Dichiarazione universale dei diritti umani, art. 1 Bolognese: Tótt i èser umàn i nâsen lébber e prezîṡ in dgnitè e dirétt. I an la raṡån e la cusiänza e i s an da cunpurtèr ón con cl èter cunpâgna di bón fradî.
Comacchiese: Tùt i stiàn i’nàs ləbar a cumpàign in tla dignità a dirət. I’gh’à la rasòn a'al giudesi a i’gh’à da cumpurtèrars l'un l'etar cuma di fradïe.
Ferrarese: Tuti j’èssar umanh i nass libar e cumpagn in dgnità e dirit. Lor i gh’ha scrimia e cussiença e i gh’ha da purtarass tra ad lor com di fradié.
Modenese: Tótt i cristiàn i nàsen lébber e cumpàgn in dignitê e dirétt. I én dutèdi ed ragiòun e d'cusèinsa e i gh'àn da cumpurtères l'un vérs cl'èter in cum s'i fóssen fradèl.
Mirandolese: Tut i èsar umaṅ i nàsan lìbar, cumpàgn in di dirìt e dégn a la stésa manéra. I gh'àṅ la raśòṅ e 'l giudìsi e i gh'aṅ da cumpurtàr-as da fradèi 'l un cun c'l àtar.
Reggiano: Tót al cheriatûri umâni e nâsen lébri e cumpâgn in dignitê e dirét. Chilòur j'în pruvésti ed cunisiòun e'd cunsînsia, e e gh'ân da cumpurtêres ciaschedóna vêrs cl'êtra cun ûn sentimèint ed fradlânsa.
Piacentino: Tütt i omm e ill donn i nassan libbar e cumpagn in dignitä e diritt. Tütt i g'hann la ragion e la cuscinsa e i g'hann da cumpurtäs vöin cun l'ätar cmé sa i fissan fradei.
Bobbiese: Tüt i òm i e don i nàsa lìbar e cõmpàgn in dignitè e dirìt. Tüt i gh'hàn ra raśòn e ra cuscénsa e i gh'hàn da cõmpurtès vün cón ètõr cmé s' i fìsa fradèi.
Oltrepadano: Tüt i om i nassän libär e istess int la dignità e int i dirit. A i hen dutaa dla ragió e dla cusiensä e i g'han d'agir vün vers l'altär cou spirit di fradé.
Tortonese: Tüt i om i nassän libär e istess int ra dignità e int i dirit. A i són dutaa dra ragióu e dra cusiensä e i g'han d'agir jön vers l'atär cou spirit di fradé.
Una koinè emiliana non esiste[9][10] in quanto nessun centro urbano regionale è stato riconosciuto come modello linguistico di prestigio[11]. Tuttavia studi più mirati, condotti dalla fine del Novecento, hanno individuato alcune koiné locali intorno a singole città, piccole aree o anche a livello provinciale[12][13]. È assente anche un’ortografia comune, pertanto i testi scritti, a stampa o on line, si servono di parecchi sistemi provinciali presentati da vocabolari o altre opere dei secoli XVIII e XIX; inoltre, molti amministratori di gruppi sui social network e di siti collaborativi concedono agli utenti la facoltà di scrivere a proprio piacimento[14].
Diffusione
I confini tra le varietà emiliane e le altre lingue gallo-italiche sono abbastanza labili per quanto riguarda la fonetica e il lessico. Il continuum dialettale emiliano, infatti, va oltre i confini amministrativi dell'Emilia-Romagna e contamina i dialetti delle regioni vicine, creando così zone di transizione all'interno delle quali le caratteristiche degli uni e degli altri finiscono per mescolarsi reciprocamente[15].
