Alberto Sordi nacque a Roma, in via San Cosimato 7,[N 2] nel rione di Trastevere, il 15 giugno del 1920, ultimo figlio di Pietro Sordi (1879-1941),[7][8] un professore di musica e strumentista, titolare della tuba contrabbasso dell'orchestra del Teatro dell'Opera di Roma,[9] e di Maria Righetti (1889-1952[10]),[7][11] un'insegnante elementare.[N 3] I coniugi Sordi avevano contratto matrimonio il 30 luglio 1910 a Pesaro, la città in cui si erano incontrati e dove risiedevano. Qui, il padre Pietro aveva inoltre studiato e conseguito il diploma di strumentista[12] presso il Conservatorio Rossini.[7][9]
La famiglia era composta anche dalla sorella Savina (1911-1972),[13] insegnante di religione,[12][14] dal fratello Giuseppe (1915-1990),[9][12][15] ingegnere e, per lungo tempo, suo amministratore, e dalla sorella Aurelia (1917-2014),[16] insegnante di religione, mentre il terzogenito, anch'egli di nome Alberto,[N 4] era morto il 24 maggio 1916 dopo pochi giorni di vita.[12] Anche i nonni paterni, Francesco Sordi (1847-1904) e Adelaide Piacentini (1850-1941) erano entrambi di Valmontone,[7] e con essi Alberto trascorse parte dell'infanzia.[17][18]
Le prime esperienze (1926 - 1936)
Nel 1926 vinse un concorso di bellezza per bambini,[19] aggiudicandosi una tessera familiare per entrare gratis, per un anno, al cinema Italia Nova di Trastevere. A Roma, frequentò la scuola elementare "Armando Diaz"[20] e fu qui che, in quinta classe, su iniziativa di un docente di educazione fisica appassionato di teatro, iniziò a recitare nel "Teatrino delle marionette",[9] una piccola compagnia itinerante in cui gli attori interpretavano i personaggi in voga dei giornalini di quell'epoca.[20] Partecipò al coro di Santa Maria in Trastevere, la sua parrocchia,[19] e successivamente cantò come soprano nel coro di voci bianche della Cappella Sistina[20] diretto da don Lorenzo Perosi, fino alla precoce trasformazione della voce in basso[21] verso i 10 anni di età[13] e divenuta poi una delle sue caratteristiche distintive. Frequentò l'Accademia di canto di Via Gregoriana;[13] studiò canto lirico e si esibì sulla scena operistica per un certo periodo della giovinezza.[12]
Nel 1936 si recò a Milano, su invito della casa discografica Fonit, per incidere un disco di fiabe musicali dedicate all'infanzia, tratte da racconti scritti da lui e pubblicati su un settimanale dell'epoca;[9] con il ricavato e con altri lavori saltuari si finanziò la frequenza al corso di recitazione all'Accademia dei filodrammatici. Per trasferirsi al nord abbandonò gli studi all'Istituto di Avviamento Commerciale "Giulio Romano" di Trastevere[20][21] (conseguì comunque come privatista il diploma di ragioniere alcuni anni più tardi per fare contenta la madre).[22] L'esperienza ebbe un esito fallimentare[N 5] e portò all'espulsione del giovane Sordi dovuta alla sua marcata inflessione dialettale romanesca e alla sprezzante valutazione[N 6] della maestra Emilia Varini[23] sulla sua presunta carenza di talento attoriale.[12]
Tentò la strada del teatro leggero, riuscendo a ottenere una scrittura, insieme al suo amico romano Gaspare Cavicchi al cinema teatro Pace di Milano. Tuttavia, la prima esibizione fu un insuccesso;[24] scoraggiato dall'esito negativo, Alberto decise di tornare a Roma.[9]
Comparsa e doppiatore (1937 - 1956)
Rientrato nella capitale, nel 1937 trovò lavoro come comparsa a Cinecittà, apparendo nel film kolossalScipione l'Africano in un ruolo da generico soldato romano.[20] Nello stesso anno vinse un concorso indetto dalla Metro-Goldwyn-Mayer per doppiare la voce di Oliver Hardy (inizialmente presentandosi con lo pseudonimo Albert Odisor),[21] insieme a Mauro Zambuto, che prestava la voce a Stan Laurel. Si presentò alle audizioni privo di esperienza specifica di doppiaggio e con poche aspettative di successo, considerata la concorrenza di professionisti affermati del settore;[25] fu il direttore del doppiaggio della MGM Franco Schirato[12] a ritenere il suo registro basso e il timbro di voce «caldo e pastoso»[25] un connubio ideale per la notevole mole del personaggio[25] (nonostante la voce di Hardy fosse in realtà nel registro tenorile);[25][N 7] fu scritturato, debuttando nel ridoppiaggio della comicaSotto zero[26] nel 1939, seguita dal lungometraggioI diavoli volanti nello stesso anno.[26]
Concluse la sua esperienza di doppiaggio[N 8] con I pinguini ci guardano del 1956, dove gli animali presenti nella pellicola parlano con le voci di famosi attori.
Il teatro di rivista, ruoli minori e la guerra (1936 - 1953)
Nel teatro leggero, dopo un tentativo infruttuoso con la compagnia di Aldo Fabrizi e Anna Fougez avvenuto nella stagione 1936-1937 nello spettacolo San Giovanni, ritentò in quella seguente, riuscendo finalmente a debuttare nel teatro di rivista nella compagnia di Guido Riccioli e Nanda Primavera nella stagione 1938-1939 con lo spettacolo Ma in campagna è un'altra... rosa. In questo spettacolo ebbe inizialmente il ruolo di stilé (ballerino di fila),[21] fu poi promosso al ruolo di maggiordomo in uno sketch di Benini e Gori scritto appositamente per lui.[21]
«Non avevo le physique du rôle, il fisico di un attore comico. Non c’era niente in me che facesse ridere, così mi ci volle molto tempo per arrivare al successo, sia in teatro sia al cinema. Mi venne allora l’idea di utilizzare un canale più diretto, più diffuso, la radio, (...) proporre un personaggio attorno al quale sarebbe stata costruita la trasmissione, insomma una forma di “divismo” radiofonico che allora non esisteva (...).»
(Da conversazioni di Alberto Sordi, come documentato in d'Amico, La commedia all'italiana, op.cit.)
