vari lavori al fine di apprendere il prima possibile un mestiere e aiutare in casa. Sovente Corona stesso è costretto anche a seguire la nonna Maria fino alla frazione Cellino di Claut per tentare di intenerire gli abitanti con la presenza del bambino che veniva mandato avanti e chiedere loro l'elemosina, consistente sovente in generi alimentari per il mantenimento della famiglia. Corona ricorda anche come spesso per Natale i nonni facevano trovare ai fratelli solo cenere al posto dei regali, poiché non avevano la possibilità di comprarli, e come scusa usavano incolpare i nipoti di essere stati cattivi[8][9]. Dal nonno Felice apprende soprattutto l'arte dell'intaglio ligneo, anche al fine di produrre durante l'inverno utensili da rivendere durante la bella stagione. Il 24 agosto 1962, giunto alle porte di Belluno per vendere alcuni oggetti prodotti, l'uomo viene investito mortalmente da un automobilista che non si ferma a soccorrerlo[10].

Da ragazzo Corona è appassionato di bob, con cui ingaggia gare tra amici lanciandosi con mezzi auto-costruiti sia dai pendii intorno a Erto sia tra le strette e ripide vie del paese. Talvolta deve ricorrere alle cure mediche per abrasioni su parti del corpo avendo sbattuto contro i muri delle case.

Inizio anni 1960: gli studi e il disastro del Vajont

Corona inizia a frequentare le scuole elementari a Erto: come era in uso all'epoca nelle parti più remote e povere d'Italia, al posto della scuola media inizialmente frequenta le classi fino all'ottava elementare. Tuttavia nel 1963 la nuova riforma impone l'obbligo della scuola secondaria di primo grado (allora detta 'media'). Mauro è costretto pertanto a fare il pendolare con la vicina Longarone, in provincia di Belluno, ma questo accade in realtà solo per circa una decina di giorni.

La sera del 9 ottobre 1963 infatti, dopo numerose avvisaglie nei giorni precedenti, l'ondata del Vajont distrugge Longarone e le frazioni di Erto vicine al lago, a cavallo tra Veneto e Friuli, causando quasi 2 000 morti. La sua famiglia fortunatamente non subisce alcuna perdita nel disastro tuttavia, come tutte le altre, viene sfollata. Inizialmente vengono tutti trasferiti per meno di una settimana presso la colonia del Salvatore di Cimolais, una struttura che ospita bambini nel periodo estivo e che in quel momento era vuota dopo il termine della stagione. Dopo pochi giorni tuttavia la nonna e la zia di Corona sono condotte in un ospizio di Aviano, dove moriranno a distanza di poco tempo l'una dall'altra.[11]

Insieme al primo fratello minore Corona è invece trasferito nel Collegio Don Bosco di Pordenone. Lì, grazie alla carità offerta dai Salesiani agli sfollati, viene ospitato ed istruito per i tre anni della scuola media. Questa esperienza, unita alla passione di alcuni suoi insegnati sacerdoti, fornisce ai due fratelli la disciplina mancante data dal vivere in un luogo povero e senza una solida famiglia alle spalle. In Mauro, in particolare, risveglia la volontà di migliorarsi per il suo domani e lo incoraggia verso gli studi letterari ed artistici, che diverranno sua grande passione per il resto della vita. Il periodo di permanenza al collegio rivela anche alcune difficoltà in quanto i fratelli non sono abituati al contatto con la gente e al sottostare a regole imposte pertanto emergono anche sentimenti di nostalgia, prigionia e la mancanza dei boschi di Erto. A questo si aggiunge che il collegio era in realtà privato e frequentato prevalentemente da giovani cittadini altolocati con i quali non di rado scoppiavano diverbi con gli sfollati. Conseguita la licenza media, Mauro chiede al padre di frequentare la scuola d'arte di Ortisei, ma egli lo costringe per ragioni economiche a frequentare l'istituto-collegio per geometri Marinoni di Udine.