A sud l'emiliano scavalca gli Appennini, dove raggiunge la Lunigiana fino alla città di Carrara e alcuni comuni della montagna pistoiese e lucchese. Secondo alcuni studiosi pure il massese appartiene già ai dialetti di tipo emiliano, nonostante una sua forte toscanizzazione. I dialetti della provincia di Massa-Carrara, sebbene indubbiamente di tipo settentrionale, sono dialetti sui generis, essendovi al suo interno elementi emiliani, liguri e toscani, nonché propriamente apuani[senza fonte].
Situazione attuale
La lingua emiliana è classificata dall'UNESCO come in "serio pericolo di estinzione" (seriously endangered), con un numero di parlanti stimati attorno ai due milioni nel 2011[30][31]. La maggior parte della popolazione non sarebbe a oggi più capace di portare avanti una conversazione in lingua emiliana, essendo questa ormai impiegata in via esclusiva solo dal 6,5% del totale in contesti familiari, e da meno dell'1,1% con estranei[32].
Varietà dialettali
Motivazioni storiche e geografiche non hanno permesso la nascita di una koinè emiliana. Il territorio interessato dalle varietà emiliane è infatti privo di una vera unità linguistica basata sul modello di un centro dominante[11][13]. Essa non si riscontra neppure entro i confini dell'Emilia, dove l'asse della via Emilia non ha mai svolto il ruolo di collegamento culturale e politico. L'area si caratterizza dunque per una forte frammentazione lessicale che emerge persino a una suddivisione in due sezioni dialettali, occidentale e orientale, della superficie in oggetto. Causa di questo frazionamento dialettale sono lo storico policentrismo e i relativi particolarismi cittadini, che hanno dato vita alle conflittuali esperienze dei liberi comuni e delle signorie[33][34]. Infine, la ripartizione politico-amministrativa dell'area linguisticamente emiliana e di quella di transizione fra diversi stati preunitari, oltre ai passaggi di alcuni territori da un dominio all'altro, hanno creato ulteriori segmentazioni. Di conseguenza, tra i parlanti è storicamente assente la percezione di un'unità linguistica sulla quale fondare un'identità comune[35].
Il gruppo emiliano si suddivide in diversi sotto-dialetti, ognuno dei quali presenta diverse sfumature fonetiche e lessicali. I principali sono:
Carrarese e dialetto della Lunigiana, parlati a Carrara, nella regione storica della Lunigiana, in parte della provincia di Massa-Carrara e in buona parte della provincia della Spezia sia per la sua separazione antica, rispetto all'Etruria, essendo la zona, come pure l'Appennino emiliano, abitato da popolazioni liguri,sia per la conformazione geografica ed economica della regione che da sempre ha garantito rapporti e commistioni con genti di ceppo emiliano, con una certa chiusura assicurata dai bacini idrografici dei fiumiMagra e Vara. Da analisi del substrato, sembra che un tempo fino a Bonassola, in Liguria, e alla Versilia e Garfagnana, in Toscana, si parlassero dialetti di tipo lunigianesi. Con l'avanzata del genovese (nella provincia della Spezia) e del toscano (in Versilia e Garfagnana) i dialetti lunigianesi si sono ridotti alla provincia di Massa e aree limitrofe (Sarzana e Alta Garfagnana). I dialetti lunigianesi o apuani come dir si voglia, pur appartenendo indubbiamente al ramo dei dialetti galloitalici, sembra siano stati inclusi tra quelli emiliani più per esclusione, che per compartirne pienamente le caratteristiche, per non parlare della "calata" (accento) molto distante dall'emiliano, essendo comunque un poco più vicini all'emiliano che al ligure a base genovese, che tra le parlate gallo-italiche è quella che meno comparte con le altre.
Pavese e oltrepadano, citati anche unitamente come pavese-vogherese, raggruppano un insieme di varietà diffuse nella vasta Provincia di Pavia, che già Bernardino Biondelli aggregava al gruppo dialettale emiliano. Presentano vistose somiglianze fonetiche e morfologiche con il piacentino, sebbene siano sempre più forti le influenze esercitate dal dialetto milanese sul pavese.