Fu alla radio, tra il 1946 e il 1953, che cominciò a ottenere una certa notorietà. Nel 1946, ispiratosi agli ambienti dell'Azione Cattolica, ideò la sua satira dei personaggi de I compagnucci della parrocchietta, dal caratteristico parlato nasale e atteggiamento da "persona come si deve". Uno di questi personaggi piacque talmente a Vittorio De Sica[30] da proporre a Sordi la trasposizione cinematografica in Mamma mia, che impressione! del 1951,[31] suo primo film da protagonista,[32] attraverso la neonata P.F.C.(Produzione Film Comici), fondata da essi stessi.[21] Il film, sceneggiato da Cesare Zavattini e diretto da Roberto Savarese,[31] pur basato sul modello di recitazione tutto verbale sperimentato in radio, contribuì al consolidamento del personaggio, poi riproposto in altri lavori minori. Il responso critico prevalentemente negativo[33] e i modestissimi incassi al botteghino sancirono il fallimento del progetto e della casa di produzione ma contribuirono a consolidare l'amicizia tra Sordi e De Sica, che collaborarono in numerose occasioni successive.
A parte la riproposizione di personaggi noti in Gran varietà sul finire degli anni sessanta,[31] l'ultima esperienza radiofonica prima che il cinema divenisse preponderante nella sua carriera fu Il teatrino di Alberto Sordi,[31] in onda solo per pochi mesi sul Secondo Programma tra il 1952 e il 1953.[31]
La grande popolarità (1952 - 1958)
Tra il 1953 e il 1955, la carriera cinematografica di Alberto Sordi giunse a un'importante svolta. Dopo il modesto riscontro di pubblico, e i giudizi della critica cinematografica dell'epoca in prevalenza negativi[34] per il film Lo sceicco bianco (1952) di Federico Fellini, Sordi ottenne maggiore successo con il ruolo da non protagonista in I vitelloni (1953), anch'esso diretto da Fellini, incentrato su un gruppo di giovani riminesi che, nel vuoto di ideali e prospettive lasciato dalla guerra, si trovano confusi e disorientati, incapaci di trovare scopi e interessi.[13]
Nonostante alcune iniziali controversie sulla sua capacità di attrarre il pubblico, la fiducia di Fellini nelle qualità di Sordi si rivelò decisiva. Giunto nelle sale, alcuni noleggiatori di pellicole avevano preteso che il nome di Sordi non apparisse sui manifesti a causa del precedente insuccesso di Lo sceicco bianco.[35] Tuttavia, il personaggio malinconico e cinico di Alberto nei vitelloni contribuì al successo di Sordi, che da quel momento in poi lavorò senza interruzioni, arrivando a girare fino a dieci film all'anno.[35]
«Gli anni Cinquanta sono stati il periodo in cui iniziò il fanatismo per tutto ciò che era americano. Il cinema forniva miti e modelli dopo che la guerra ci aveva dato eroi e liberatori. Fu in quel contesto che mi venne l’idea di rappresentare quel tipo di sciocco bambinone che si lamenta sempre perché non è nato in America, luogo dove di certo, almeno secondo lui, avrebbe trovato fama e fortuna.»
(Alberto Sordi a proposito di Nando Mericoni, intervista a Donatella Baglivo del 1997, cfr. Righetti, Alberto Sordi segreto, op.cit.)
Ai due lavori con Fellini seguì, tra gli altri 31 film girati tra il 1951 e il 1955, un trittico di pellicole dirette da Steno: Un giorno in pretura (1953), Un americano a Roma (1954) e Piccola posta (1955). In questi, Sordi diede vita al personaggio del giovane vigliacco, approfittatore, indolente e qualunquista, un archetipo che sarebbe diventato una caratteristica distintiva di molti dei suoi ruoli degli anni Cinquanta.[36] Con il primo di questi[35] Sordi consolidò la sua notorietà, interpretando Ferdinando "Nando" Mericoni,[N 9] un ragazzo romano scansafatiche, logorroico e petulante, ossessionato dal mito dell'America. Questo personaggio ottenne un tale riscontro che venne ulteriormente sviluppato in Un americano a Roma, il primo film da protagonista coronato da un gran successo al botteghino, incassando circa 380 milioni di lire (equivalenti a quasi 6 milioni di euro nel 2020).[37] La popolarità del personaggio cinematografico varcò addirittura i confini nazionali e gli valse un invito a Kansas City[38] (un ricorrente tormentone di Mericoni) nel 1955, dove, accolto con tutti gli onori e alla presenza del presidente Eisenhower, venne nominato cittadino onorario e governatore onorario dell'American Royal.[38]
Tra le sue altre interpretazioni di questo periodo ve ne furono alcune ritenute esempi significativi della commedia all'italiana. In Bravissimo di Luigi Filippo D'Amico (1955) Sordi interpretò il maestro elementare supplente Impallato, che scopre casualmente un allievo prodigio nel canto lirico e lo sfrutta per ottenere riconoscimenti e ricchezza. Un'altra commedia ambientata nel mondo della musica fu Mi permette, babbo!, in cui si narrano le vicende di uno studente di canto viziato, presuntuoso e mantenuto dall'esasperato suocero (interpretato da Aldo Fabrizi), che aspira a calcare le scene della lirica. Vi presero parte anche affermati cantanti lirici dell'epoca, tra cui il basso seneseGiulio Neri. Altre interpretazioni furono il rigattiere Peppino in Fortunella di Eduardo De Filippo (1958) e il gondoliere rivale in amore di Nino Manfredi in Venezia, la luna e tu di Dino Risi (1958).
Tra i film minori di questo periodo è da citare, poiché ritenuto perduto per lungo tempo,[39]Lo scocciatore (Via Padova 46), diretto nel 1953 da Giorgio Bianchi, dove Sordi interpretò il ruolo di un molesto e petulante vicino di casa di un impiegato (Peppino De Filippo) alla ricerca di un'avventura galante. Una copia incompleta (poi pubblicata in DVD) fu ritrovata nel giugno 2003 dalla Cineteca di Bologna.[39]
L'italiano medio di Sordi
«C’è una specie di follia in Sordi, (...) non mi sono mai trovato di fronte a un attore che non avesse paura di un personaggio, cosa invece molto comune tra tutti gli attori. Se gli presentavano un mostro (...) anche un politico pericoloso da rappresentare, perché l’Italia non sempre è stata così libera nei suoi costumi e nelle sue strutture, lui aveva una specie di forma d’incoscienza e l’accettava. Era quasi attratto dal «male», dal pericolo. Io gli proponevo qualche cosa di impossibile per quei tempi, ma una volta accettato dal pubblico rappresentare dei mostri è diventato la normalità.»
(Rodolfo Sonego, a proposito di Alberto Sordi.
Tatti Sanguineti - Il cervello di Alberto Sordi, op.cit.)
Con l'avvento della commedia all'italiana diede vita a una moltitudine di personaggi che la critica identificò come assimilabili all'italiano medio, spesso collaborando anche al soggetto e alla sceneggiatura dei film interpretati.
