Questa voce raccoglie le informazioni riguardanti la Juventus Football Club nelle competizioni ufficiali della stagione 1949-1950.
Stagione
«La prima Juve che ho in mente è quella che raccolse il testimone dal Grande Torino [...] Era soprattutto una Juventus spettacolare e dalle devastanti potenzialità offensive. John Hansen, uno dei più grandi colpitori di testa di ogni tempo, era un attaccante nato, goleador dalle terrificanti medie realizzative e anche il primo Boniperti col gol ci andava a nozze. Muccinelli pendolava sulla destra, ricamando cross al bacio, mentre Praest era un tipico attaccante esterno, dal dribbling irresistibile e dal sinistro bruciante. Quella squadra vinse lo scudetto del Cinquanta segnando cento gol in trentotto partite [...]. Calcio d'altri tempi, certamente, ma anche calcio sopraffino, con quei due danesi che univano il nerbo atletico alla grande padronanza dei fondamentali tecnici e con Martino, purtroppo presto vinto dalla nostalgia, in grado di deliziare con numeri da funambolo. Il ricordo, si sa, ingigantisce i contorni, ma ancor oggi quella Juve mi appare una squadra di marziani.»
All'indomani della tragedia di Superga, Gianni Agnelli, dal 1947 presidente bianconero, promise «sulle ceneri del Grande Torino che la città avrebbe avuto presto un nuovo squadrone». Dopo una ristrutturazione societaria attraverso cui la Juventus divenne un'azienda indipendente con capitale privato a responsabilità limitata, con la famiglia Agnelli quale azionista di maggioranza,[4] sul versante sportivo, per riportare sopra le maglie bianconere uno scudetto che mancava ormai da un quindicennio, l'Avvocato chiese lumi all'amico Stanley Rous, dirigente della Football Association, il quale gli consigliò come manager coach il trentottenne Jesse Carver.[5] L'inglese, anche grazie alle innovazioni tattiche che importò dal football d'oltremanica — oltre a nuovi metodi d'allenamento,[6] sarà soprattutto il primo ad applicare nel calcio italiano la marcatura a zona,[7] rifuggendo dalle teorie che all'epoca andavano per la maggiore tra i colleghi della penisola[6] —, riuscì a far rendere al meglio una Juventus che, in questa stagione, venne profondamente ridisegnata.[8]
Fatta salva la conferma dell'efficace tandem offensivo composto da Boniperti, ormai sempre meno «centravanti puro» e sempre più «attaccante di movimento»,[8] e dal danese Hansen «fortissimo di testa e con un sinistro prepotente»,[6] la squadra si rinnovò sul mercato con il ritorno in pianta stabile del valido portiere Viola, reduce da un triennio di prestiti, cui seguirono gli acquisti del terzino Bertuccelli, del mediano Piccinini, «finto centravanti» a sostegno in realtà del reparto arretrato, dell'estroso interno argentino Martino,[8] «luminoso nella genialità dell'impostazione come nella capacità di realizzazione»,[6] e dello scandinavo Præst capace di giostrare sia da centravanti sia da ala; questi andarono a inserirsi in un'intelaiatura che già vedeva lo stopper Parola, l'interdittore Mari, l'esterno Manente e la guizzante ala Muccinelli.[8]
Il gioco a zona voluto da Carver diede presto vita a un collettivo dal calcio spettacolare, dalla retroguardia non ermetica ma all'inverso dal prolifico attacco, a segno «in tutti i modi e praticamente con tutti gli uomini in organico, portiere escluso»[6] — saranno ben 100 i gol bianconeri a fine stagione[8] —, grazie all'idea del tecnico di sparigliare il campo con due diverse direttrici offensive: la prima, più ragionata, giocata sulla profondità data dall'asse Martino-Boniperti, con l'oriundo a suggerire e l'italiano a concludere a rete, mentre la seconda basata su più semplici lanci lunghi, per gli affondi di Praest o i fraseggi tra l'assist man Muccinelli e il finalizzatore Hansen.[5] Per supportare la mole di gioco espressa dal quintetto d'attacco, la retroguardia vide spesso il quasi trentenne Parola, ormai sempre meno scattante, sopperire a tale pecca arretrando il proprio raggio d'azione per lasciare all'accorrente Mari la marcatura del centravanti avversario, e con la coppia Martino-Muccinelli a scalare di conseguenza in ruoli di copertura;[5] un escamotage tattico che, di fatto, trasformò l'uomo della rovesciata in uno dei primi esempi di libero nella storia del calcio.[8]
Con gli equilibri del campionato drasticamente rivoluzionati dalla scomparsa dei granata dominatori del precedente lustro, la Juventus si ritrovò a battagliare per il tricolore con uno dei Milan più quotati della storia, quello del Gre-No-Li «al massimo splendore». In testa alla classifica per l'intera stagione, la formazione piemontese fece suo abbastanza facilmente il simbolico titolo di campione d'inverno con tre turni di anticipo,[8] il 26 dicembre 1949 — a corollario di una striscia iniziale di 17 risultati utili, un record societario che sarà superato solo sessantadue anni dopo[9] —, battendo a domicilio il Bologna[10] e lasciando gli inseguitori rossoneri distanti sei lunghezze.[11]
Tuttavia la squadra bianconera incappò in un periodo di appannamento al giro di boa del torneo, segnato dalle sconfitte casalinghe di gennaio contro Lucchese e Lazio.[11] In questo frangente la dirigenza ritenne di concedere alla rosa una breve vacanza «rigeneratrice» sulla riviera ligure; tuttavia tale decisione, nell'imminenza dello scontro diretto con i rivali rossoneri, ebbe l'esito contrario sfociando nella pesante sconfitta interna per 1-7 del 5 febbraio 1950[8] — tuttora il peggiore rovescio casalingo subito dai bianconeri a opera dei meneghini, peraltro nel primo incontro calcistico a essere trasmesso nel Paese dall'ancora sperimentale televisione italiana[12] — che riportò gli uomini di Lajos Czeizler a un solo punto dall'undici di Carver.[13] Ciò nonostante i torinesi seppero riprendersi, piazzando da qui l'allungo decisivo verso un titolo matematicamente conquistato il 14 maggio, con due giornate di anticipo, grazie al 3-2 del Comunale al Bologna.[14]
Fu l'ottavo scudetto della sua storia per una camaleontica squadra bianconera, dapprima «rullo compressore» in avvio, poi «rocciosa» nel periodo più delicato dell'annata, e infine nuovamente «agile ed energica» nello sprint conclusivo grazie ai frutti del grande lavoro atletico voluto dal suo allenatore:[5] come riassunse a posteriori Boniperti, «forse la Juventus più forte che abbia a ricordare».[6]
^Iscritta con codice 214687, cfr. Movimento anagrafico – Iscrizioni dal 1º al 31 agosto 1949, in Cronache economiche, n. 63, Camera di Commercio, Industria e Agricoltura di Torino, 5 agosto 1949, p. 5.
Fabrizio Melegari (a cura di), Almanacco illustrato del calcio - La storia 1898-2004, Modena, Panini, 2004.
Fabrizio Melegari e Luigi La Rocca (a cura di), Storia del campionato italiano dal 1947-48 al 1949-50, in Calciatori 1964-65, Modena, Panini, edizione speciale per La Gazzetta dello Sport, 2005.