Ferrarese, parlato principalmente nella provincia di Ferrara, nella Transpadana ferrarese in provincia di Rovigo e nella parte più orientale della provincia di Mantova nel comune di Sermide e Felonica, in una variante locale. Ha subito alcuni influssi linguistici dal Veneto. Comprende anche la varietà della zona di Comacchio, nettamente distinta dal ferrarese.
Mantovano e basso mantovano, parlati principalmente nella provincia di Mantova con forte influenza in alcune zone della bassa reggiana. Si tratta di un dialetto emiliano con qualche influsso lombardo. Il dialetto mantovano puro è parlato in tutta la provincia di Mantova tranne che nell'estremo nord, al confine con la provincia di Brescia. Il Biondelli li classifica mantovani come dialetti ferraresi occidentali.
Secondo alcuni studiosi[chi?], l'emiliano si divide sostanzialmente in cinque varianti[senza fonte]:
dialetti emiliani occidentali, che comprende il piacentino, il bobbiese, il parmigiano, l'oltrepadano e il casalasco-viadanese. Vi si accostano il pavese e l'oltrepadano per le somiglianze con il piacentino;
Secondo altri studiosi[36][37] per i dialetti emiliani, anziché una classificazione per province, conviene una divisione in tre linee parallele al fiume Po, alla via Emilia e agli Appennini: cosicché si ha un dialetto emiliano "valligiano", "mediano" e "montano". I dialetti appartenenti a tali fasce est-ovest hanno maggiori affinità rispetto alle suddivisioni provinciali nord-sud. In base a questa teoria, per esempio il dialetto mirandolese è più simile al ferrarese, piuttosto che con il modenese; il modenese centrale assomiglia più al reggiano centrale, rispetto al frignanese[38].
Peculiarità linguistiche
I dialetti del gruppo emiliano presentano tratti comuni alle altre parlate dell'area gallo-italica, tra i quali i più caratteristici sono:
la caduta delle vocali finali diverse da a, probabilmente attraverso una fase di transizione che prevedeva lo scevà canonico in posizione finale[39], e il conseguente allungamento fonetico della vocale precedente, che può diventare complessa: bolognese mèder (madre), dutåur (dottore), âlber (albero);
l'esistenza di un sistema di particelle proclitiche soggettive, o clitici soggetto, ad accompagnare il verbo, come nel piacentino lü al canta, lur i cantan (egli canta, essi cantano); modenese: me a sun andèe (sono andato);
il ricorso a forme pronominali atone a destra del verbo, secondo il fenomeno dell'inversione, per la formazione della forma interrogativa comune anche al francese: bolognese a sån (io sono) e såggna? (sono io?); piacentino a buùm (beviamo) e buùmia? (beviamo?); mirandolese at magn (mangi) e magn-at? (mangi?);
la presenza di vocali "pertubate" tipiche delle parlate della zona romanza occidentale. In carrarese e in emiliano occidentale ve ne sono quattro: ä [æ], ü [y], ö [ø], å [α] (in piacentino anche ë, vocale semimuta paragonabile alla cosiddetta "terza vocale piemontese" [ə]), in bolognese soltanto due (ä e å), in modenese una sola. Si confronti per esempio il piacentino lümäga con il bolognese lumèga;
la presenza di suoni nasali alveolari (trascritti in bolognese con il segno grafico ṅ o semplicemente con n se a fine parola) come nel bolognese galéṅna (gallina) e cuṡén (cugino), o nasali velari come nel mirandolese mujàm (mollica), bòn (buono) o finàl (finale);
la formazione del plurale tramite un'alternanza vocalica in alcune varietà: bolognese żnòc' (ginocchio) e żnûc' (ginocchia);
la presenza di gallicismi comuni anche al francese e allo spagnolo: piacentino me/mi sum (a) dré a parlä (sto parlando).
elisione delle vocali atone interne a sillabe finali in corrispondenza di parole inizianti per vocale: mirandoleseI vènan da cla banda chè (vengono da questa parte) → I vèn'n a cà (vengono a casa); A gh'ò sédas pui (ho sedici polli) → A gh'ò séd'ś an (ho sedici anni) ma → A gh'ò daśdòt an (ho diciott'anni).