Vi sono nei personaggi di Sordi delle caratteristiche ricorrenti: tendenzialmente prepotenti con i deboli e servili con i potenti, a cui cercano di mendicare qualche privilegio. Secondo alcuni, proporre personaggi di questo tipo darebbe il "cattivo esempio", porterebbe infatti certi spettatori che altrimenti non avrebbero avuto il coraggio di rivendicare la propria pochezza, ad avere un alibi e addirittura un esempio da seguire, sentendosi rappresentati e legittimati[40].
La svolta degli anni sessanta (1959 - 1965)
A partire da La grande guerra diretto da Mario Monicelli nel 1959 (nel quale interpreta un soldato indolente e imboscato, costretto suo malgrado a morire da eroe), si distinse come interprete versatile, calandosi anche in ruoli drammatici. Interpretò nello stesso anno il ruolo di un marito - megalomane e inconcludente - di una donna ricchissima (interpretata da Franca Valeri) in Il vedovo, diretto da Risi nel 1959 e il componente di una commissione censoria che giudica impietosamente manifesti e film piccanti salvo poi, in privato, reclutare a fini immorali ballerine di night club in Il moralista di Giorgio Bianchi (1959).
Tra le interpretazioni di rilievo dei primi anni '60 sono da citare il sottotenente Innocenzi di Tutti a casa di Luigi Comencini (1960)[N 10], il vigile inflessibile costretto a capitolare davanti al potente di turno in Il vigile di Luigi Zampa (1960), il giornalista Silvio Magnozzi di Una vita difficile di Dino Risi (1961), il piccolo imprenditore oberato dai debiti disposto a vendere un occhio per riassestare le sue finanze e accontentare una moglie sin troppo esigente in Il boom di Vittorio De Sica (1963).
Il debutto alla regia (1963 - 1969)
Sordi aveva manifestato il desiderio di cimentarsi nella regia cinematografica già dal 1962, per interpretare un personaggio che aveva in mente, disponendo di piena discrezionalità sulla realizzazione.[41] Fu supportato dal produttore Dino de Laurentiis, per il quale tuttavia doveva girare ancora 6 film come attore, prima di poter concretizzare il progetto.[41] Ebbe comunque l'occasione di introdursi nel campo della regia con il film Il diavolo (1963) che, pur diretto formalmente da Gian Luigi Polidoro, gli permise una certa discrezionalità, trattandosi di una pellicola ampiamente improvvisata della cui realizzazione si attribuì ampio merito, non senza strascichi polemici da parte dello stesso Polidoro.[42][N 11]
Debuttò alla prima delle sue 18 regie nel 1966 con Fumo di Londra, basato sui risvolti comportamentali e sociali di un italiano in trasferta all'estero, tematica che si rivelerà ricorrente nelle sue regie e già affrontata in Il diavolo. Seguì nello stesso anno, Scusi, lei è favorevole o contrario?, ritratto di un agiato commerciante di tessuti, separato dalla moglie, con tante amanti da mantenere quanti sono i giorni della settimana, in un'Italia scossa dalle polemiche sull'eventuale introduzione del divorzio. Tornò a impersonare un italiano all'estero, anche dirigendosi, in Un italiano in America, insieme con Vittorio De Sica (1967); due anni dopo realizzò il primo dei tre film con Monica Vitti Amore mio aiutami.
Negli anni '80, Sordi continuò a proporre personaggi che riflettevano i difetti e le contraddizioni della società italiana, ma con una cifra stilistica che parte della critica cinematografica ritenne meno incisiva e approfondita rispetto alle opere precedenti.[N 12][N 13] Di spessore inferiore risultarono quindi, secondo la stessa critica, i film realizzati nell'ultima fase della sua carriera; un declino condizionato dal tramonto generale del filone della commedia all'italiana, ma anche attribuito a una tendenza di Sordi a insistere su caratterizzazioni datate e non più originali, in cui ricorrevano tratti di moralismo, qualunquismo[N 14] e attaccamento a modelli socio-comportamentali obsoleti, stereotipati e non più aderenti all'evoluzione sociale in corso.[44][45]
Inaugurò il decennio con il film, interpretato e diretto da lui stesso, Io e Caterina (1980); la critica si divise sulla riuscita di questa pellicola,[46][47] sottolineando i tratti pesantemente misogini[N 15] e maschilisti con cui Sordi caratterizzò il suo personaggio (che si libera senza scrupoli di ogni presenza femminile nella sua vita per sostituirla con un androide apparentemente dimesso e servile), ma costituendo d'altra parte un affresco visionario e anticipatore del ruolo sempre più preponderante e invasivo della tecnologia e delle intelligenze artificiali molti anni prima che diventasse argomento di grande attualità.[48]
Maggior apprezzamento di pubblico e critica fu attribuito al film successivo, la commedia storica Il marchese del Grillo di Mario Monicelli (1981), dove Sordi si calò nel doppio ruolo di un nobile romano dedito alle burle e di un popolano carbonaro suo sosia. Seguì Io so che tu sai che io so (1982), l'ultimo dei tre film da lui diretti e interpretati con Monica Vitti, in cui affronta la tematica dell'infedeltà coniugale e della tossicodipendenza.
Di questo periodo sono inoltre da citare il dittico di film, anche diretti, Il tassinaro del 1983 (dove compaiono, interpretando sé stessi, Giulio Andreotti, Silvana Pampanini e Federico Fellini) e Un tassinaro a New York (1987). Lavorò inoltre con Carlo Verdone (da alcuni considerato il suo naturale erede,[49] pur perseguendo stili e tematiche assai diverse) nei film In viaggio con papà, con regia di Sordi (1982) e Troppo forte, diretto da Verdone (1986). Emblematico fu inoltre il ruolo di un giudice incorruttibile e spregiudicato nel film Tutti dentro del 1984, da lui diretto, con al centro i temi, anticipatori dei fatti di Tangentopoli, della corruzione politica dilagante e dell'esposizione mediatica della magistratura.
Gli ultimi film e il Leone d'oro alla carriera (1990 - 2002)
Tra gli ultimi film, Sordi ebbe particolarmente a cuore, come disse in alcune interviste, Nestore, l'ultima corsa (1994), dove interpretò un anziano vetturino non ancora rassegnato a portare il suo cavallo al mattatoio. L'ultima pellicola da lui diretta fu Incontri proibiti (1998) accanto a Valeria Marini, presentato ancora nel 2002 con montaggio diverso e un altro titolo, Sposami papà.
«Sono un attore cinematografico quindi dovrei parlar male della televisione perché porta via sempre più gente dalle sale e invece devo riconoscere che stare a guardarla mi piace moltissimo. La TV ha cambiato le regole del gioco e quando è esplosa, noi del cinema ci siamo spaventati, tanto da rimanere a guardare anziché adeguarci (...) Oggi con la TV, in un solo passaggio, lo stesso film è visto da 8-10 milioni di spettatori ed è veramente una bella soddisfazione (...) a me non importa che mi vedano al cinema o sul piccolo schermo: mi basta che mi vedano.»