In questa città Corona soggiorna, sempre grazie agli aiuti statali agli sfollati del Vajont, al Collegio Bertoni di Udine. La maggiore libertà concessagli rispetto ai tempi di Pordenone, la mancanza di attenzione da parte dei sacerdoti che reggevano la struttura oltre che i primi tormenti adolescenziali, lo portano in poco tempo a disinteressarsi allo studio. Corona inizia una propria ribellione non seguendo più le lezioni, preferendo leggere Tex in classe, specie dopo il commento sprezzante di un suo professore riguardante un elaborato di disegno tecnico. Dopo due anni viene ritirato dalla scuola: più che per la mancanza di interesse, la ragione effettiva fu legata al termine dei contributi statali per il mantenimento dei superstiti del Vajont a cinque anni dalla tragedia.[12][13]

Fine anni 1960-inizio anni 1970: le prime esperienze lavorative

La cava del Monte Buscada, con il suo tipico marmo rosso, dove ha lavorato.

A marzo 1968 inizia a lavorare come manovale presso Maniago, venendo ospitato insieme ad altri operai in una casa in via Colvera. Nello stesso mese il primo fratello minore, Felice, decide di accettare un'offerta di lavoro come gelataio in Germania da parte di una famiglia di Auronzo di Cadore: questo era infatti un sogno molto ambito all'epoca da parte dei giovani ertani che volevano emulare l'esempio di tanti loro antenati emigrati per svolgere quel mestiere. In realtà, dopo aver svolto per tre mesi la mansione di sguattero presso una gelateria, il 30 giugno 1968 annega in una piscina di Paderborn, verosimilmente a seguito di un colpo inferto alla testa. Nonostante la presenza di testimoni, nessuno fu in grado di ricostruire la verità sull'accaduto: la famiglia Corona stessa rifiutò qualsiasi forma di risarcimento o processo, lasciando tuttavia ignoti ed impuniti eventuali colpevoli. Corona, venuto a conoscenza dell'accaduto mentre si trovava su un cantiere, decide di dimettersi per ritornare più vicino alla famiglia.

Terminati i giorni dei funerali, si fa assumere alla cava di marmo del monte Buscada, dove rimase per i successivi sette anni. L'estrazione del marmo rosso avveniva a 1800 m di altezza: i cavatori impiegati erano complessivamente 18 a cui si aggiungeva un cuoco che provvedeva al vitto. Per evitare le circa due ore di cammino che separavano il paese dal sito di estrazione, fu costruita una casa che fungeva da dormitorio al piano superiore e da refettorio e magazzino a quello inferiore. Lo stabile è stato ristrutturato mantenendo l'originaria collocazione delle stanze e ospita, dal 2010, il Rifugio Cava Buscada. L'attività lavorativa, particolarmente gravosa poiché eseguita ancora con metodi arcaici, procedeva generalmente da aprile a novembre, considerate le temperature rigide a quella quota. L'impiego di così tante maestranze, tuttavia, rendeva già all'inizio degli anni 1970 poco redditizia l'attività. Dopo avere fatto scardinato la parte dalla parete essa doveva essere lavorata per avere le giuste dimensioni per essere trasportata su un lungo scivolo ligneo verso valle. Corona riuscì ad arrivare ad essere 'scalpellino riquadratore', qualifica ambita, che suggeriva l'abilità dell'operaio nel formare il blocco prima del trasporto. Nel 1974 lo storico direttore Argante Gattini decide di ritirarsi per limiti d'età: l'arrivo del nuovo capo, tuttavia, rompe l'armonia presente tra i colleghi molti dei quali decidono di ritirarsi in pensione. L'arrivo inoltre della strada carrozzabile nelle vicinanze della cava pochi anni dopo avrebbe reso superflui alcuni di essi. La cava continuerà l'attività fino al 1994, con appena due dipendenti, quando chiuse non per esaurimento della materia prima ma sotto le crescenti proteste ambientaliste per lo sfruttamento eccessivo della montagna.

