A partire dai primi insediamenti romani nel I secolo, è probabile che il toponimo derivi dal prediale latino Benanu, con il suffisso celto-ligure -ascus. Altre ipotesi lo riconducono al termine latino bini, ovvero "doppio", riferito, questo più tardivamente (XII secolo), alla sua posizione equidistante in mezzo ai feudi sia di Milano che di Pavia, di fatto separati dal canale idrico artificiale fossatum, poi rinominato Canale Ticinello. Altre ipotesi ancora, lo riconducono al dialetto lombardo bina, ovvero "riparo".
Il suo castello, in stile gotico, fu sede della signoria austro-spagnola, feudo dei Castaldo, dei Mendoza, dei Biumi e Recalcati; ma soprattutto vide la dominazione Viscontea, in particolare di Filippo Maria Visconti, che pare l'avesse ricevuto in feudo da Gian Galeazzo Visconti, che a sua volta donò vasti beni in Binasco alla Certosa di Pavia[6]. In questa fortezza visse Beatrice di Lascaris, contessa di Tenda, vedova di Facino Cane, passata a seconde nozze con il duca Filippo Maria, da cui fu assassinata la notte tra il 13 e il 14 settembre 1418, vittima innocente, come ella si proclamò fino all'ultimo istante. Sposa infelice, non valsero a salvarle la testa dalla scure gli estesi domini e gli eserciti poderosi portati in dote, più forte fu la passione del duca per Agnese del Maino, fatto che determinò la morte di Beatrice e del paggio Michele Orombelli.
Durante la guerra franco-spagnola (1648-1659), Binasco subì pesanti saccheggi da parte dei francesi. [7]
Altro periodo doloroso per Binasco fu la Prima campagna d'Italia di Napoleone Bonaparte, nel corso della quale, tra il 24 e il 25 maggio 1796, il paese venne nuovamente bruciato e saccheggiato dalle truppe napoleoniche, per ordine del capo brigata Jean Lannes. I soldati napoleonici vollero punire la cittadina per essere insorta contro di loro e per l'uccisione di alcuni militari francesi in avanscoperta durante il passaggio dell'armata, mentre essa si recava a Pavia per sedarvi la rivolta fomentata da cospiratori fedeli all'Austria. Per rappresaglia, vennero trucidate circa 200 persone arrestate tra i popolani. Nelle memorie di Napoleone si legge: «Binasco venne conquistato, saccheggiato e dato alle fiamme. Si sperava che l'incendio, che poteva scorgersi dalle mura di pavia, impressionasse questa città, ma non accadde niente; era stata invasa da 8000-10000 contadini, che ne erano divenuti padroni. Erano guidati da uomini turbolenti e agenti dell'Austria [...]».[8] Dopo il massacro, a Milano venne pubblicato il seguente proclama: «Una moltitudine traviata, senza veri mezzi di resistenza, si dà agli eccessi più estremi, disconosce la Repubblica e sfida l'esercito che trionfa dei re. Questo inconcepibile delirio è degno di pietà; si disorienta quel povero popolo per portarlo a perdersi. Il generale in capo, fedele al principio adottato dalla sua nazione di non muovere guerra ai popoli, vuol certo lasciare una porta aperta al pentimento; ma coloro che entro ventiquattr'ore non avranno deposto le armi, saranno trattati come ribelli, e i loro paesi verran dati alle fiamme. Che il terribile esempio di Binasco faccia loro aprire gli occhi! Questa sarà la sorte di tutti i comuni che si ostineranno nella rivolta».[9]
Il pittore Giuseppe Pietro Bagetti, allora al seguito dell'esercito, documentò il fatto di sangue con disegni e dipinti. Lo scrittore Damiano Muoni segnala anche che il polemista antinapoleonico Vittorio Barzoni compose un poema intitolato Il Castello di Binasco, ma non ne riporta la data e nelle biblioteche non sembra esserci traccia dell'opera.[10]
«Partito di rosso e d'azzurro: al castello d'argento, murato di nero, attraversante, privo di merli, chiuso e finestrato di nero, fondato sulla pianura di verde, accompagnato in capo da tre stelle (5) male ordinate d'oro; al colmo d'oro. Ornamenti esteriori da Comune.»
La figura del castello è un richiamo allo storico castello visconteo del XIV secolo situato nel centro dell'abitato. Lo stemma non ha ancora ottenuto formale decreto di concessione.[13]
Il gonfalone è un drappo partito di rosso e di azzurro.