(Alberto Sordi, conversazioni con M.A.Schiavina, Alberto racconta Sordi, op.cit.)
Alberto Sordi espresse opinioni contrastanti sulla televisione. Inizialmente, la criticò per la sua diffusione incontrastata e per la contaminazione culturale derivante dalla proliferazione di programmi in cui prevalevano aspetti sensazionalistici ed esibizionistici rispetto al talento e alla preparazione dei partecipanti e dei conduttori.[12] Questi temi furono oggetto di due sue interpretazioni cinematografiche: Domenica è sempre domenica (1958), in cui recita il ruolo di un vanitoso industriale ossessionato dall'apparire in TV, e Guglielmo il dentone, episodio del film I complessi (1965), dove impersona un eruditissimo e spigliato candidato al ruolo di conduttore del telegiornale, ma penalizzato da una dentatura eccessivamente pronunciata, considerata un difetto imperdonabile in un contesto dominato dall'importanza della telegenia e dell'apparenza più che della preparazione.
In seguito, ammorbidì le sue posizioni e, contrariamente alla diffusa avversione del mondo del cinema verso la televisione, ne riconobbe il valore, apprezzandola sia come spettatore, sia per il suo potenziale promozionale, ritenendola utile per pubblicizzare film in uscita e per replicare opere uscite dal circuito delle sale, offrendo anche l'opportunità di rivalutare film inizialmente ignorati o sottovalutati.[9] Se l'occasione era solitamente la promozione di un film, alcune delle sue partecipazioni costituirono comunque avvenimenti che fecero la storia della TV, come in Studio Uno, condotto dalla cantante Mina, nel 1966 (a cavallo dell'uscita del suo primo film da regista Fumo di Londra) e in una puntata di Serata d'onore (1991) presentata da Pippo Baudo, dove si cimentò in un improvvisato duetto, organizzato a sua insaputa, nell'aria Quel vecchio maledivami!, impersonando il basso Sparafucile, tratta dal Rigoletto con il baritono Renato Bruson.[51][52]
Rifiutò di lavorare in spot pubblicitari e fiction televisive, tranne in rarissime occasioni; nel 1957 fu testimonial, nel Carosello, della casa vinicola Gancia.[53] Per il film Il tassinaro realizzò una versione estesa per la TV in 4 puntate. Infine, verso fine carriera, impersonò Don Abbondio nella miniserie I promessi sposi (1989) con regia di Salvatore Nocita.
Contribuì inoltre alla sua popolarità televisiva la realizzazione del programma Storia di un italiano, in quattro edizioni, dove, attraverso una selezione tematica di spezzoni dei suoi numerosi film, si presentava la figura di un certo italiano medio, con i suoi pregi e i suoi difetti.[N 17]
Le ultime apparizioni e la morte (2001 - 2003)
Sordi si ammalò di tumore ai polmoni nel 2001[54] e da allora le sue uscite pubbliche si diradarono. Una delle sue ultime apparizioni televisive risale al 18 dicembre 2001, nel programma Porta a Porta condotto da Bruno Vespa e dedicato interamente a lui, dove fu esposta la Harley Davidson 750cc WLA del 1942, esemplare originale di scena del film Un americano a Roma.[N 18][55] Nel 2002 ricevette due lauree honoris causa, una a marzo dalla IULM di Milano[56] e una il mese successivo dall'Università di Salerno,[57] presenziando a entrambe le cerimonie. Partecipò ancora nel luglio di quell'anno all'evento Italiani nel mondo presentato da Pippo Baudo,[58] sua ultima partecipazione pubblica.[52] Il 17 dicembre 2002 avrebbe dovuto intervenire a una serata in suo onore al Teatro Ambra Jovinelli di Roma ma dovette rinunciare per l'aggravarsi delle sue condizioni,[59] limitandosi a comparire in un filmato girato nel suo studio[60] e proiettato per il pubblico del teatro. Fu questa la sua ultima apparizione in video.
Continuò a lavorare fino all'ultimo a una nuova serie di Storia di un italiano che, tuttavia, rimase incompiuta.[61]
Morì nella sua casa di Roma la sera del 24 febbraio 2003, all'età di 82 anni, per complicazioni broncopolmonari della malattia da cui era affetto;[62] la salma, successivamente sottoposta a imbalsamazione, venne traslata nel Palazzo Senatorio al Campidoglio, nella Sala Giulio Cesare, dove per due giorni ricevette l'omaggio della gente, compresi molti personaggi del cinema italiano e della politica; il 27 febbraio, si svolsero i funerali solennicattolici nella basilica di San Giovanni in Laterano ai quali presenziarono oltre 250.000 persone;[62] dopo la cerimonia funebre, il feretro venne tumulato nella cappella di famiglia nel cimitero monumentale del Verano di Roma, in cui, su una lapide a forma di pergamena, è inciso l'epitaffio: «Sor Marchese, è l'ora» battuta ripresa da uno dei suoi film più celebri, Il marchese del Grillo.[63][64][65][66][67]
Lascito e causa sull'eredità (2003 - 2019)
Alla morte, tutto il patrimonio di Alberto Sordi passò alla sorella Aurelia, unica parente di primo grado ancora in vita. La donna, deceduta nel 2014 all'età di 97 anni, lasciò in eredità l'intera fortuna a tre fondazioni intitolate al fratello. Tra queste, la Fondazione Museo Alberto Sordi, istituita nel 2011, ricevette la maggior parte della liquidità, circa 30 milioni di euro, e la villa dell'attore in Via Druso, con la disposizione di trasformarla in un museo.[68]
Circa 37 parenti, veri o presunti tali, di vari gradi impugnarono il testamento e intentarono una causa, sostenendo che solo due delle tre fondazioni erano state create e patrocinate da Sordi: la Fondazione Alberto Sordi, istituita nel 1992, e la Fondazione Alberto Sordi per i giovani, fondata nel 2001. Secondo i querelanti, Aurelia era affetta da demenza senile e incapace di intendere e di volere quando, nel 2011, sarebbe stata indotta con circonvenzione a creare la terza fondazione e a convogliarvi la maggior parte dei fondi, anziché destinarli ai parenti, dai suoi collaboratori più vicini, tra cui un autista, una governante e alcuni avvocati. Questi ultimi, inoltre, avrebbero ottenuto da lei ingenti somme di denaro con l'inganno. Il caso iniziò a seguito di una denuncia presentata da una banca che aveva notato movimenti sospetti sui conti bancari di Aurelia. Tuttavia, dopo un processo durato cinque anni, il tribunale riconobbe la validità del testamento nel 2019,[69] e assolse gli imputati da tutte le accuse.[68]
La villa museo e l'archivio personale (2014 - oggi)
Alla morte dell'attore, il suo archivio personale fu sovrinteso per alcuni anni dalla segretaria Annunziata Sgreccia. Dal 2014 l'archivio di circa 20.000 documenti,[70] sottoposto al vincolo del Ministero della Cultura e dichiarato “di interesse storico particolarmente importante” fu digitalizzato e la gestione affidata alla Fondazione museo Alberto Sordi, che lo mette a disposizione per consultazione e studio su richiesta. La stessa fondazione conserva inoltre i materiali e costumi di scena che Sordi aveva meticolosamente collezionato nel corso della carriera, la sua cineteca, comprendente circa 5.500 pellicole, tra cui le copie personali dei suoi film[N 19] nel montato commercializzato, e moltissimo girato mai edito;[71] gestisce inoltre la villa di Via Druso, trasformata in un museo per disposizione della sorella Aurelia e la tomba monumentale.[72]
Vita privata
A dispetto della sua immagine pubblica estroversa e dalla personalità strabordante, Sordi mantenne sempre un estremo riserbo sulla sua vita privata, di cui sono noti pochi dettagli.