1971-1972: gli anni del servizio militare di leva

Corona sospende temporaneamente il lavoro presso la cava di marmo nel 1971 poiché costretto ad assolvere al servizio militare. A quel tempo infatti la maggiore età era fissata al compimento dei 21 anni, prima della riforma del 1975, che l'abbasserà ai 18.

Corona inizia il servizio a L'Aquila, arruolato negli Alpini e con l'incarico di conducente di mulo. Tale occasione riproporrà in lui le sensazioni provate da adolescente presso il collegio di Pordenone, legate alla distanza dai luoghi natii e alla difficoltà ad obbedire agli ordini imposti. In seguito sarà inviato a Tarvisio nella squadra sciatori.

Ha fatto parte dell'equipaggio che vince la medaglia di bronzo nei campionati italiani di bob a quattro svoltisi a Cervinia nel 1972.[14]

Si congeda con un mese di ritardo a causa di trentadue giorni di cella di punizione di rigore accumulati per le sue numerose intemperanze durante l'espletamento del servizio.[15]

Seconda metà anni 1970: l'inizio della carriera da scultore

Una mattina del 1975, mentre Corona sta attendendo di ricominciare l'attività estrattiva in cava, Renato Gaiotti, imprenditore nel settore forestale originario di Sacile, passa per caso in via Balbi, nel centro storico di Erto, davanti al suo studio. L'uomo scorge per caso alcune piccole sculture e, dopo essersi informato direttamente dal loro autore, decide di comprarle tutte. Corona comincia così a pensare di poter affiancare alle attività che suole svolgere durante il periodo invernale di riposo dalla cava, ovvero quelle di manovale e boscaiolo, gli introiti dell'attività di scultore. Quell'anno, anche per via dell'imminente prospettiva di ammodernamento tecnologico in cava che avrebbe reso incerto quel lavoro, decide di dimettersi dall'attività di cavatore[16].

Pochi mesi più tardi lo stesso Gaiotti decide di fungere da mecenate per Corona e di commissionargli una Via Crucis da donare alla chiesa di San Giovanni del Tempio di Sacile. Lo scultore si fa aiutare dal prevosto di Erto, don Matteo Pasut (1938[17]) che gli consente di staccare e studiare le formelle a bassorilievo presenti nella chiesa parrocchiale del paese. Il progetto di Corona consiste in 14 pannelli in pino cembro (o 'cirmolo') che, oltre ad arredare, effluviano la navata con l'essenza tipica di questo legno: l'opera è terminata in circa tre mesi e collocata presso la chiesa di Sacile[18]. Gaiotti sborsa una cifra appositamente generosa per il lavoro, al fine di aiutare Corona: i soldi ricavati dalla vendita gli consentono infatti di sistemare meglio la sua modesta abitazione e soprattutto di acquistare l'attrezzatura indispensabile a scolpire.

Non avendo tuttavia gli studi necessari per migliorare la propria arte, individua un possibile maestro: Augusto Murer è lo scultore di Falcade che gli insegna il mestiere e gli permette di migliorare le sue conoscenze tecniche e artistiche. Da quell'anno Corona frequenterà saltuariamente il suo studio fino alla morte del primo, sopraggiunta nel 1984.

Nel 1975 a Longarone organizza la sua prima mostra [18].

Anni 1980: le due spedizioni internazionali per l'arrampicata

Fin da bambino Corona apprende, anche grazie al nonno Felice, l'arrampicata, una passione che continuerà per il resto della vita. La prima scalata completa ad un monte la compie il 25 agosto 1963, insieme al primo fratello minore Felice e ad altri due accompagnatori ai quali si erano legati estemporaneamente. Quel giorno infatti i due sono giunti in Val Zemola per l'inaugurazione del Rifugio Maniago ma ne vogliono approfittare per la scalata al monte Duranno: per questa ragione i due fratelli Corona decidono di accompagnarli fino in vetta nonostante la contrarietà dei due[19][20].

