Incidente ferroviario dei Giovi
L'incidente ferroviario di Pian dei Giovi si verificò nel comune di Serra Riccò in provincia di Genova l'11 agosto 1898 alle ore 20 circa, quando un treno merci senza controllo a causa della morte per asfissia del personale ferroviario avvenuta all'interno della galleria dei Giovi, si scontrò con un treno viaggiatori fermo presso la stazione di Piano Orizzontale dei Giovi,[1] provocando 9 morti e oltre 100 feriti[2]. L'incidenteIl treno 120, partito da Genova alle 18:05 e diretto a Ronco Scrivia, mentre era fermo presso la stazione di Piano Orizzontale dei Giovi, venne investito verso le 20 dal treno merci 3182, proveniente da Lodi e diretto a Genova, che procedeva senza controllo in quanto il personale di macchina e i frenatori erano infatti morti durante l'attraversamento della galleria a causa dell'asfissia. La tragedia venne raccontata da un testimone, il signor Villavecchia di Genova, che era sul treno assieme ai suoi tre figli, in un articolo pubblicato sul quotidiano Il Secolo XIX[2]: «Mi trovavo io pure assieme ai miei tre figli, per recarmi in campagna sul treno partito da Genova alle 6 e 5 minuti. Quando raggiungemmo il cosiddetto piano orizzontale il nostro treno si fermò per lasciare la linea libera ad un treno merci proveniente da Lodi. Quando questo treno ebbe imboccata la galleria e percorso un tratto che non saprei precisare, ma breve, avvenne un caso tremendo, come ho potuto sapere dopo. Per il maledetto carbone usato da tempo a questa parte dalla società ferroviaria, tutto il personale della macchina del treno merci, fu colto all'improvviso da asfissia; chi cadde riverso là dove si trovava; chi precipitò a terra, e poi fu sfracellato da tutto il peso delle ruote che passarono sul suo corpo. Il treno stesso, senza più governo di freno che lo dirigesse, senza più forza intelligente che potesse, in quel supremo momento, avere ragione della forza brutale e cieca della macchina, cominciò a rinculare spaventosamente, vertiginosamente, nella sua orribile corsa all'indietro venne a cozzare contro le prime vetture del nostro treno... Ma quale urto, mio Dio! tremendo, indescrivibile. Io ne avrò per lungo tempo l'infernale rumore nella testa. All'una di notte arrivò sul luogo dell'incidente l'ispettore generale delle ferrovie, il commendator Noghera, assieme all'ispettore medico delle ferrovie, il dottor Paganini, che aiutarono il cassiere generale della Banca di Savona che non era ferito gravemente e assicurarono che i morti erano nove[2]. CauseIn quel periodo le locomotive a vapore in servizio sulle linee ferroviarie italiane venivano alimentate con economiche mattonelle di carbone prodotte con un impasto di pece, catrame e polvere di carbone. Il fornitore unico di quelle mattonelle di carbone era l'azienda Carbonifera di Novi Ligure, di proprietà dell'onorevole Edilio Raggio. Tali mattonelle avevano la caratteristica di esalare fumi venefici, al punto che durante l'attraversamento di lunghe gallerie i ferrovieri dovevano coprirsi bocca e naso con bende ben bagnate per non intossicarsi. La galleria dei Giovi, che all'epoca della sua inaugurazione era il tunnel ferroviario più lungo al mondo, era particolarmente insidiosa per via della pendenza e della lunghezza del tunnel: per essere percorsa occorrevano nove minuti in salita e undici in discesa, e all'uscita ai macchinisti veniva abitualmente somministrato un bicchiere di latte utilizzato come disintossicante.[3][4] Elenco delle vittimeNell'incidente morirono nove persone, di seguito l'elenco delle vittime risultanti dal registro degli atti di morte del comune di Serra Riccò:
Le fonti giornalistiche di allora confermano il numero dei morti ma riportano tra le vittime la presenza di un secondo bambino[2] ed alcune discrepanze nei nominativi:
Conseguenze dell'incidenteLa ferrovia Torino-Genova era gestita dalla Società per le Strade Ferrate del Mediterraneo dal 1885; nel 1905 venne nazionalizzata e la gestione passò alle Ferrovie dello Stato. Il tratto dei Giovi venne elettrificato a corrente alternata trifase nel 1922 e convertito a corrente continua quarant'anni dopo, nel 1962. Nel periodo 1898-1899 ci furono altri tre incidenti simili causati dall'asfissia (a Campo Ligure, Novi Ligure e Campogalliano) che non provocarono vittime. La commissione d'inchiesta aperta in seguito a questi incidenti chiese che il carbone venisse acquistato in Inghilterra. L'onorevole Edilio Raggio si oppose, ma venne denunciato e fu perciò costretto a costruire un impianto di pulitura dei carboni nel 1902. L'azienda Carbonifera di Novi Ligure continuò comunque a vendere il carbone alle ferrovie, fino alla chiusura dell'azienda medesima nel 1934[2]. Galleria d'immagini
Note
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