Relazioni sentimentali
«So che la gente vorrebbe conoscere le storie e i segreti dei miei amori (...) cosa che fino a oggi hanno fatto gli altri, spesso inventandone di mai esistiti, che io non ho mai smentito perché la fatica di fare polemica sarebbe stata troppa per il mio carattere. La mia discrezione in fatto di amicizie, avventure, amori, ha suscitato sempre una grande curiosità. E ancora adesso (...) mi si attribuiscono storie di ogni genere (...) vorrei sfatare una volta per tutte la mia fama di scapolone (...) che considera le donne solo una terra di conquista, perché questo non trova spazio nella mia educazione.»
(Alberto Sordi, da un'intervista del 1996 - cfr. Schiavina, Alberto racconta Sordi, op.cit.)
Alla ricorrente domanda sul perché non fosse mai convolato a nozze, chiosava con uno dei suoi tormentoni "Che mi metto un'estranea in casa?";[77][84] salvo poi spiegare, in alcune interviste,[85] che l'assoluta dedizione al suo mestiere non gli avrebbe consentito di dedicare a una famiglia il tempo e l'impegno necessari.
Residenze e patrimonio
A parte un soggiorno a Milano tra il 1936 e il 1937 per frequentare l'Accademia dei filodrammatici, Alberto Sordi visse sempre a Roma. Abitò dalla nascita fino al 1930 in via san Cosimato 7; dopo la demolizione dell'edificio originario per il costruendo palazzo delle Sacre Congregazioni, si trasferì in un appartamento in via Venezia; in seguito, alla morte del padre nel 1941,[29] si spostò in un appartamento di via dei Pettinari.
Nel 1958 comprò per 80 milioni di Lire[86] (circa 1,100,000 Euro al 2024)[87] una villa progettata dall'architetto Clemente Busiri Vici in via Druso,[N 20] presso le Terme di Caracalla, commissionata nel 1932 da Alessandro Chiavolini, per molti anni segretario particolare di Benito Mussolini.[88][89] La villa attirò anche l’interesse di Vittorio De Sica, che però fu battuto sul tempo da Sordi.[12] Visse qui, insieme alle sorelle e al fratello, per molti anni suo amministratore, e con la segretaria Annunziata Sgreccia fino al suo pensionamento.[90]
Nel 1962 aveva acquistato una villa a Castiglioncello,[91] dove era solito trascorrere l'estate con il fratello Giuseppe, che vi risiedeva stabilmente.[92] La rivendette nel 1996, dopo che Giuseppe ebbe un malore che lo condusse alla morte mentre si trovava nella proprietà.[15][91] Nello stesso anno, il Governo e l’esercito svizzeri gli impedirono l’acquisto di un terreno ad Andermatt, un villaggio alpino situato a 1.437 metri di quota nel Massiccio San Gottardo, temendo che uno straniero potesse carpire segreti delle basi militari presenti in quella zona. Sordi, con un noto avvocato locale, si oppose a tale diniego ma senza successo e dovette rinunziare al suo progetto di una casa in quella località.[93]
Aveva posseduto inoltre una villa a Lignano Pineta,[88] rivenduta dopo la morte della sorella Savina nel 1972[12] e una a Formia,[88] un paio di appartamenti a Parigi[94] e vari terreni a Roma e dintorni.
Sviluppò fin da giovanissimo una passione per l'arte e l'antiquariato, che reputò l'unico mestiere che avrebbe potuto intraprendere se la sua carriera artistica non fosse decollata,[9] divenendone competente attraverso la frequentazione di noti antiquari dell'epoca, come ad esempio la famiglia Apolloni in via del Babuino.[95] Oltre ad acquistarvi numerosi pezzi pregiati, spesso rivelatisi ottimi investimenti, la frequentazione del negozio degli Apolloni gli offrì l'opportunità di entrare in contatto con altri clienti, personalità del mondo dello spettacolo, tra cui Vittorio de Sica, Gino Cervi, Paolo Stoppa e il regista Mario Bonnard.[12] Quest'ultimo gli assegnò una comparsa nel film Il feroce Saladino, e lo diresse successivamente in altre due produzioni cinematografiche.[12]
La politica e lo sport
«Anche a me proposero di entrare in politica (...) «Vi ringrazio ma non è aria» gli dissi «intendo dedicare le mie energie soltanto al lavoro.» Perché ho voluto essere sempre libero anche dal punto di vista politico? Credo che chi voglia fare della satira non debba legarsi e guardare in faccia nessuno (...) In questo senso credo di aver distribuito “botte” in ogni direzione, senza aver mai risparmiato neppure quelli a cui, come convinzioni personali, mi sentivo più vicino. Anzi a loro si può dire che ho riservato il trattamento peggiore. Forse perché lo meritavano più degli altri.»
(Alberto Sordi, da un'intervista del 1996 - cfr. Schiavina, Alberto racconta Sordi, op.cit.)
Sordi mantenne un sostanziale riserbo in materia di idee politiche, pur essendo stato avvicinato alla Democrazia Cristiana,[N 21] partito per cui dichiarò di aver votato almeno una volta.[N 22] Tale associazione fu attribuita anche alla sua amicizia personale con Giulio Andreotti,[96] il quale fece una breve apparizione nel film Il tassinaro e in onore del quale Sordi partecipò a una celebrazione dei 40 anni di attività politica, tenutasi presso il teatro Adriano di Roma.[97] Vi furono inoltre alcuni tentativi non concretizzati da parte di tale partito di coinvolgerlo politicamente (gli fu offerta la candidatura a sindaco negli anni '50[7] e di divenire capolista nel 1989).[98] Sordi stesso riferì di un'altra proposta di entrare in politica da parte di un imprecisato leader della destra,[N 23] produttore di un suo film.[9] Ancora nel 1996 si diffuse la voce secondo cui Sordi volesse candidarsi come primo cittadino di Roma, concorrendo così con Francesco Rutelli (fatto smentito dallo stesso Sordi in TV).[N 24][99] Il giorno del suo ottantesimo compleanno, il 15 giugno 2000, Rutelli, nel frattempo eletto, gli cedette comunque, simbolicamente, la fascia tricolore, nominandolo sindaco onorario per un giorno come tributo a uno dei cittadini più illustri.[100]
In tema di passione calcistica non fece mai mistero di essere un grande tifoso della Roma,[101] non mancando di far trasparire questa sua passione in alcuni film.