Più forte rispetto alle altre lingue gallo-italiche è:
l'indebolimento delle sillabe atone, che spesso tendono a un grado di apofonia di tipo zero, seppur con nette variazioni da un dialetto all'altro: bolognese ṡbdèl (ospedale), bdòc' (pidocchio), e dscårrer (discorrere, usato nell'accezione di parlare), al contrario del piacentino uspedäl, piöcc' e discurr.
ë(assente a Piacenza e Fiorenzuola d'Arda, dove è evoluto in [o])
[ɐ] - vocale centrale quasi aperta
e
a
ä
ä
ä
[ɐ] - a fine parola
a
a
[ɛ] - e aperta breve
[e] - non accentata
e
e
e
ẹ
e
[e] - e chiusa breve
é
è
è
è
è
[ɔ] - o aperta breve
ò
ò
ò
ò
[œ] - e aperta arrotondata
[o] - o non accentata
o
o
o
ọ
o
[o] - o chiusa breve
ó
ó
ó
ö, ë(solo a Piacenza e Fiorenzuola d'Arda dove [o] ha sostituito [ø] e [ə])
ó
[ø] - e chiusa arrotondata
ö(assente a Piacenza e Fiorenzuola d'Arda, evoluta in [o])
ö
ö
ö
ö
ö
[i] - i non accentata
i
i
i
i
i
[i] - i breve
í
ì
i
[u] - u non accentata
u
u
u
u
u
[u] - u breve
ú
ù
u
[y] - i arrotondata
ü
ü
ü
ü
ü
ü
[a:] - a lunga
â
â
à
àa
a
à
[ɛ:] - e aperta lunga
è
ê
è
e, è
[e:] - e chiusa lunga
ê
ē
ê
e, é
[ɔ:] - o aperta lunga
ò
ô
ò
o, ò
[o:] - o chiusa lunga
ô
ō
ô
o
[eə] - e chiusa centralizzata
ē(presente solo in montagna)
[oə] - o chiusa centralizzata
ō(presente solo in montagna)
[i:] - i lunga
î
î
ìi
i
î
[u:] - u lunga
û
û
ùu
u
Fonema
Bolognese
Reggiano
Modenese
Mirandolese
Piacentino
Ferrarese
Bobbiese
Oltrepadano
Tortonese
Vogherese
Mantovano
Lunigiano
[s] - s sorda
s
s
s
s
s
s
[z] - s sonora
ṡ
ṣ
ṣ
ṣ
ś
ś
[θ] - s dentale sorda
z
th
[ð] - s dentale sonora
ż
[sː] - s lunga
ss
'ss
[ʎ] - palatale laterale
gli / jj
gli
gli
ł
[ɲ] - palatale nasale
gn
ñ
[stʃ] - dittongo [s] e [tʃ]
s-c
s'c
s'c
s'c
[gl] - dittongo [g] e [l]
g-l
[bv] - dittongo [b] e [v]
ṿ
[tʃ] - c palatale
c'
ć
cc'
ć
[dʒ] - g palatale
g'
ǵ
ǵ
[ŋ] - n davanti a [g]
ṅ(n)
ṅ
ŋ
[k] a fine di parola
c
ch
c
[g] a fine di parola
g
gh
g
[tʃ] a fine di parola
c'
c'
(c)c'
ć
[dʒ] a fine di parola
g'
g'
(g)g'
ǵ
[j] - i consonante
j
j
j
i
j
[w] - u consonante
u
u
u
Esempi
Italiano
Il corvo aveva rubato da una finestra un pezzo di formaggio; appollaiato sulla cima di un albero, era pronto a mangiarselo, quando la volpe lo vide; era davvero affamata. (Fedro)
Bolognese
Al côruv l avêva rubè da una fnèstra un pzulén ed furmâi; apugè in vatta a un âlber, l êra drî par magnèrel, quand la våulp al le vésst; l avêva pròpri una gran ṡghéssa.