Nel 1977 inizia ad attrezzare le falesie di Erto e Casso, oggi meta molto frequentata dagli alpinisti di tutto il mondo. Oggi diverse vie di scalata portano la sua firma.[21]

Nel 1984, su invito dell'amico alpinista Gianni Pais Becher di Auronzo di Cadore, e con la sponsorizzazione di una banca di Belluno, decide di unirsi al gruppo degli Scoiattoli di Cortina per scalare per la prima volta alcune cime della Groenlandia. Il gruppo giunge presso l'aeroporto di Angmagssalik il 14 giugno, per essere trasferito in elicottero presso Tasiilaq un piccolo villaggio inuit che costituisce il campo base per le spedizioni. La spedizione dura complessivamente due mesi nei quali, in riconoscenza allo sponsor e ai paesi della terra natale, molte delle cime vengono conquistate e ribattezzate con nomi inconsueti per quelle parti: Cima Erto, Cima Belluno, Cima 9 ottobre (in riconoscenza ai morti del Vajont), Cima Cristina, Cima Valcellina e Cima International Expedition. In riconoscenza ai due eschimesi che facevano loro da guida si decide di dedicare a due luoghi locali due punte: Cima Angmagssalik e Cima Tasiilaq. Un giorno Mauro perde l'orientamento e rischia di morire sui ghiacci, salvandosi fortunosamente anche grazie alle provviste e ad una tenda che si era portato appresso mentre attendeva che alcuni membri della spedizione lo cercassero. Infine, verso il termine della spedizione, il gruppo fu costretto a posticipare la partenza di sei giorni per una bufera durata sei giorni che portò le temperature a -40 °C rendendo impossibile il recupero in elicottero: la spedizione si concluse negli ultimi giorni di luglio 1984[22].

Intorno alla metà degli anni 1980, pur con gli scarsi mezzi economici a disposizione, Corona riesce ad organizzare un viaggio in California per scalare El Captain, con l'amico alpinista Maurizio Zanolla, detto 'Manolo'. L'avventura tuttavia, specie a causa della severità dei ranger locali e della rigidezza delle leggi, non si rivelò particolarmente entusiasmante, sfatando in Corona i miti e i racconti della Beat Generation in voga nel decennio precedente[23].

Anni 1990: l'inizio della carriera da scrittore

La carriera di scrittore inizia all'inizio degli anni 1990, quando Maurizio Bait, un amico giornalista, pubblica per due anni a puntate alcuni suoi racconti sul quotidiano Il Gazzettino, all'interno delle rubriche 'I cieli' prima e 'Sotto le foglie' in ultima. Il libro d'esordio è edito nel 1994: 'Il soffio del gallo forcello' è in realtà un breve racconto appena ventuno pagine nel quale Corona analizza sinteticamente i temi che diverranno poi centrali nei suoi scritti, quali i rapporti con i famigliari, la natura e la montagna, raccontati con lo sguardo ed i ricordi della sua infanzia[24]. Da allora ha pubblicato svariati libri, tutti con discreto successo. Nei suoi romanzi e nei suoi racconti porta a contatto il lettore con un mondo quasi del tutto scomparso: quello della vita e delle tradizioni nei paesi della Valle del Vajont, un ecosistema che subisce violenti sconvolgimenti a seguito della tragedia che vi è accaduta. Personaggi ed echi del passato riaffiorano tra le sue righe, che affronta con uno sguardo appassionato e un po' malinconico tematiche come il rapporto dell'uomo con la natura, con le proprie radici e con l'incombente progresso economico e tecnologico.

Mauro Corona nel 2009.

Continua ad alternare momenti di scrittura (anche erotica), scultura lignea e arrampicata a conferenze, incontri e manifestazioni, e partecipa alla realizzazione di alcuni documentari sulla propria vita. Ha partecipato al film Vajont, interpretando il barista Pietro Corona. Tra i suoi amici e corrispondenti vi è il coetaneo Erri De Luca, anch'egli scrittore e arrampicatore. Nel 2002 lo scrittore fumettista Paolo Cossi pubblica Corona - L'uomo del bosco di Erto per Edizioni Biblioteca dell'Immagine. Un libro a fumetti che narra alcune vicende raccontate a Cossi da lui e delle avventure che Cossi dovette intraprendere per ascoltare di persona i suoi racconti.