Filantropia
«Alberto passava per avaro perché così poteva sembrare dal suo comportamento. Una volta gliene chiesi il perché. Lui mi rispose: “Vedi, io sono stato arricchito dalla povera gente che faceva
sacrifici per venire a vedere i miei film, per questo mi sarebbe sembrato di offenderli se avessi ostentato la mia ricchezza”.»
(Conversazione tra Giancarlo Governi e Alberto Sordi, come riportato dall'autore, cfr. Governi, Alberto Sordi - storia di un italiano, op.cit.)
In ambito pubblico circolarono frequenti dicerie riguardo a una presunta avarizia attribuita ad Alberto Sordi (che egli non si curò mai di smentire), talvolta rafforzate dal suo stile di vita sobrio e riservato, per nulla incline agli eccessi tipici di una certa parte del mondo dello spettacolo.[102] In privato, tuttavia, Sordi si distinse per un impegno costante e discreto in opere di beneficenza e filantropia.[103][104] Le sue iniziative, rivolte sia a individui che a enti, beneficiarono istituti religiosi, case di riposo per anziani, ricoveri per animali e orfanotrofi, testimoniando una generosità che preferì mantenere lontana dai riflettori.[12]
Con l'avanzare dell'età, maturò una particolare sensibilità alle difficoltà che gli anziani, nella società attuale, si trovano ad affrontare, concretizzando quest'attenzione nella costituzione e nella Presidenza onoraria dell'eponima Fondazione Alberto Sordi, nel 1992. La fondazione persegue obiettivi di pubblica utilità nei settori della formazione, dell’assistenza socio-sanitaria e la qualità di vita in età senile. Contribuì alle strutture necessarie a questo obiettivo donando un terreno di sua proprietà in località Trigoria, che venne usato per la costruzione dell'Università Campus Bio-Medico,[105] comprendente un Centro per la Salute dell'Anziano[106] e un Centro Diurno Anziani Fragili.[104]
Nel 2001 costituì la Fondazione Alberto Sordi per i giovani, con l'obiettivo di promuovere iniziative connesse all’istruzione, alla formazione culturale e all’inserimento nel mondo del lavoro di giovani disagiati.
1957: Mario Monicelli riferì che gli fu affidata la regia di un film con protagonista Alberto Sordi, basato sul soggetto di quello che poi sarebbe diventato Un italiano in America.[107] Si recò negli Stati Uniti insieme allo sceneggiatore designato Rodolfo Sonego, visitando numerosi luoghi alla ricerca di ispirazione per lo sviluppo della storia, ma alla fine, un mancato accordo tra il produttore Dino De Laurentiis e la Paramount Pictures impedì la concretizzazione del progetto.[107] Il film fu poi realizzato 10 anni dopo dal solo Sordi, che lo diresse oltre a interpretarlo. Monicelli ebbe parole molto critiche sul risultato finale.[N 25]
1964: Sordi e Rodolfo Sonego, uno dei suoi sceneggiatori di fiducia partono per il Brasile per un progetto cinematografico che tuttavia non si concretizza.[9][108]
1975: Sordi avrebbe dovuto interpretare l'allora Segretario di Stato degli USA Henry Kissinger, a cui lo accomunava anche una certa somiglianza fisica, nel film Il mio amico Henry.[109] La sceneggiatura era stata approntata da Sergio Amidei con il contributo di Age & Scarpelli ed erano stati fatti i nomi di Ettore Scola e Billy Wilder per la regia. Tuttavia, il film non fu mai realizzato. Le ragioni ipotizzate inclusero ingerenze da parte di alte sfere della politica e l'opportunità di satirizzare un personaggio potente e controverso.[109] Vi fu un secondo tentativo, anche questo senza esito, di riprendere il progetto, su iniziativa di Sordi dopo il 1976, all'indomani dell'elezione di Jimmy Carter alla Presidenza degli Stati Uniti.[109]
Anni '80: Giancarlo Governi,[N 26] riferì che Sordi (con cui stava collaborando alla produzione di Storia di un italiano) aveva a lungo coltivato il progetto di scrivere e dirigere un film basato su Benito Mussolini, immaginandolo in un contesto familiare dove lo avrebbe tratteggiato in modo diametralmente opposto alla sua immagine pubblica di dittatore.[110] Il progetto non giunse mai a compimento per le minacce di nostalgici fascisti[N 27] che Sordi ricevette quando la notizia fu divulgata.[9]
Anni '90: Sordi avrebbe dovuto essere il protagonista di un film incentrato sull'organizzazione Gladio, interpretando un anziano professionista con trascorsi di gioventù nell'Organizzazione. Il caso Gladio era di grande attualità, essendo venuto alla luce nel 1990. Furio Scarpelli ed Ettore Scola avevano scritto un trattamento intitolato Omissis e una sceneggiatura dal titolo Gladio. Tuttavia il film non fu mai girato.[111]
Soprattutto negli anni Quaranta, scrisse (sotto lo pseudonimo Maestro Gambara) e interpretò alcune canzoni o, come li definì lui stesso, ritmi lenti di satira leggera. Tra le altre: Nonnetta, Carcerato, Cerco una donna, Il bimbo che non conobbe infanzia, L'alpino. Alcune le ricantò nel 1957 in Carosello, negli sketch per la casa vinicola Gancia, unici episodi che lo videro protagonista nella nota rubrica pubblicitaria.
Nello stesso anno, Sordi si iscrisse alla SIAE come suonatore di mandolino, strumento che conosceva in virtù dei suoi trascorsi militari. Ottenne la qualifica di "Compositore melodista".[113]
1969: Luna non sei nessuna (Alberto Sordi, Piero Piccioni) del film Amore mio aiutami; Alberto Sordi cantò lo spin-off della canzone, conosciuto anche come Luna non sei più tu
La leggenda della civiltà...E il fuoco ride!, fantasia radiofonica di Riccardo Aragno, orchestra Manno, con Rina Franchetti, Wanda Tettoni, Alberto Sordi, Gustavo Conforti, regia di Silvio Gigli, trasmessa il 20 marzo 1942.