Centese
Al côrv l avîva rubè un pcŏn d furmâi da na fnèstra; pugè in vĕtta a 'n âlbar, l îra prónti par magnèrel, quand la vŏulp al la vdé; l'avîva na fâta sghéssa.
'Na curnàcia l'éva rubà 'n pzulìn 'd furmàj d'in vét'a 'na fnèstra; pugiàda ssóra 'n'àlbar, l'éra lì lì par tacàr a magnàrssal, quant la vólp la l'à vista; la gh'éva 'na sghìssa! ('na fàm da òrb!)
Persicetano (variante del dialetto bolognese rustico occidentale parlato nel territorio di San Giovanni in Persiceto)
Al côruv l avîva rubè da una fnèstra un pzuléin ed furmâi; pugè in vatta a un âlbar, l îra drî par magnêral, quând la vòulp a li vdé; l'avîva pròpi una gran sghéssa.
Argentano
Al còrv l'avéva ciavè da 'na fnèstra un còn ad furmài; pugè in vèta a 'n èrbul, l'ira dria magnèral, quènd la volp al la véd; l'ira purasè afamèda.
Ferrarese
Al còrav l'eva rubà da na fnèstra uń còn ad furmaj; pugià sóra n'àrbur, l'era pront par magnàrsal, quànd la vòlp al l'ha vist; la l'gh'eva paréća fam.
Comacchiese
Al corv l'aive rubà da 'na fnastra un toch at furmaj; apugià at sauvra un erbal, l'ira praunt a magnersel, quend la vaulp lal vidàst, l'ira afamà da bòn.
Mantovano
La curnàcia l'eva rubà da 'na fnèstra 'n tòch ad formàj; pustà insìma a 'na pianta, l'éra prunt par magnàrsal, quand la vulp la l'à vist; la gh'eva propria fàm.
Guastallese e zone limitrofe (nord della provincia di Reggio E. al confine con il Mantovano)
Al curnàc l'ava ciavà da 'na fnèstra un tòch ad furmài; pustà insìma a 'n arbul (a 'na pianta), l'éra prunt par magnàral, quand la vulp a 'l a vist, la gh'ava dimondi fam (propria fam).
Casalasco e Viadanese (zone al confine tra Cremonese, Mantovano e Parmigiano)
Al curnàc l'áva rubá da 'na fnëstra ‘n tòch ad furmàj; pugiá in sìma a ‘na piánta, l'éra bèla lé prùnt par mangiál, quánt la (v)ulp al la vët; la gh'áva pròpia fàm.
Parmigiano
Al cornaciò l'äva robè da 'na fnéstra un tòch äd formàj; pozè insimma a 'na pianta, l'éra lì lì par magnärsol/magnärsel, quand la volpa l'al vèdda; la gh'äva fama dabón.
(Valtaro / Valceno) El crôvu l'ava rôoba da na fenèstra 'n toccu de furmaju; l'era a pulà insümma a na pianta e l'era a dré a manjalu quande na vurpe u l'ha vüstu; a g'ava famme daboun.
Piacentino
Al cròv l'äva rubä da 'na finestra (anche: fnestra) un toch ad furmäi; pugiä insima (anche: insüma) a una pianta (anche: un ärbul), l'era lé (anche: lì) par mangiäl, quand la vulp al l'ha vist; la gh'äva dabon fam a bota (anche: a bota fam).
Bobbiese
U cróv l'èva rôbè da ona fnèstra on tòch ad furmài; pugiè en sìma a ona piànta, l'éra prònt par mangièsõl, quànd ra vùlp a l'ha vìst; a gh'èva propi ona fàm da lù.