Cani, camosci, cuculi (e un corvo) si è aggiudicato il Cardo d'argento al 37º Premio Itas del libro di montagna, ritirato da lui il 29 aprile 2008.

Il 17 luglio 2011 il libro La fine del mondo storto vince, con 75 preferenze, il Premio Bancarella 2011.[25]. Nel 2014 vince il Premio Mario Rigoni Stern e, a proposito di questo riconoscimento, ha detto[26]:

«Per me questo premio ha un valore diverso e non solo perché Mario Rigoni Stern e le sue pagine mi hanno commosso [...] Quando questa notte tornerò a casa e mi guarderò allo specchio, mi dirò che forse ce l'ho fatta a uscire dall'inferno.»

Nel 2021 vince l'ambito 'Premio letterario la Tore isola d'Elba', che però non ha ritirato per un incidente ad una spalla durante una scalata.

Le sue opere sono state tradotte in varie lingue, tra cui cinese, tedesco e spagnolo.[27]

Anni 2000: la notorietà televisiva

È stato ospite fisso di Cartabianca, programma di prima serata di Rai 3 condotto da Bianca Berlinguer, dall'11 settembre 2018 fino al 23 settembre 2020, quando è stato allontanato dopo avere apostrofato "gallina" la conduttrice.[28] Nel 2021 viene reintegrato nel programma e vi rimane fino alla chiusura definitiva avvenuta il 27 giugno 2023, per poi riprendere, dal 5 settembre successivo, lo stesso ruolo passando su Rete 4 con È sempre Cartabianca.

Nel settembre 2021 è interprete del filmato musicale del brano Oh Lord vaarda gió di Davide Van De Sfroos e Zucchero Fornaciari.

Vita privata

Poco più che ventenne, Corona ebbe una relazione con una donna di cui non rivelò mai identità e da cui nacque nel 1974 la prima figlia Martina, detta 'Tina'; tale nome è caro allo scrittore perché in comune con la giornalista Merlin, che dedicò gran parte della sua carriera al caso del disastro del Vajont. Nel medesimo anno tuttavia la compagna morì appena ventenne per un tumore al cervello [6].

Nel 1978 Corona si sposò con Francesca De Damiani [29](Erto e Casso, 1954), ragioniera comunale a Erto fino al suo pensionamento nel settembre 2019[30][31], dalla quale ebbe altri tre figli: Marianna (1979[32]), Matteo (1981[33]) e Melissa (1982[34]).[35] Di essi anche Marianna è autrice e ha pubblicato il suo libro di esordio Fiorire tra le rocce nel 2021.[36] mentre Matteo ha illustrato alcune opere del padre.

Si considera credente in Dio ma non segue nessuna religione in particolare.[37]

Controversie

Mauro Corona è stato in svariate occasioni criticato per i suoi rapporti con l'alcool, problema che lui stesso ha ammesso di avere fin dalla sua giovane età e che ha riproposto parecchie volte nei suoi scritti autobiografici. Lo stesso ha ammesso di usare il bere per vincere la timidezza quando doveva parlare con le persone ma ha sempre stigmatizzato questo comportamento, avvisando sempre di essere stato un pessimo esempio, specie verso i più giovani [38][39][40].

Durante la sua permanenza al talk-show Cartabianca divennero celebri alcune sue litigate con gli ospiti, come quella avvenuta il 5 febbraio 2019 con il giornalista Roberto D'Agostino. Corona era solito in quell'anno indossare la divisa della Forestale per protestare contro la soppressione del Corpo e la sua conseguente incorporazione nell'Arma dei Carabinieri. D'Agostino lo prese in giro descrivendolo come un 'montanaro', aggettivo che Corona reputò un insulto: dopo averlo apostrofato in risposta, chiese alla conduttrice di non essere più invitato in presenza dell'altro[41].

