Sulla collina ove si trovano i resti del cosiddetto castello di Re Arduino, dopo una piccola frana, venne alla luce una "lente" di suolo antico, molto visibile nella sezione dello smottamento per la colorazione scura in contrasto con il tessuto chiaro del terreno. La lente conteneva frammenti ceramici con incisioni "a filo spinato", a stecca, a striature verticali, ad impressioni trascinate (stab and drag), parti taglienti e talloni di asce in pietra verde, una punta in selce rossa. Il ritrovamento più interessante fu una statuetta in argilla raffigurante una figura femminile, ricollegabile al culto delle dee madri, Cibele, Candia o Chêndia in dialetto lomellino, Magna Mater per i romani, diffuso in tutta Europa (ad esempio alle Arene Candide ed a Rivoli Veronese), di probabile ascendenza danubiana e quindi di origine "orientale". La costruzione del castello medioevale ha ridotto l'ampiezza del paleosuolo neolitico, sia con i muri perimetrali che con lo sconvolgimento apportato all'interno da successivi abbassamenti del suolo.
Durante la seconda guerra mondiale, nel periodo dell'occupazione tedesca e della Repubblica Sociale Italiana, nella frazione di Pranzalito la famiglia contadina dei Sapino nascose nella propria casa e protesse dalla deportazione due coppie di ebrei torinesi, i Foa e i Montel, fino alla Liberazione. Per questo impegno di solidarietà, il 22 febbraio 1989, l'Istituto Yad Vashem di Gerusalemme ha conferito a Giuseppe Sapino l'alta onorificenza dei giusti tra le nazioni.[4]