Monumenti e luoghi d'interesse
Architetture religiose
Chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista e Stefano Protomartire
La chiesa principale di Binasco, diocesi di Pavia, venne edificata nel 1783 su disegni affidati a Giulio Galliori. L'interno a navata unica con altari laterali, si notano l'effige della Madonna col Bambino della metà del quattrocento e una statua del XVI secolo raffigurante il beato Baldassarre Ravaschieri. Nella chiesa si conservano e venerano le spoglie della beata Veronica, patrona del paese.
L'esterno si caratterizza della facciata semplice.
A lato della chiesa si trova il campanile alto 35 metri, possiede un concerto di cinque campane in Re3, il Fa#3 e il Sol3 sono stati fusi nel 1909 da Barigozzi, il La3 nel 1924 sempre da Barigozzi, le restanti due sono di Monzini del 1820.
Secondo le statistiche ISTAT[15] al 1º gennaio 2016 la popolazione straniera residente nel comune era di 528 persone
Le nazionalità maggiormente rappresentate in base alla loro percentuale sul totale della popolazione residente erano:[15]
La città ospita il Museo della macchina per caffè (MUMAC) del gruppo Cimbali. Fondato nel 2012, il museo custodisce una grande collezione di macchine professionali per caffè espresso, raccontando più di un secolo di storia del settore e del design[16].
Nicolas-Antoine Taunay, Incendie de Bignasco, 24 mai 1796. Disegno a penna, inchiostro di china, matita, acquerello grigio bruno e tocchi di bianco, cm. 22.8.x32.3 eseguito nel 1802-14 ca.
Victor Pillement Fils, Incendie de ce Bourg dont les habitans avaient pris les armes contre l'Armée Française, 24 mai 1796. Acquaforte e bulino, mm 500(?) x790. 1811.
William Skelton, Prise de Bignasco, 25 mai 1796. Acquaforte e bulino, mm 150x231. 1830-35.
Giuseppe Elena, Il castello di Binasco, Litografia cm. 14.0x19.5, disegno, 1836.
Gian Alfonso Oldelli, "Orazione in lode del beato Gandolfo da Binasco [...] nella prima solenne festa celebratasi dai suoi religiosi di S. Maria presso Binasco", Milano, presso Giuseppe Galeazzi, 1779.
Autore Anonimo, "Il barchetto di Binasco: almanacco critico bernesco per l'anno 1819", Milano, Tamburini, 1819.
Diodata Roero Saluzzo, "Il Castello di Binasco", Firenze, della Tipografia e Calcografia Goldoniana, 1824.
Carlo Tebaldi-Fores, "Beatrice di Tenda Tragedia Istorica", Milano, della Società Tipogr. de' Classici Italiani, 1825.
Pietro Marocco, "Il Castello di Binasco", Milano, Felice Rusconi, 1829.
Giambattista Bazzoni, "Racconti Storici: Macaruffo Venturiero o La Corte del Duca Filippo Maria Visconti", Milano, Presso Omobono Manini, 1832.
Eugenio Maestrazzi, "Il Pellegrino di Binasco Scene della Storia Milanese", Pavia, Tipografia Fusi e Comp., 1844.
Damiano Muoni, "Binasco ed altri comuni dell'agro milanese", Milano, Già Boniotti, 1864.
Autori Vari, "Inaugurazione a Binasco della lapide monumentale a Beatrice di Tenda", Milano, Tip. Letteraria, 1869.
G. C., "Beatrice di Tenda Racconto Storico del Professore G. C.", Codogno, Tipografia Cairo, 1885.
Pietro Moiraghi, "Cenni storici sulla beata Veronica da Binasco: ricordo della solenne esaltazione del suo sacro deposito il 30 settembre 1883", Pavia, Ponzio, 1883.
Alberto M. Cuomo, "Il castello di Beatrice d'Este duchessa di Milano", Pavia, Edizioni Cardano, 1987.
Alberto M. Cuomo e G. Lima, "Binasco. Un borgo, un castello e la sua fabbrica", Casorate Primo, Amm. Com. 1987.
Alberto M. Cuomo, "Binasco tra storia e leggende", Pavia, Edizioni Cardano, 1999.
Luigi Malacrida, "1796: l'incendio di Binasco nella guerra Napoleonica", Pavia, Edizioni Cardano, 2001.