Talvolta avvennero litigate anche con la stessa conduttrice: queste in due occasioni lo portarono alla sospensione dal programma. La prima avvenne nel 2019: nella puntata dell'11 giugno Corona bevve in diretta un alcolico, direttamente dalla bottiglia e davanti ai telespettatori, per festeggiare il compleanno di un amico. Nella puntata successiva del 18 giugno Berlinguer spiegò di avere ricevuto scuse private dallo scrittore ma di essersi indignata per un'intervista dello stesso apparsa sull'ultimo numero di FQMagazine, nella quale lo stesso lamentava di non avere avuto abbastanza spazio per i propri temi personali durante le sue ospitate a Cartabianca, da qui la decisione di sospendere la collaborazione con lo stesso[42]. Dopo una settimana di sospensione venne reintegrato nell'ultima puntata della stagione[43].

La seconda, più pesante, avvenne nel 2020. Durante un'intervista doppia, con anche la presenza dell'attore Claudio Amendola, Corona iniziò a chiedere di poter porgere delle scuse ad un amico albergatore, facendo un'esplicito riferimento alla sua struttura. La conduttrice cercò di bloccarlo, non potendo accettare riferimenti a strutture private che sarebbero potuti essere pubblicità. Corona tuttavia non fu dello stesso avviso e si scompose dichiarando: "Senta Bianchina, se lei mi vuole qui tutta la stagione mi fa dire le cose, sennò la mando in malora e me ne vado" aggiungendo poi "Adesso lei stia zitta. Stia zitta una buona volta, gallina. La sua trasmissione da stasera se la conduce da sola, gallina". Nonostante il successivo riappacificamento privato, come accaduto altre volte, le direzioni generale della Rai e di Rai 3 furono irremovibili su una sospensione a tempo indeterminato di Corona dal programma giudicando l'epiteto rivolto alla conduttrice come un'offesa più ampia rivolta in generale a tutto il genere femminile[44]. Durante i mesi che seguirono lo stesso Corona si dichiarò affranto per quanto accaduto imputando il nervosismo di quella sera all'astinenza forzata dall'alcool a cui si stava sottoponendo per la sua salute. Aggiunse inoltre di essere stato travisato e, considerati i trascorsi in cui assistette alle violenze su sua madre, di non voler assolutamente creare discriminazioni di genere o incitamenti alla violenza con le sue frasi[45]. Berlinguer stessa perdonò lo scrittore, auspicando il suo ritorno in Rai: ciononostante la sospensione perdurò per un'intera stagione del programma e sarà alla base della decisione della conduttrice di lasciare la tv di Stato per poi passare a Mediaset dal 2023 [46].

Opere

Raccolte di racconti

Antologie di racconti

  • Gli occhi del bosco. Storie di animali e uomini, Milano, Mondadori, 2012, ISBN 978-88-04-62089-1 [Contiene: Cani, camosci, cuculi (e un corvo) e Storie del bosco antico].
  • Il bosco racconta, prefazione di Erri De Luca, illustrazioni di Mauro e Matteo Corona, Milano, Mondadori, 2015, ISBN 978-88-04-65769-9 [Contiene: Storie del bosco antico e Torneranno le quattro stagioni].

Romanzi

Fiabe e opere per l'infanzia

Saggi e manuali

Poesie

  • La ballata della donna ertana, Collana Scrittori italiani e stranieri, Milano, Mondadori, 2011, ISBN 978-88-04-60869-1.

Filmografia

Riconoscimenti

  • Cardo d'argento 2008 al 37º Premio Itas del libro di montagna per Cani, camosci, cuculi (e un corvo);
  • Premio Bancarella 2011 per La fine del mondo storto;
  • Christmas Love 2011 (Christmas Film Festival) "per il suo sconfinato amore per la natura"[47];
  • Premio Mario Rigoni Stern 2014, sezione narrativa, per l'opera "La voce degli uomini freddi";
  • Premio Selezione Campiello 2014[48];
  • Premio per l'Ambiente 2016 al Tignano Festival (Barberino Tavarnelle - Firenze);
  • Premio Letterario La Tore Isola d'Elba (edizione 2021).