Pavese
Al crov l'aviva rubà da una finestra un toch ad furmàg'; pugià in s'la sima d'un'àlbra (d'una pianta) l'era lì par mangiàsal, quand la vulp al l'hà vist; la gh'aviva propi fàm (la gh'aviva dabón fàm).
Reggiano
Al crōv l'îva rubée da 'na fnèstra un pcòun ed furmâj; pularê in sém'a un êlber, l'éra lé lé per magnêrel, quànd la vòulpa al vèd; la gh'îva prôpria fàm.
Modenese
Na curnàçia négra l'ìva purtèe via da óna fnèstra un pcòun ed furmàj; pugèda inséma a óna piànta, l'éra pròunta per magnèrsel, quànd la vólpa la-l'ha vésta; la gh'ìva 'na fàm òrba.
Carpigiano
Al corev l'iva ciavè da 'na fnèstra un p'caun 'd furmai; pugè insìma a n'élber l'éra prount per magnèrel quand 'na volpa l'al véd; la gh'iva dimòndi fam.
Finalese e zone limitrofe (al confine tra Modena e Ferrara)
Al còrav l'iva rubà da na fnestra un pcon ad furmaj; pugià in vetta a n'albar, l'era pront a magnarsal, quand la volp all'ha vist; la gh'iva propria fàm.
Bondenese (variante del ferrarese)
La curnacia l'eva rubá da na fnestra un pcòn ad furmai, pugiada ad sora a n'arbul l'era pronta par magnarsal quand la volp la l'ha vista, la gh'eva dimondi fam.
Mirandolese
La curnàccia à l'iva rubâ da na fnèstra un pcón ad furmài; pugiâ inzimma a 'n àrbul, 'l'éra prónt a magnàr-s-al, quànd la vólpa à l'à vdûda; la gh'iva pròppria fam.
Villafranca in Lunigiana (Massa - Carrara)
Al crou i'eu rubà da 'na fnèstra 'n toc ad formadj; arpiatà an zima a 'na pianta, i'er lì pr mandjarsal, quand 'na gorpa la l'ha vist; la gheu propri fama (la gheu fama dabón).
Tortonese
Ar cròv l'aviva rubà da 'na fnèstra un tòc ad furmagg; pugiá in s'ra sima d'una pianta, l'era li per mangiàl, quand la vulp u' l'ha vist; la gh'aviva propi fam.
L'emiliano si deve ritenere una lingua regionale o minoritaria ai sensi della Carta europea per le lingue regionali o minoritarie che all'Art. 1 afferma che per "lingue regionali o minoritarie si intendono le lingue [...] che non sono dialetti della lingua ufficiale dello stato". La Carta europea per le lingue regionali o minoritarie, approvata il 25 giugno 1992 ed entrata in vigore il 1º marzo 1998, è stata firmata dall'Italia il 27 giugno 2000 ma non è ancora ratificata[43]. Lo Stato italiano dunque non riconosce i locutori dell'emiliano come minoranza linguistica.
La regione Emilia-Romagna predispose una legge per la "Tutela e Valorizzazione dei dialetti dell'Emilia-Romagna", la "Legge Regionale 7 novembre 1994, n. 45"[44] che però fu abrogata nel dicembre del 2013[45]. A luglio del 2014 il consiglio regionale ha votato all'unanimità una nuova legge per la conservazione e la trasmissione del patrimonio dialettale[46].
Al di fuori dell'Emilia-Romagna, invece, le varietà considerate tradizionalmente emiliane dalla glottologia non sono riconosciute come tali e vengono annoverate tra quelle lombarde o piemontesi nel quadro della legge della Regione Lombardia per le politiche culturali[47] e di quella della Regione Piemonte per la valorizzazione e tutela degli idiomi parlati nel proprio territorio di competenza[48].