Paradiso per tutti, rivista di Mario Brancacci e De Matteo, orchestra Spaggiari, con Wanda Tettoni, Alberto Sordi, Aleardo Ward, regia di Silvio Gigli, trasmesso il 15 aprile 1942.
Il gioco dell'oca, fantasia musicale di Riccardo Morbelli, orchestra Spaggiari, con Rina Franchetti, Alberto Sordi, Barbara Landi, Wanda Tettoni, regia di Silvio Gigli, trasmessa 22 aprile 1942.
Laurea Honoris Causa in Scienze e Tecnologie della Comunicazione.
«La Laurea Honoris Causa in Scienze e Tecnologie della Comunicazione viene assegnata ad Alberto Sordi per la coerenza di un lavoro che non ha eguali e per l'eccezionale capacità di usare il cinema per comunicare e trasmettere l'ideale storia di valori e costumi dell'Italia moderna dall'inizio del Novecento a oggi.» — Università IULM di Milano, 12 marzo 2002[116]
Laurea Honoris Causa in Scienze della Comunicazione.
«Alberto Sordi sintetizza nella propria avventura artistica non solo una straordinaria versatilità interpretativa e recitativa ma, soprattutto, la capacità di attraversare nel segno di un'identità forte l'intero ambito dei mezzi e delle forme di comunicazione nel segno di un costante rinnovamento delle forme espressive. Costituisce un patrimonio di esperienza e magistero insostituibile sul versante delle dinamiche e conoscenze interne al cinema e ai media audiovisivi e contribuisce, in maniera decisiva, ai saperi e alle teorie della comunicazione.» — Università degli Studi di Salerno, 24 aprile 2002[117]
Tributi
Nel 1999 gli venne consegnato, su ideazione del regista Angelo Antonucci, il premio "Reggia d'oro" per l'interpretazione, come primo film da protagonista, del film I tre aquilotti, ambientato alla Reggia di Caserta.
Dal 2004 viene consegnato il premio speciale Leggio d'oro "Alberto Sordi" agli attori che si sono distinti dell'ambito del doppiaggio, del teatro, della televisione o del cinema. Tale premio viene conferito durante l'annuale edizione del Leggio d'oro, ed è stato dedicato all'attore perché egli fu il primo vincitore dello stesso premio nel 1995, per il doppiaggio di Oliver Hardy in Stanlio e Ollio.[119][120]
Nel 2011 il Bif&st di Bari ha assegnato un premio intitolato ad Alberto Sordi per il miglior attore non protagonista tra i film del festival.
Ad Alberto Sordi è stata dedicata una scuola a Roma, l'Istituto comprensivo “Alberto Sordi”,[121] nata dall'unione delle Scuole Medie Statali "PierLuigi Nervi" di piazzale Hegel e "Giacomo Puccini” di piazza Giuseppe Gola.
Dal 14 febbraio al 31 marzo 2013 il Vittoriano di Roma ha ospitato la mostra Alberto Sordi e la sua Roma, dedicata soprattutto al suo rapporto con la città natale.[122]
Nel 2017 si è tenuta a Buenos Aires una mostra di fotografie, costumi e una serie di film su alcuni dei suoi film emblematici.[123]
^Nel 2012 vi fu posta una targa ricordo dal Municipio I di Roma
^L'edificio in cui visse fu demolito nel 1930 per fare spazio alla costruzione del Palazzo delle Sacre Congregazioni Romane. Nel sito originario fu apposta una targa commemorativa.
^La madre Maria aveva lasciato l'insegnamento per occuparsi delle prole e della famiglia. Cfr. Righetti, op.cit.
^Sordi si riferì a lui come "Albertino" in alcune interviste
^Come Sordi stesso ebbe a raccontare in una puntata del Maurizio Costanzo Show, durante la frequenza dell'Accademia, l'insegnante di dizione lo chiamò in disparte e gli disse: «Lei dice guèra, ma si dice guèrra». Lui rispose: «Me se strigne 'a gola a dì guèrra». Venne espulso dopo poche settimane. Cfr. Fava, op.cit.
^Emilia Varini, attrice e insegnante di recitazione e dizione, bocciò Sordi dicendogli: «Non perda tempo, perché lei non diventerà mai un vero attore. Gesticola troppo e non si esprime in italiano». Sordi stesso, più avanti, raccontò: «La mia maestra, la signora Varini, non faceva che ripetermi “lei non si applica, commette sempre gli stessi errori, non diventerà mai attore». Era per via dell’accento romano, che non consentiva all’attore la corretta dizione a lei tanto cara. Cfr. Quando l’attrice di Verbania Emilia Varini bocciò Alberto Sordi: “Non andrà da nessuna parte, non parla italiano”, su La Stampa, 11 maggio 2020. URL consultato il 13 novembre 2024.
^«È stato un grande dolore. Veramente Sordi ha interpretato i sentimenti degli italiani, soprattutto nei momenti più difficili e duri. Sordi ha rappresentato i sentimenti degli italiani mentre il Paese si stava sfasciando. Però, nelle sue interpretazioni non c'è mai la rappresentazione dello sfascio senza la speranza. C'è, quindi, una profonda italianità di Sordi. Una delle ultime volte venne a mostrarmi la riedizione dei suoi film. Ora spero che siano visti anche nelle scuole. Sarebbe un modo di rappresentare visivamente i drammi degli anni Quaranta. Mi riferisco a film come Tutti a casa, ma non solo a quello.» Carlo Azeglio Ciampi (archiviato dall'url originale il 28 maggio 2009).
^"Come gli capitava non di rado, volendo sottolineare il suo essere autore, l’attore, senza troppo tatto nei confronti di Polidoro, ha spesso lasciato intendere di averlo diretto lui. In realtà c’è molto di questo regista viaggiatore"
Cfr. https://lorciofani.com/2019/08/03/il-diavolo-gian-luigi-polidoro-1963/
^"I suoi personaggi perdono con gli anni la grinta e il cinismo che tanto aveva colpito l'Italietta del boom economico, in più complice del declino è anche il tramonto del genere della commedia all'italiana", da Alberto Sordi - biografia di Ivana Faranda, Alberto Sordi - Attore - Biografia e Filmografia - Ecodelcinema (archiviato dall'url originale il 25 luglio 2014). (sito rilevato il 17/7/2014)
^"Del finale di carriera di Sordi c'è poco da dire. Un lento declino, ravvivato solo dal Marchese del Grillo, un'iniezione di gerovital, e il tassinaro televisivo. Poi basta", da Albertone, re indiscusso (e un po' sprecato) della commedia italiana di Claudio Siniscalchi, Albertone, re indiscusso (e un po' sprecato) della commedia italiana - ilGiornale.it (archiviato dall'url originale il 18 maggio 2015). (sito rilevato il 17/7/2014)
^Più va avanti con i film e più Sordi deve confrontarsi con una società che si emancipa, in cui le donne hanno ruoli da protagoniste, in cui la liberazione sessuale non è un precipizio da cui stare alla larga, ma mostra in modo più smaccato una nevrosi culturale e sociale: i suoi personaggi somigliano sempre di più a falene imprigionate in un complesso materno, ma non fanno ridere più.