Note

  1. ^ a b c La Vita - Mauro Corona
  2. ^ Ne parla nell'introduzione di 'Lunario sentimentale', 2024
  3. ^ Ne parla nell'ultimo capitolo de 'I fantasmi di pietra', 2006
  4. ^ Ne parla introducendo 'Come sasso nella corrente', 2011
  5. ^ Mauro Corona: il poeta alpinista, su nebbiainvalpadanacalmiglialtrimari.blogspot.com, 26 settembre 2007. URL consultato il 25 dicembre 2011 (archiviato il 30 luglio 2018).
  6. ^ a b Mauro Corona, l'uomo del Vajont, si racconta: «Da zingaro a scrittore»
  7. ^ a b Biografia, su dispersoneiboschi.it, 30 giugno 2010. URL consultato il 30 giugno 2010 (archiviato dall'url originale il 29 maggio 2010).
  8. ^ https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/12/15/cartabianca-mauro-corona-a-natale-mi-davano-solo-cenere-chiedevo-lelemosina-poi-vuole-spogliarsi-bianca-berlinguer-lo-gela-non-andiamo-oltre/6426832/
  9. ^ https://www.corriere.it/cronache/24_aprile_03/mauro-corona-intervista-9240509a-f11f-11ee-acc3-37d6bada5a3d.shtml
  10. ^ https://www.maurocorona.it/la-vita/
  11. ^ Si veda il suo romanzo Aspro e dolce, Mondadori, 2004, p. 146.
  12. ^ Mauro Corona, La vita, su maurocorona.it, https://maurocorona.it. URL consultato il 13 novembre 2018 (archiviato il 13 novembre 2018).
  13. ^ Mirella Serri, Mauro Corona Come Cervantes non accetto gioghi, su lastampa.it, La Stampa, 3 luglio 2012. URL consultato il 24 aprile 2018 (archiviato il 24 aprile 2018).
  14. ^ Biografia dell'autore 2014 - Mauro Corona, su premiomariorigonistern.com, PREMIO MARIO RIGONI STERN. URL consultato il 25 settembre 2019 (archiviato il 13 novembre 2018).
    «L'albo d'oro di questo sport invernale, parla di campionati italiani di bob a quattro svoltesi a Cervinia nel 1972 dove l'equipaggio di cui fece parte Corona vinse la medaglia di bronzo piazzandosi al terzo posto.»
  15. ^ Come narrato nell'autobiografia Aspro e dolce.
  16. ^ Edoardo Pittalis, Mauro Corona, l'uomo del Vajont, si racconta: «Da zingaro a scrittore», su ilgazzettino.it, Il Gazzettino, 1º maggio 2017. URL consultato il 14 novembre 2018 (archiviato il 2 maggio 2017).
  17. ^ https://www.ilgazzettino.it/pay/nazionale_pay/un_gregge_ritrovato_per_il_prete_del_vajont-3210357.html
  18. ^ a b https://www.maurocorona.it/sculture/
  19. ^ 'Arrampicare', 2022, capitolo 1
  20. ^ 'Aspro e dolce', 2004
  21. ^ Sito di Mauro Corona, su maurocorona.it. URL consultato il 16 novembre 2018 (archiviato il 28 agosto 2018).
  22. ^ 'Arrampicare, 2022, capitolo 13
  23. ^ 'Arrampicare', 2022, capitolo 15
  24. ^ Il soffio del gallo forcello - Mauro Corona
  25. ^ ALBO D'ORO, su premiobancarella.it, Premio Bancarella. URL consultato il 14 novembre 2018 (archiviato dall'url originale il 6 maggio 2018).
  26. ^ Letteratura: Mauro Corona, forse sono uscito dall'inferno, su ansa.it, ANSA, 30 marzo 2014. URL consultato il 2 maggio 2014 (archiviato il 13 marzo 2018).
  27. ^ (ES) Manuel Morales e Tommaso Koch, El ermitaño italiano que se convirtió en fenómeno literario, su elpais.com, El País, 23 dicembre 2011. URL consultato il 14 novembre 2018 (archiviato il 19 gennaio 2017).
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