Note
^Così come da norme fissate nell'Ortografia piacentina unificata in: Prontuario ortografico piacentino, Luigi Paraboschi, Andrea Bergonzi, Ed. Banca di Piacenza, Piacenza, 2016
^(CA) Santi Arbós, Llengua? Dialecte? Internet!!!, su yumpu.com, Universitat de Lleida, Departament de Filologia Catalana i Comunicació. URL consultato l'8 dicembre 2020.
^A. A. Sobrero, A. Miglietta, Introduzione alla linguistica italiana, Editori Laterza, Roma-Bari, 2006
^C. Grassi, A. A. Sobreto, T. Telmon, Introduzione alla dialettologia italiana, Editori Laterza, Roma-Bari, 2003
^ab Giovan Battista Pellegrini, Tra italiano regionale e coinè dialettale, in AAVV, L'italiano regionale. Atti del XVIII Congresso Internazionale di Studi, Padova-Vicenza, 14-16 settembre 1984, a cura di Michele A. Cortellazzo, Alberto M. Mioni, collana Pubblicazioni della Società di Linguistica Italiana, Roma, Bulzoni, 1990, pp. 16-17. URL consultato il 29 maggio 2024.
^Fabio Foresti, Aree linguistiche. Emilia e Romagna in Holtus, Metzeltin e Schmitt, 1998, pag 569-93
^ab Gianna Marcato, Vitalità e varietà dei dialetti, su Treccani.it, Istituto dell’Enciclopedia Italiana. URL consultato il 10 agosto 2024.
«Conseguenza di fattori storici e socioeconomici è la presenza di un policentrismo, per cui non si è avuta la formazione di una koinè dialettale su scala regionale. Piuttosto, come osserva Foresti, sul finire degli anni Ottanta, vi sarebbero elementi per supporre la formazione di koinè a livello provinciale, nonché «la compresenza nella regione di più norme dialettali (anche all’interno di una medesima provincia) sorrette da processi di adeguamento e standardizzazione micro-territoriali» (in Lexikon der Romanistischen Linguistik, 1988, p. 571).»
^ Emanuele Miola, Dalla parola alla scrittura: il caso di emiliano, veneto e siciliano, in AAVV, La scrittura all'ombra della parola, a cura di Luciano Romito, Mauela Frontera, Milano, Officinaventuno, 2017, p. 61.
^Devoto Giacomo, Giacomelli Gabriella, I dialetti delle regioni d'Italia,Sansoni Università, Firenze, 1972, pag. 54
^Loporcaro Michele, Profilo linguistico dei dialetti italiani, Editori Laterza, Bari, 2009, pag. 97, cfr Salvioni C., Dell'antico dialetto pavese. Bollettino della Società Pavese di Storia Patria
^Minoranze linguistiche e storiche, su regione.piemonte.it, Regione Piemonte. URL consultato il 27 aprile 2018 (archiviato dall'url originale il 27 aprile 2018).
Bibliografia
Pietro Mainoldi, Manuale dell'odierno dialetto bolognese, Suoni e segni, Grammatica - Vocabolario, Bologna, Società tipografica Mareggiani 1950 (Rist. anast.: Sala Bolognese, A. Forni 2000)
Fabio Foresti, Bibliografia dialettale dell'Emilia-Romagna e della Repubblica di San Marino (BDER), Bologna, IBACN Emilia-Romagna / Compositori 1997
E. F. Tuttle, Nasalization in Northern Italy: Syllabic Constraints and Strength Scales as Developmental Parameters, Rivista di Linguistica, III: 23-92 (1991)
Luigi Lepri e Daniele Vitali, Dizionario Bolognese-Italiano Italiano-Bolognese, ed. Pendragon 2007
Giorgio Rinaldi, Leggere e scrivere in dialetto modenese, ed. Il Fiorino, 2017
Eugenio Magri, Maria Luisa Vianelli, Roberta Calzolari, Vocabolario etimologico e comparato dei dialetti dell'Emilia-Romagna, Nicola Calabria Editore, Patti (ME), 2009