Oltre il mito di Alberto Sordi - Christian Raimo - Internazionale (https://www.internazionale.it/opinione/christian-raimo/2020/08/08/alberto-sordi)
^Io e Caterina è un inno alla misoginia, un film oggi imbarazzante in cui il protagonista – l’imprenditore Enrico Melotti, volgare maschilista – pensa di risolvere i problemi di un articolato mondo femminile troppo esigente con una robot che fa la domestica, Caterina, finché anche lei comincia a fare le bizze per la gelosia.
Oltre il mito di Alberto Sordi - Christian Raimo - Internazionale (https://www.internazionale.it/opinione/christian-raimo/2020/08/08/alberto-sordi)
^Si arriva a 53 film se si contano anche cortometraggi e alcuni lavori non accreditati. Cfr. Tatti Sanguineti - Il cervello di Alberto Sordi, Rodolfo Sonego e il suo cinema, op.cit.
^«Sono triste e scioccato nell'apprendere della morte di Alberto Sordi. In qualche modo non pensavo fosse mortale. Le sue immagini vanno dal mio cuore alla mia mente, vedo la sua faccia e sento la sua voce in tutti quei meravigliosi ruoli che ha interpretato. Sordi ha catturato come nessun altro quello che significa essere italiano, satirizzando molti tratti nazionali, buoni e cattivi, e così facendo, esorcizzandoli. Uno potrebbe legare insieme tutti i suoi film e tirarne fuori una storia dell'Italia. Era più di un attore. Era una icona nazionale. Porta con sé uno degli ultimi gloriosi ricordi dell'età mitica del cinema italiano. Martin Scorsese (archiviato dall'url originale il 28 maggio 2009).
^Esibita dall'associazione I Vitelloni Club Alberto Sordi, fondata nel 1994, provenienza Collezione Stefano Saliola
^Fin dall'inizio della sua carriera, Alberto Sordi stipulava contratti che prevedevano espressamente la consegna di una copia dei film da lui interpretati. Questa scelta si rivelò per lui particolarmente vantaggiosa, poiché molte case di produzione, nel corso degli anni, cessarono l’attività o fallirono. In tali circostanze, il possessore della copia dell'opera ne diveniva di fatto il custode.
Cfr. David Grieco, Bari, il regista David Grieco racconta Alberto Sordi https://www.bariviva.it/notizie/bari-il-regista-david-grieco-racconta-alberto-sordi/
^La strada era chiamata in precedenza Via della Ferratella in Laterano.
^Secondo il cugino Igor Righetti era noto alla famiglia che Sordi votasse Democrazia Cristiana. Cfr. Righetti, Alberto Sordi segreto, op.cit.
^«È vero, sono cattolico e quindi mi è parso abbastanza logico votare DC. Ma attenzione: se la Dc avesse avuto lo 0,2% non avrei mica votato per lei. Che c’avrebbe fatto, con il voto mio? E che c’avrei fatto io, con un partito dello 0,2%?». Da una dichiarazione di Sordi a Filippo Ceccarelli, cfr. Damilano, Democristiani immaginari, op.cit.
^Come dichiarato da Sordi stesso in un'intervista, senza tuttavia precisare chi fosse il produttore latore di tale proposta.
^Come riportò il Corriere della Sera, il 23 novembre di quello stesso anno, prese parte a una puntata della trasmissione Tappeto volante di Luciano Rispoli, su Telemontecarlo, in cui dichiarò: "Il sindaco non si deve preoccupare: io sono stato, sono e resterò attore fino alla fine dei miei giorni".
^"Sordi ne ha tirato fuori un film proprio brutto. Ha rovinato un bellissimo soggetto, indipendentemente dal fatto che non l’ho girato io". Cfr. Monicelli, La commedia umana, op. cit.
^Episodio anche citato nel libro Alberto racconta Sordi, Schiavina, op. cit.
^«Mi sarebbe piaciuto moltissimo fare un Mussolini macchietta, lontano da tutto ciò che riguardava la guerra o la politica. Buttai lì l’idea,poi per un po’ di tempo non ci pensai, anche se non l’avevo affatto scartata. Ma la notizia si divulgò ben presto e apparve sul “Corriere della Sera”. Apriti cielo! Dopo un po’ di giorni mi arrivarono minacce anche dall’America del Sud. Gente che mi diceva: «Guai a te se lo fai! Non ti permettere di mancare di rispetto al nostro duce!». Ci riflettei un po’, poi per non andare incontro a grane, decisi di lasciar perdere.
Da un'intervista di Sordi a Maria Antonietta Schiavina, Alberto racconta Sordi, op.cit.
Riferimenti
^Tomba di Alberto Sordi al Verano, su roma.repubblica.it. URL consultato il 24 dicembre 2011 (archiviato dall'url originale il 31 dicembre 2011).
^ Masolino D'Amico, La commedia all'italiana: il cinema comico in Italia dal 1945 al 1975, collana Tascabili Saggi, Il Saggiatore, 2008, ISBN978-88-565-0026-4.
^ab Tatti Sanguineti, Il cervello di Alberto Sordi: Rodolfo Sonego e il suo cinema, collana La collana dei casi, Adelphi edizioni, 2015, ISBN978-88-459-2977-9.
^ab Alberto Sordi, Alberto racconta Sordi: confidenze inedite su amore, arte e altri rimpianti, collana Vivavoce, I edizione, Mondadori, 2020, ISBN978-88-04-72156-7.
^ Maria Chiara Amato, Alberto Sordi a 10 anni dalla morte, su capuanaweb, 9 marzo 2013. URL consultato il 17 febbraio 2020 (archiviato dall'url originale il 20 luglio 2015).
^Antonio Genna, Domanda 51, su Il mondo dei doppiatori, archivio, antoniogenna.net, 4 febbraio 2013. URL consultato il 1º febbraio 2016 (archiviato il 23 settembre 2015).
Claudio G. Fava, Alberto Sordi. La biografia, la carriera artistica, i dati e le più belle foto di tutti i suoi film, Roma, Gremese Editore, 1979, ISBN978-88-6692-098-4.
Gerry Guida, Luce su Alberto Sordi! Alberto Sordi nei ricordi del direttore della fotografia Sergio D'Offizi, Dublino, Artdigiland, 2020, ISBN978-19-0908-837-5.